I rapporti tra chiesa e stato
La Chiesa
cattolica era uscita dalla crisi teologica e organizzativa di giansenismo,
giurisdizionalismo e illuminismo del sec. XVIII e da quelle della Rivoluzione
francese e dalle secolarizzazioni, prima napoleoniche e poi liberali, del sec.
XIX, con un sostanziale rafforzamento delle sue strutture gerarchiche, via via
più strettamente collegate con Roma ("ultramontanismo", specie in
Francia e in Germania, Concilio Vaticano I e dichiarazione
dell'infallibilità papale, 1870); più vivace era anche la sua
presenza nella società travagliata da problemi sempre nuovi: al distacco
crescente di masse di fedeli rimediava l'intensificato fervore e impegno
d'azione dei gruppi, particolarmente di laici, rimasti fedeli. Organizzati in
nuove maniere, essi hanno inserito la loro azione
nelle realtà dei popoli di colore che aspirano all'indipendenza
dall'europeismo non solo in politica, ma anche nell'economia e nella cultura,
con un'efficiente organizzazione anche internazionale ("apostolato mondiale dei
laici"), e con posti di comando nelle nuove organizzazioni internazionali
(U.N.E.S.C.O., F.A.O. e simili). La Chiesa cattolica conserva pertanto la sua
struttura, basata sull'episcopato gerarchico, il suo
sistema di leggi ("diritto canonico"), le sue peculiari dottrine inquadrate in
un sistema teologico, in cui trovano collocazione organica motivi e dogmi
fondamentali del
cristianesimo. Codesta teologia cattolica in varia e permanente polemica con le
correnti del pensiero contemporaneo, in particolare con le posizioni più
radicali della teologia critica, mantiene la sua relativa fiducia nelle forze
dell'uomo, pur proclamando necessaria alla salvezza la grazia; di conseguenza
riconosce un valore positivo all'uomo, capace di decidere del suo destino
etico-religioso; e questo contro il pessimismo dell'ultimo Agostino e poi di
Lutero e contro il predestinazionismo di Calvino; essa è disposta a
valorizzare le creazioni umane, la cultura, l'arte, la scienza, la tecnica,
l'organizzazione economica e politico-sociale, ma le vuole integrate nel
soprannaturale. Donde la ricchezza d'iniziative dal basso di
forme organizzative anche ardite sorte, nel sec. XX, dal primo dopoguerra
(istituti laicali, congregazioni di consacrati che rimangono in abito e
professioni secolari, preti-operai e simili). Attività queste che
si sono aggiunte all'impegno nel mondo politico con partiti cristiano-sociali e
nel mondo del lavoro con una vasta gamma di opere assistenziali e di
organizzazioni sindacali intese a promuovere le condizioni dei lavoratori, differenziandosi
in teoria e prassi da quelle socialiste (encicliche Rerum Novarum di Leone XIII, Quadragesimo
anno di Pio XI, Mater et magistra
di Giovanni XXIII, Octogesima adveniens
di Paolo VI). I nuovi orientamenti ecclesiologici si sono accentuati nel
dopoguerra sotto l'insegna programmatica del papato di Giovanni XXIII (1958-63)
e del Concilio Vaticano II da lui convocato e concluso da Paolo VI (1963-78),
anche come presa di posizione di fronte alle realtà nuove d'ordine
scientifico-tecnologico, economico-sociale e politico-internazionale.
Distanziandosi dalla direzione ancora autoritaria e centralizzata di papa
Pacelli (1939-58), che intendeva tenere sotto saldo controllo dottrina e
disciplina della Chiesa cattolica, Giovanni XXIII
accentuava la direttiva pastorale, si apriva al dialogo e sottolineava il
momento della collegialità nella direzione della Chiesa. In questo
spirito veniva convocato e iniziato il Concilio
Vaticano II (1962-65): esso non doveva primariamente definire nuove dottrine o
confermare condanne, ma cercare un nuovo linguaggio con cui presentare a tutti
gli uomini il messaggio cristiano: il dialogo infatti caratterizzava i lavori del concilio, mentre
Giovanni XXIII allacciava relazioni con i Paesi comunisti. Il Vaticano II, che
si era aperto alla presenza di oltre 2000 vescovi di tutte le nazioni e razze,
s'impegnava soprattutto nel riconsiderare natura e missione della Chiesa, alla
luce delle esigenze della sua struttura (costituzione Lumen gentium), dei compiti dei vescovi, della coscienza unitaria
cristiana (Unitatis redintegratio),
con riguardo ai nuovi mezzi di comunicazione sociale, da valorizzare anche
nell'azione religiosa.
