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Il passatismo di ieri
Marco Zanini
Le trasformazioni provocate dai mutamenti sociali degli ultimi decenni nella struttura della famiglia italiana.
L'istituto "famiglia" all'interno del panorama culturale, religioso e politico italiano, così come nel resto del mondo occidentale, è un tema piuttosto controverso e toccato perché vicino alla sensibilità di tutti. Da sempre la famiglia s'è dimostrata l'unità fondamentale della società, alla quale i cambiamenti epocali hanno modificato profondamente il significato, o, più propriamente, la forma.
Il dizionario deMauro, edito dalla Paravia, definisce la famiglia "il nucleo formato dal padre, dalla madre e dai li, che costituisce l'istituzione sociale di base della società"; tuttavia questa definizione si dimostra più aderente all'attuale modello familiare nucleare, formato quindi da genitori e li: comprendente, cioè, la parentela più stretta. Questo modello è considerato, spesso non consapevolmente, quello tradizionale, ma di fatto, analizzando la storia dell'istituto familiare all'interno delle differenti società nelle differenti epoche storiche, il concetto di famiglia dimostra più d'essersi mosso lungo una linea evolutiva, un percorso, piuttosto che esser sempre stato un punto statico e predefinito, al quale si può attribuire un valore assoluto e universale.
Se, infatti, cerchiamo di dare un quadro il più sinottico possibile del concetto di famiglia, progressivamente si evidenzia, distanziandosi dalla nostra società e dalla nostra epoca, una molteplicità di istituti familiari. Essenzialmente la prima differenziazione del (fino all'ora) universale istituto famiglia risale all'età preistorica, in cui si distinsero due rami nettamente diversificati che si possono identificare col ceppo euroasiatico e americano precolombiano. In questi due mondi, la società si sviluppa in modo parallelo e tra loro incontaminato. La distinta forma di auto sostentamento di questi due grandi ceppi, tra loro del tutto estranei, fu determinante nella conseguente differenziazione dell'istituto famiglia. Da una parte gli Euroasiatici, protagonisti della rivoluzione agraria, stavano sviluppando la proprietà privata, l'ereditarietà, e la famiglia evolvendosi in gens, in modo verticale all'albero genealogico, dall'altra gli Americani si rapportavano all'interno dei loro gruppi attraverso distinzioni generazionali, in cui il padre è chiunque della generazione immediatamente superiore, e il nonno subito superiore al padre, anche se non effettivo genitore, e lo stesso i padri si rivolgevano ai li propri e ai li dei fratelli allo stesso modo, considerandoli tutti li, costituendo famiglie che si sviluppavano in modo orizzontale all'albero genealogico. E la distinzione si riflette poi anche sugli eventuali metodi di unione tra uomo e donna. Nella visione euroasiatica si evolvono verso la monogamia (oppure una poco fiera poligamia strettamente adottabile dal maschio della coppia), in modo tale quindi da contrassegnare e caratterizzare solo la propria discendenza; mentre, nella visione, americana verso la condivisione di donne e di li, quindi eventualmente alla poligamia e poliandria (in modo eguale tra i due coniugi), che appartengono sempre allo stesso gruppo e quindi famiglia. I sociologi definiscono questi due differenti modelli come "famiglia estesa" e "famiglia multipla", rispettivamente quella maggiormente adottata in Eurasia e in America.
Con questa retrospezione si arriva già a comprendere come il concetto di famiglia non sia mai stato universale, dalla forma definita e definitiva, ma soltanto un sottoinsieme molto ristretto della società, il microcosmo all'interno di un macrocosmo, la cui struttura è determinata solo da fattori circostanziali, quali l'ambiente e l'economia. L'ignoranza di questa proprietà costante dell'istituto famiglia ha però permesso che si formasse una larga ma immotivata convinzione che il modello familiare più diffusamente adottato (d'altronde, dall'invasione europea del continente americano, anche al modello familiare multiplo dei nativi è subentrato quello esteso) sia stato riconosciuto, per consuetudine e convenzione, come "tradizionale" e, quindi, anacronistico e invariabile. Il che non svilisce l'istituto familiare attualmente riconosciuto dalle diverse costituzioni occidentali, bensì rileva semplicemente la naturalità dell'evoluzione, riformulazione ed estensione connaturata al concetto di famiglia.
