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'I limoni', umile pianta, diventano simbolo della poetica di Montale che canta povere e semplici cose e tende a instaurare un rapporto diretto con gli oggetti e le piante.
L'apertura della poesia ha un tono polemico: Montale rifiuta i 'poeti laureati' che hanno falsato la realtà rappresentandola con uno stile aulico, per avere onori e gloria.
Egli ama il linguaggio comune, familiare, per descrivere il paesaggio aspro e brullo della sua Liguria, ama le stradette che conducono ai fossati, le 'pozzanghere mezzo seccate', dove i ragazzi ' agguantano qualche sparuta anguilla' e le viuzze che portano agli orti ravvivati dal giallo dei limoni dove hanno tregua il conflitto di sentimenti e delle sofferenze distratte dal loro profumo.
In questi attimi di silenzio in cui la realtà sembra abbandonarsi egli vorrebbe penetrare nel mistero della natura e scoprire i suoi segreti ' uno sbaglio di natura/il punto morto del mondo/ il filo che non tiene / il filo da disbrogliare', cioè le cause e gli effetti, il mistero che ci avvolge, una favilla del divino, del nostro destino.
Ma l'illusione di capire l'ultimo segreto delle cose svanisce, il tempo scorre e le stagioni variano, ed ecco la delusione: la realtà delle città rumorose, le viuzze strette dove l'azzurro del cielo appare a piccoli squarci, la pioggia, l'inverno freddo e noioso che riempie l'animo di tristezza.
Quando però da un portone semiaperto appare nel cortile il giallo vivido dei limoni, si accende una luce che dissolve il gelo del cuore ed evoca un piacevole insieme di profumi, suoni, e colori familiari e festosi che per un istante riconciliano con la vita.
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