Il rapporto tra Chiesa e Stato
I
rapporti tra Chiesa e Stato costituiscono un problema derivato e dalla
concezione della società religiosa, coi suoi compiti e la sua struttura,
e da quella dello Stato, pure nei suoi compiti, istituzioni e mezzi di azione,
e dai rapporti stabilitisi tra Chiesa e Stato, specialmente nell'epoca
contemporanea, quando lo Stato si è venuto distanziando dalla Chiesa, in
piena autonomia di funzioni e valore. I rapporti tra Chiesa e Stato hanno avuto molteplici vicissitudini e aspetti, condizionati
dalle vicende storiche e dalla diversa situazione di forza organizzativa e
morale dell'una e dell'altro; e questo, oltreché nei rapporti di fatto, nelle
rivendicazioni teoriche di canonisti e di giuristi. È
nell'epoca medievale che si delinea anche nella dottrina la questione dei
compiti e poteri rispettivi di Chiesa e Stato, soprattutto nella riforma
gregoriana e nella lotta per le investiture (sec. XI-XII). In genere il papato, come culmine e sintesi della Chiesa gerarchica,
rivendicava la propria ierocrazia, in virtù del primato dello spirituale rispetto al
temporale; mentre l'impero rinnovato dagli Ottoni sull'esempio degli autocrati
bizantini avrebbe voluto l'inverso insistendo sull'unzione sacrale dei suoi
titolari. Con la crisi del papato, diviso dallo scisma e
partecipe della mondanizzazione della Chiesa nei sec. XIV-XV, lo Stato
rivendicò più energicamente il proprio ambito d'autorità e
la Chiesa fu costretta a far posto a queste esigenze in "concordati" coi
principi: si venne così delineando il giurisdizionalismo nei rapporti
Chiesa-Stato, cioè il controllo statale su beni e istituzioni
ecclesiastiche. Nel sistema luterano, che riconosce ai
principi la funzione di summi episcopi,
la Chiesa è praticamente integrata nell'amministrazione statale; nel
sistema calvinista, invece, è la Chiesa, non gerarchica, ma
congregazionale, che controlla lo Stato, imponendogli d'essere esecutore dei
suoi dettami etico-religiosi. Nel contempo la Chiesa cattolica, tra
controversie giurisdizionali e polemiche dottrinali, pur mantenendo patrimonio
e posizione privilegiata, è stata sempre più inserita nell'apparato
amministrativo statale, mediante la sanzione forzata di una concessione papale,
sotto forma di "concordato" (tipico al riguardo il
giuseppinismo in Austria
nel sec. XVIII). Nell'età contemporanea, dopo lo scossone della
Rivoluzione francese e le sue esperienze radicali di separazione tra Chiesa e
Stato, si sono venute delineando talune tendenze fondamentali: "democrazia
laicista" (per esempio nella Terza Repubblica francese, nell'Italia
postunitaria fino al 1922, nei regimi di "democrazia popolare" dal 1945); "laicismo
autoritario" (per esempio nella Turchia di Kemal pascià, di fatto nella
Germania nazista); "democrazia religiosa" (per esempio negli U.S.A.); "autoritarismo
religioso" (per esempio nel fascismo italiano e nel regime franchista in
Sna). Queste tendenze ideologiche fondamentali, che hanno
poi ispirato costituzioni, legislazioni e prassi amministrative specie nei
regimi a partito unico, hanno dato vita a tre regimi politico-giuridici di
relazioni tra Chiesa e Stato, e precisamente: di "separazione ostile", di "separazione
favorevole", di "concordato". La separazione ostile è il regime in cui
lo Stato non si limita a negare carattere di ente pubblico alla Chiesa e alle
sue istituzioni, rifiutando quindi riconoscimento al diritto interno della
Chiesa, ogni aiuto statale a enti di culto, equiparazione alle sue scuole e
simili, ma con leggi vessatorie cerca di impedire alla Chiesa di valersi dello
stesso diritto comune per dare base giuridica alla propria esistenza. Tale
sistema è stato applicato in Francia sotto il Gambetta, in qualche
periodo in Italia negli ultimi decenni del sec. XIX, nella Sna repubblicana,
nel Messico, sotto taluni governi dell'America Latina, nella Russia sovietica e
nelle repubbliche comuniste del secondo dopoguerra. La separazione favorevole,
senza riconoscere con disposizioni di diritto statale le norme interne della Chiesa e i suoi enti, in quanto tali, permette loro di
valersi del
diritto comune relativo alle società commerciali, alle fondazioni, alle
persone morali, per dare una base giuridica alle sue molteplici istituzioni,
regolate dal diritto canonico. Attraverso decisioni giudiziarie e
amministrative si è venuta in tal maniera
creando una situazione di fatto che si diversifica di poco da quella realizzata
dalla Chiesa in taluni regimi concordatari. Tale sistema è tipico della maggior parte degli U.S.A.; si è venuto
applicando in Francia nel primo dopoguerra; è il regime sotto cui vive
la Chiesa cattolica in Gran Bretagna, in Olanda e altri Paesi a maggioranza
protestante. I rapporti tra Chiesa e Stato stabiliti in concordati muovono dal
presupposto di una diversa e autonoma legislazione di Chiesa e Stato: per mutuo
accordo ciascuno deroga dalla propria legislazione e accoglie su determinati
particolari e per certi istituti le norme dell'altro ente. Oppure
atti o istituzioni di comune interesse vengono sottoposti a norme particolari
che soddisfano le esigenze dell'una e dell'altra parte. Anche in regime
concordatario Chiesa e Stato hanno conosciuto situazioni
difficili per divergenza di interpretazioni, per forze interne avverse
(concordato italiano del 1929, quello del
Reich nazista del
1933). Così i molti concordati del primo dopoguerra con vecchi e
nuovi Stati dell'Europa centrorientale, nei mutamenti di regime avvenuti, sono
decaduti per far posto alla separazione ostile. Però anche in questi
casi, sull'onda del
processo di democratizzazione che ha investito sul finire degli anni Ottanta
l'Est europeo, la Chiesa va ottenendo una regolarizzazione di rapporti. Per la
Polonia va ricordato il ristabilimento nel 1990 di un
corpo diplomatico presso la Santa Sede; altrettanto hanno fatto Iugoslavia
(1989), Ungheria, Cecoslovacchia,
Romania (1990).
