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I LI NN CRESCONO PIU' di Paolo Crepet
BIOGRAFIA AUTORE:
Paolo Crepet è
nato a Torino nel 1951. Psichiatra e sociologo, insegna Culture e linguaggi
giovanili presso il corso di laurea in Scienze della Comunicazione
dell'Università di Siena. Collabora con «Specchio» de "La Stampa" e "
Anna".
Per Feltrinelli ha pubblicato Le dimensioni del vuoto. I giovani e il suicidio
(1993), Cuori violenti. Viaggio nella criminalità giovanile (1995),
Solitudini. Memorie d'assenza (1997), e, con G. de Cataldo, I giorni dell'ira.
Storie di matricidi (1998). Con Einaudi, la raccolta di racconti Naufragi.
Storie di confine (1999, 2002), Non siamo capaci di ascoltarli. Riflessioni
sull'infanzia e sull'adolescenza (2001), La ragione dei sentimenti (2002 e
2004), Voi, noi (2003) e Dannati e leggeri (2004). Crepet ha inoltre scritto
per Einaudi l'introduzione a Nemico di classe di Nigel Williams (2000), a Io,
Pierre Rivière, avendo sgozzato mia madre, mia sorella e mio fratello
(2000) e a I ragazzi della via Pál (2003).
TRAMA ROMANZO:
Quattro anni dopo Non siamo capaci di ascoltarli, Paolo Crepet racconta una nuova forma di malessere contemporaneo, insidiosa quanto più invisibile. Un manuale di autodifesa dal senso di impotenza che trasforma le famiglie in microcosmi di infelicità e silenzio. Un libro che apre uno spiraglio di speranza nel cuore dell'istituzione più importante. Mai come oggi una generazione di giovani aveva vissuto altrettanto benessere e disarmante vulnerabilità. Ragazze e ragazzi cresciuti senza conoscere il senso della frustrazione e del dolore, che tentano di sopravvivere aggrappati a un presente imbalsamato di privilegi, terrorizzati da un futuro insicuro. Giovani che rischiano di invecchiare senza maturare. Identità fragili cresciute in famiglie fragili. Genitori eternamente indecisi tra il ruolo di amici o complici, fra severità e buonismo, controllo e fiducia. Mai come oggi le giovani generazioni devono fare i conti col declino di due mondi: la scuola, alla ricerca di una identità, e il lavoro, capace solo di sfruttare la loro precarietà.
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