LA QUESTIONE FEMMINILE
Nel
secolo XIX cominciarono a ire in Inghilterra e negli Stati Uniti i primi
movimenti e gruppi di cosiddette 'sufragette'.
Erano le donne che prendevano coscienza dei propri diritti e reclamavano la
possibilità di votare. L'obiettivo era che il suffragio fosse realmente
universale, e non universale solo degli uomini. È logico che tale
movimento ebbe il suo sorgere negli stati in cui già da tempo era in
vigore l'esercizio deldemocrazia - Le elezioni - I gruppi parlamentari - Il governo - La Corte Costituzionale" class="text">la democrazia rappresentativa, anche perché spesso in
quella società persisteva un'oppressione puritana dalla quale le donne
volevano giustamente liberarsi (vedi La lettera scarlatta di Nathaniel Hawtorne e soprattutto
i romanzi di Virginia Wolf). Queste idee si
realizzarono all'inizio del secolo XX, con le prime leggi che concedevano quel
diritto appunto in quegli stati. E in Italia? Si dovette aspettare il 2 giugno
1946 per vedere riconosciuto questo diritto, in verità più per la
presa di coscienza di alcuni uomini politici illuminati e di poche donne politiche,
come Nilde Jotti, che non per la presenza di un vero
e proprio movimento femminile nel nostro paese. Quest'ultimo
si ebbe solo sull'onda delle manifestazioni studentesche del 1968, con la
nascita dei primi collettivi femministi. Si passò in pochi anni da
canzoni come 'Non ho l'età' ad altre di carattere opposto,
come 'Non sono una signora'. Molte più donne incominciarono
perfino a far politica, soprattutto nei ranghi del Partito Radicale, come Adele
Faccio e la giovane Emma Bonino, ma anche della Democrazia Cristiana, come Tina
Anselmi, che fu anche il primo ministro donna della
nostra repubblica. In questa fase il processo di emancipazione non
investì più solo il piano della rappresentanza politica, ma si
spostò in tutti i campi della società. Si arrivò allora a
dichiarazioni 'radicali', del tipo: 'l'utero è mio e me
lo gestisco io' a 'l'uomo a casa e la donna al lavoro', ecc
Sembrava che la donna, per liberarsi, dovesse abbandonare il ruolo di madre e tutta
la sua femminilità. In fondo anche questa poteva diventare una vittoria
dell'uomo, che riusciva a rendere 'maschile' anche l'altro sesso.
Molti film insistono ancora oggi su una immagine virile della donna, che
diventa poliziotto, soldato, e supera l'uomo in un campo che non è il
suo (la violenza e la sopraffazione). In altri film commerciali la donna torna
ad essere oggetto stupido e inconsapevole nelle mani dell'uomo gaudente (vedi
le varie serie di Vacanze di Natale e simili). Forse sono le donne-registe come
Jane Campion le uniche
che riescono a descrivere l'universo
femminile con intensità senza cadere negli slogan. Dal punto di vista
politico, qualche anno fa è nato il ministero delle pari
opportunità, proprio perché talvolta le affermazioni di diritto non
coincidevano con quelle di fatto, e le donne faticano ancora oggi ad occupare
tutti i posti che sono occupati dagli uomini. Il cammino è ancora
lungo.