Una rappresentanza pontificia è presente in Iugoslavia, Romania,
Polonia e Ungheria. Alla fine del 1990 data la riapertura dei rapporti
diplomatici con la Bulgaria, mentre nello stesso anno uno scambio di
rappresentanti tra Santa Sede e U.R.S.S. ha dato avvio a una ripresa delle
relazioni, proseguite con la Russia e l'Ucraina dopo lo scioglimento
dell'Unione Sovietica. Nel 1994, infine, venivano stabiliti rapporti
diplomatici con la Giordania e con Israele
Patti
Lateranènsi,
accordi,
stipulati nel palazzo apostolico del Laterano l'11 febbraio 1929 tra la Santa
Sede e lo Stato italiano, che posero fine alla cosiddetta Questione Romana,
apertasi nel settembre 1870 con l'occupazione dello Stato pontificio. Sono
costituiti da tre atti distinti e cioè da un
trattato, un concordato e una convenzione finanziaria. La convenzione finanziaria assegnò alla Santa Sede 750 milioni
in contanti e un miliardo di lire in buoni del tesoro al 5% come parziale
risarcimento per i beni temporali perduti dalla Chiesa e come amento delle
somme stanziate a suo tempo con la legge delle Guarentigie e non mai riscosse
dal governo pontificio. Con il trattato
vennero abrogate la legge delle Guarentigie, fu riconosciuta la completa
indipendenza e sovranità del papa sullo Stato della Città del
Vaticano e il suo diritto di legazione attivo e passivo; la Santa Sede
riconobbe giuridicamente il Regno d'Italia con Roma capitale sotto la dinastia
dei Savoia e l'Italia ribadì il carattere cattolico dello Stato
richiamandosi espressamente all'articolo 1 dello Statuto Albertino. Il concordato -
considerato quale "necessario complemento" del trattato - procurò poi alla
Chiesa ulteriori notevoli vantaggi. Esso infatti assicurò il libero
esercizio del potere spirituale della Chiesa e il libero e pubblico esercizio
del culto e della giurisdizione in materia ecclesiastica, estese l'istruzione
religiosa dalle scuole elementari alle medie inferiori e superiori, concesse
condizioni di particolare favore nei confronti di persone, funzioni ed enti
ecclesiastici e riconobbe al sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto
canonico, gli effetti civili per cui, tra l'altro, le cause di nullità
di matrimonio vennero riservate ai tribunali ecclesiastici e solo quelle di
separazione furono lasciate ai tribunali civili. Approvati
dalle camere fasciste, i Patti furono poi inseriti nella Costituzione
repubblicana (art. 7). § Il 18 febbraio 1984, dopo una lunga fase
preparatoria iniziata nel 1976, veniva stipulato un
nuovo concordato tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede, sulla base della
piena indipendenza e sovranità di entrambi i contraenti, ciascuno nel
proprio ambito. Il nuovo concordato, approvato dal Senato nell'agosto 1984 e
definitivamente dalla Camera il 20 marzo 1985, oltre ad aver reso facoltativo
l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole, ha fatto cadere numerose
esenzioni e privilegi concessi precedentemente agli enti ecclesiastici.
Art. 7
Lo
Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e
sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi.
Le modificazioni dei Patti,
accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione
costituzionale.
Art. 20
Il
carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od
istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di
speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e
ogni forma di attività.
Art. 19
Tutti
hanno diritto di professare liberamente la propria
fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne proanda
e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di
riti contrari al buon costume.
Art. 8
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla
legge.
Le confessioni religiose diverse dalla
cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i
propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per
legge sulla base di intese con le relative
rappresentanze.
Corsi
Federico