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Giovanni Verga

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Giovanni Verga è riconosciuto come il più grande dei nostri scrittori veristi; certo sarebbe potuto diventare un qualsiasi mediocre scrittore del gruppo lombardo se solo non avesse avuto alle spalle e nella sua fantasia, un mondo completamente anomalo rispetto a quello borghese, ad un certo punto Verga interviene quasi con prepotenza rivendicare la legittimità della propria presenza artistica e morale: quello della realtà popolare siciliana che aveva continuato a fermentare accanto alle sue esperienze di giovane scrittore alla ricerca della propria strada. Già con l'opera intitolata "Nedda" del 1874, che parla di una giovane ragazza povera ed orfana, Verga dà una prima ed incerta testimonianza di questo ritorno alle origini. Il tema delle condizioni meridionale si trova anche nella sua importante opera "I malavoglia. E' presente in questo romanzo una prefazione dell'autore nella quale viene esposto il fine ultimo dell'opera e viene presentato il ciclo, mai ultimato, dei "Vinti". Questa prefazione venne considerata dai veristi il loro "manifesto programmatico". Verga in questa introduzione, illustra non solo il contenuto del proprio romanzo ma traccia le linee di una nuova metodologia. Verga dice "Questo lavoro è lo studio sincero e spassionato" con questo spassionato, intende dire proprio privo di passioni, cioè di coinvolgimento emotivo da parte dell'autore, dopo tanto soggettivismo romantico, l'ideale di metodo impersonale e oggettivo s'impone come bisogno nella letteratura. La prefazione introduce inoltre tutto il ciclo dei vinti, cinque romanzi concepiti per rappresentare quello che Verga dice "il cammino fatale, incessante, spesso faticoso e febbrile che segue l'umanità per raggiungere la conquista del progresso", "il lavorio universale" nel quale tutti gli essere sono coinvolti per necessità per la conquista del "benessere materiale". Questo cammino è paragonato alla "fiumana" che travolge i più deboli, i cosiddetti <<vinti>>, ma che non risparmia però neppure i vincitori i quali saranno a loro volta sconfitti. Questo cammino fatale per la conquista del progresso, grandioso nel suo risultato ma tragico nel suo meccanico procedere, è reso da un osservatore che non ha il diritto di giudicarlo e che per un istante si allontana dal campo di lotta, la studia senza passione e la descrive nettamente. Questa chiusura è come un'indicazione per il lettore dell'epoca che nel romanzo verista, si trova a confrontarsi per la prima volta con un mondo violento primitivo e sconosciuto.



I malavoglia, il cui primo titolo era Padron'Ntoni, rappresenta il primo stadio della lotta, quello più elementare, connesso ai bisogni materiali, racconta di una famiglia di pescatori di Aci Trezza, la quale ha il desiderio di mutare la propria condizione. Il romanzo è di grande valenza sperimentale, troviamo novità e grandiosità a livello narrativo e linguistico. Tra i caratteri più significatici troviamo l'adozione di una pluralità di punti di vista e di registri stilistici, la coralità identificata da una voce dura che ascolta e da un registra che narra, e poi troviamo la teatralità, la tecnica della regressione, ossia secondo Verga l'autore non deve ire nell'opera, così il lettore non è condizionato dal pensiero dello scrittore perché questo si limita a raccontare i fatti, in questo modo lo scrittore se, l'opera sembra che si sia cerata da sola, corrisponde talmente tanto alla realtà e i personaggi sono così spontanei che il lettore mentre legge non si sentirà più lettore bensì si sentirà parte integrante della storia. Quando Verga deve commentare un fatto ,o commenta usando espressioni del luogo, e soprattutto ragionando come i personaggi del romanzo, cioè in modo primitivo, questo perché lui ha una visione pessimistica della vita, ha questa visone dei poveri, ecco perché Verga scrive in un linguaggio spoglio, con un accento dialettico. Queste caratteristiche le ritroviamo nei "Malavoglia" ma anche all'inizio di Rosso Malpelo, che è la prima novella verista pubblicata da Verga:"Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo" questa affermazione non è certamente tipica della borghesia, è anzi un linguaggio semplice ed elementare. La tematica della vita siciliana è questo modo di scrivere di cui Verga diventa padrone lo si ritrova nella raccolta di novelle intitolata "Vita dei campi" che descrivono con stile asciutto e colorito, la vita rude della gente di Sicilia. Tra queste novelle ritroviamo "La lupa, Fantasticheria, Rosso Malpelo". La questione meridionale che si sviluppa in Verga è una sua intensa ed amara riflessione sulle condizioni di vita del Mezzogiorno. L'influenza del positivismo agì su Verga aiutandolo a chiarire la sua visione del mondo e suggerendogli di scrivere analizzando questi aspetti della società. L'analisi verghiana su questo mondo sfiduciato va oltre il tentativo positivistico di documentare l'esistenza di una società naturale, e non crede in un miglioramento. Anche perché la spinta verso il progresso porta l'individuo a sopraffare sull'altro. Con questo pensiero Verga conferma la sfiducia leopardiana nelle magnifiche sorti e progressive dell'umanità, e annulla la fede del Manzoni che credeva in un riscatto per la sorte degli umili. Verga e la sua visione pessimistica del mondo arrivano a farlo pensare che non esiste un momento in cui avvenga un riscatto sociale. Il contesto letterario in cui si trova a scrivere verga è quello del verismo italiano, che si identifica con il naturalismo francese. Questo naturalismo è influenzato dalla filosofia del positivismo. Il maggior rappresentante è Emile Zola, mentre il maggior rappresentante del verismo è Giovanni Verga. Il naturalismo fonda la letteratura sopra uno studio classificatore come avveniva nello studio dei fenomeni naturali. Il verismo condivideva del naturalismo l'adesione al canone dell'impersonalità e l'interesse per le realtà sociale più drammatiche, ma nel verismo ritroviamo inoltre un atteggiamento di sfiducia nei confronti del progresso umano, e un carattere fortemente regionalista e una maggiore attenzione per il mondo rurale. Alcuni testi che testimoniano e riprendono questi elementi veristi e che si accomunano con romanzi e novelle verghiate sono "il brigantaggio e questione meridionale" che si trova nelle <<Lettere meridionali>> di Pasquale Villari, il tema trattato è la riflessione sulla situazione italiana, il bilancio dopo il Risorgimento. Più con precisione viene analizzata la situazione meridionale e si sofferma sul fenomeno del brigantaggio molto comune in quel periodo. I governanti ritenevano che una forte repressione potesse eliminare questo fenomeno, e villari evidenzia il rapporto che si instaura tra questo fenomeno e la struttura sociale del meridione che non accenna a svilupparsi. Mentre nei testi "I carusi", "La roba" e "I galantuomini" viene comunemente riportato l'ampio studio che gli autori Fianchetti e Sonnino fecero sulle condizioni economiche della Sicilia, i rapporti tra le classi.




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