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La pena di morte la morte di Saddam
LŽex dittatore iracheno Saddam
Hussein è stato impiccato sabato mattina allŽalba: pochi minuti prima delle sei, le quattro ora
italiana. Saddam si è presentato a volto
scoperto, con le mani legate dietro alla schiena e senza cappuccio. De, tra gli
uomini che gli sono intorno, gli hanno posto una fascia nera attorno al collo e
poi il cappio. Saddam è sembrato quasi un
piccolo topo, accerchiato da numerosissimi e giganteschi gatti. La morte
dell'ex-dittatore ha scatenato, fin dal mattino, scene di giubilo tra le strade
di Baghdad, di Najaf e di altre città sciite.
Ma anche scontri e scene di lutto. Violenti disordini si sono verificati nei
pressi della città roccaforte della ribellione sunnita.
Manifestanti sunniti hanno dato alle fiamme il
tribunale della cittadina di Qarma. Manifestazioni
con manifesti di Saddam listati a lutto anche in
altre città. Penso che, per alcuni iracheni, Saddam
sia stato come una luce in un mondo prettamente oscuro.
Dove verrà sepolto Saddam? È una delle
domande che restano aperte. Saddam Hussein, detenuto dalle forze militari americane fin dalla
sua cattura, è stato consegnato alle autorità irachene, con una
operazione tenuta segreta, solo poco prima della esecuzione. Tra le
indiscrezioni della vigilia, c'era anche quella che il suo patibolo sarebbe
stato allestito dentro l'ex prigione americana famosa per le torture: Abu Ghraib.
Secondo uno degli avvocati di Saddam, il corpo
dell'ex rais, consegnato alla famiglia, sarà seppellito nella
città natale di Tikrit, accanto a quello dei
li.
La condanna a morte di Saddam e la sua esecuzione ha
suscitato un'ondata di polemiche tra i favorevoli e i contrari. In seguito, la
polemica, ha riguardato, quasi esclusivamente, la liceità della pena di
morte, come deterrente per le attività criminali.
Nel
mondo la criminalità continua ad aumentare, per cui la pena di
morte, prevista ed applicata per orrendi delitti, non è, secondo la mia
opinione, adeguata ad arginare la delinquenza. Il problema di tale grave pena
è in discussione tra abolizionisti e anti-abolizionisti. I primi
ritengono che l'espansione della delinquenza non è connessa all'assenza dlla pena capitale, ma che è legata alle condizioni
politiche, economiche e socio-culturale di ciascun Paese. I secondi, favorevoli
al suo mantenimento o ripristino, sono convinti che l'abolizione sia di
incitamento alla crescita dei criminali. Essi ammettono che la pena capitale
è drammatica e dolorosa, ma è necessaria perché temuta dai
delinquenti. Gli avversari alla pena di morte, come me, affermano che essa
è inutile e che solo uno Stato democratico, educatore e civile
può essere capace di prevenire la criminalità e recuperare i
delinquenti e non uno Stato carnefice. Lo Stato non deve uccidere il criminale,
che ha ucciso. Ad un omicidio non si deve aggiungere un altro omicidio. Lo
Stato democratico, degno di un popolo libero, ha la forza e il dovere di
guidare le proprie istituzioni a prevenire i delitti, a frenare e a recuperare
il criminale, senza sottoporlo agli inutili patiboli della pena di morte.
È un atto disumano, è omicidio legalizzato. La legislazione
italiana ha realizzato tale giusto e fondamentale principio. In Italia, la pena
capitale fu abolita nel 1889; reintrodotta nel 1926; abolita nel 1944; ripristinata,
per breve e limitato periodo alla fine della seconda guerra mondiale, fu
applicata, per l'ultima volta, nel 1947. Da tale data, la pena capitale
può essere applicata, solo, in tempo di guerra, dai tribunali militari,
per alto tradimento o altri gravi reati. Molti Stati europei hanno abolito la
pena di morte per i delitti commessi da civili in tempo di pace, come l'Olanda,
La chiesa, da tempo, nel corso della sua pacifica opera di clemenza, ha definitivamente abolito la pena di morte. Gli ultimi Pontefici, tra i quali, spicca la grande ura di Giovanni Paolo 2°, hanno operato ed operano per la difesa della vita umana. Oggi, è convinzione che i moderni Stati democratici del mondo hanno tutti i mezzi per reprimere il crimine e per rendere inoffensivo il delinquente, che lo ha commesso, senza privarlo della vita e della possibilità di redimerlo.
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