E questa propria mutabilità s'è manifestata chiaramente anche di recente. Se, infatti, nel modello eurasiatico della famiglia estesa s'è confermata, necessariamente, un'asimmetria delle competenze e dei poteri tra i due sessi (che risale ancora all'epoca classica quando la moglie era parte della proprietà del pater familiae, così come la schiavitù e la terra), questo carattere tipico della famiglia patriarcale s'è poi via via moderato attraverso il Medioevo e la prima Era Moderna. Finché la storia ha voluto che la donna fosse la ura necessaria al sostentamento dei vari paesi occidentali durante la dispendiosa seconda guerra mondiale. Il nuovo modello economico, che ora poggiava sulla forza lavorativa femminile, ha così condotto la donna verso la coscienza della propria indispensabilità. Il mondo occidentale, attraverso quindi il fiorire dei movimenti femministi, vede l'inedita assimilazione, politica e ideologica, del ruolo dell'uomo e della donna, portando progressivamente tutto l'Occidente ad un'epocale migrazione dal modello famigliare asimmetrico a quello simmetrico: genitori entrambi cespiti, ugualmente intenzionati alla carriera e alla realizzazione personale in ambito professionale, ma anche egualmente collaborativi nello svolgimento delle faccende domestiche, nella cura della contabilità domestica, e accomunati dallo stesso obbligo di fedeltà coniugale. Insomma, un irreversibile stravolgimento degli stereotipi dei ruoli dei due sessi dell'epoca.
Questa autocoscienza femminile, oggi largamente raggiunta e formalizzata, non solo ha dato la parità tra sessi - rendendo anacronistiche tutte le teorie conflittualiste che definiscono la famiglia il luogo primo di scontro tra i due sessi - ma anche rivoluzionato le finalità e le priorità che vigevano precedentemente all'interno della famiglia. Se, infatti, la realizzazione professionale, esclusiva dell'uomo, era inizialmente indirizzata alla soddisfazione economica della propria famiglia (alla sopravvivenza prima, all'agiatezza economica poi), e quindi childrenoriented, in seguito la famiglia contemporanea si dimostra spesso in bilico tra la necessità di sostenere i familiari per senso di dovere nei loro confronti e la collaterale necessità di una realizzazione personale attraverso la carriera o lo studio, incentivata da una cultura fortemente individualistica. Queste due ambizioni si rivelano poi spesso inconciliabili, al punto che la famiglia culmina con la frattura del vincolo matrimoniale che lega i genitori e facendo crollare di fatto la struttura familiare.
A questa deriva - non strettamente morale - si sommano altre tendenze individualistiche e centrifughe che si concretizzano in autoisolamento della persona, che sempre meno condivide l'aspirazione dell'unione matrimoniale, ma che volentieri ambisce a realizzare un piccolo nucleo familiare monogenitoriale dove svolgere il ruolo d'entrambi i genitori, indipendentemente dal sesso d'appartenenza. Emergono da qui i primi nuclei familiari definiti "senza struttura coniugale", che possono compiersi per abbandono o rifiuto del partner, che producono la ura della "ragazza-madre" (neologismo che non ha corrispondenza per l'uomo, data la poca incidenza statistica), o per iniziativa del "single per scelta", che vede nell'adozione o nella fecondazione assistita l'apamento dell'istinto riproduttivo e della potenzialità affettiva. Anche se appena pochi decenni fa, nel mondo occidentale (compresi paesi culturalmente precursori, come Stati Uniti e Regno Unito), questa forma di famiglia alternativa al modello considerato tradizionale era oggetto di più o meno esplicito disprezzo e biasimo, ora è largamente accettata. Lo stesso anche per le famiglie estese per scissione della prima famiglia nucleare, ovvero le coppie divorziate con lio in comune. E questa accettazione, guardando in particolare all'Italia, si è manifestata prima in un'ampia regolamentazione legislativa e normativa (come l'affidamento congiunto), anche perché urgente tra le fila dei nostri politici e politicanti, e infine nell'accoglienza travagliata, ma definitiva, da parte delle autorità religiose più influenti e sollecitanti nel nostro paese, come la Chiesa Cattolica.
La stessa benevola sorte non è però spettata alle ultime forme di famiglia effettiva emerse nel panorama sociale, quali le famiglie nucleari non vincolate da unione civile matrimoniale, cioè quelle legate da un'ufficiosa convivenza, e le coppie omossessuali (o, eventualmente, famiglie omogenitoriali), ovvero costituite da coniugi dello stesso sesso. Ma qui l'argomento si fa solo per stomaci forti.
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