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La pena di morte rappresenta una delle grandi questioni che preoccupa il mondo e che nello stesso tempo divide l'opinione pubblica in favorevoli e contrari. Già nel passato è stata oggetto di trattati, come l'opera di Cesare Beccaria "Dei delitti e delle pene". In questo trattato egli si esprimeva contro la pena di morte argomentando che con questa pena lo stato, per punire un delitto, ne commetterebbe uno a sua volta. Questa pubblicazione voleva provocare una riflessione sul sistema penale vigente dimostrandone l'assurdità e l'infondatezza. Sosteneva inoltre che la pena di morte sia un'inutile e una fuorviante tortura e potrebbe essere destinata ad innocenti. Uno stato che vuole essere giusto non ha diritto a punire utilizzando strumenti così incivili e barbari ma deve essere risarcito proponendo punizioni socialmente utili e tese al recupero, non alla repressione. Dopo una prima reazione istintiva e forse superficiale sull'argomento, ho deciso di documentarmi per poter ampliare le mie conoscenze e formulare una propria opinione su tale tematica. Sono contraria alla pena di morte, dunque favorevole alla sua abolizione. L'argomentazione più frequente a favore della pena di morte è la deterrenza: condannare a morte un trasgressore dissuaderebbe altre persone dal commettere lo stesso reato. L'elemento deterrente della pena di morte non è però così valido, per diversi motivi. Nel caso, per esempio, del reato di omicidio, sarebbe difficile affermare che tutti o gran parte degli omicidi vengano commessi dai colpevoli dopo averne calcolato le conseguenze. Ritengo infatti che molto spesso gli omicidi avvengono in momenti di particolare ira oppure sotto l'effetto di droghe o di alcool oppure ancora in momenti di panico. In nessuno di questi casi si può pensare che il timore della pena di morte possa agire da deterrente. Inoltre la tesi della deterrenza non è assolutamente confermata dai fatti: infatti se la pena di morte fosse un deterrente si dovrebbe registrare nei paesi mantenitori un continuo calo dei reati punibili con la morte. Nessuno studio è però mai riuscito a dimostrare queste affermazioni e a mettere in relazione la pena di morte con il tasso di criminalità. La maggior parte di coloro che sostengono e difendono la pena capitale ammette che si tratta di una pratica orribile e incivile ma che è nonostante tutto necessaria per proteggere la società. Molti di questi sostenitori sono infatti consci della natura arbitraria e discriminatoria della pena di morte come pure dei pericoli connessi alla sua applicazione, per fare un esempio il rischio di mettere a morte un innocente. Infatti è risaputo che tale pena non colpisce solo i colpevoli, ma anche, forse più spesso di quanto si immagini, persone innocenti. Tuttavia i sostenitori rimangono in suo favore perché la considerano un deterrente necessario senza il quale ci sarebbero piu' omicidi. Tale affermazione, se fosse vera, costituirebbe un potente argomento a favore del mantenimento della pena capitale. In altre parole, mi sembra che le richieste di conservare o reintrodurre questa pena sono basate su null'altro che affermazioni prive di fondamento e discorsi basati su impressioni personali sul suo 'insostituibile' potere deterrente. Ci sono anche alcuni dei suoi sostenitori che trovano più facile difenderla sul terreno della sua funzione neutralizzante o eliminatoria. Essi fanno riferimento al potere neutralizzante assoluto e permanente della pena di morte, poichè essa assicura che un individuo giustiziato per omicidio, non compierà ulteriori delitti. Ma a questo punto viene legittimo chiedersi il motivo per cui non si preferisca la detenzione: senza dubbio risulta un mezzo efficace per neutralizzare la pericolosità di assassini o altri delinquenti violenti. Inoltre credo che coloro che presentano il maggior rischio di recidiva sono gli omicidi mentalmente infermi; tuttavia questi assassini sono per definizione esclusi dalla possibile applicazione della pena di morte. Dunque si capisce che la capacità neutralizzante ed eliminatoria della pena di morte è invalidata dal fatto che non è applicabile a quei soggetti che con maggiore probabilità ripeteranno la loro condotta criminosa. E sicuramente se l'imprigionamento è un mezzo efficace per neutralizzare gli assassini infermi di mente, credo sia altrettanto valido per neutralizzare i 'normali'. Tra i favorevoli alla pena di morte, specie negli Stati Uniti, vi è una larga maggioranza che si basa sull'aumento degli omicidi attraverso gli anni e deducono che questo costituisce una pressante ragione per non abolire la pena capitale o per reintrodurla là dove la si è abolita o sospesa. L'intento è chiaro: allarmare il pubblico sperando di spingerlo ad appoggiare le esecuzioni legali. Il 'partito' dei sostenitori della pena capitale sostiene tuttavia che, se verso alcuni criminali non ha effetto, verso altri potenziali assassini l'effetto ce l'ha, incutendo paura. La pena di morte avrebbe quindi un effetto 'sedativo' e sarebbe una sorta di 'calmante sociale' benefico. Ma tengo particolarmente a ricordare che secondo me la pena di morte è un arma troppo potente in mano a governi sbagliati: può infatti essere sfruttata dal governo per eliminare personaggi politicamente o religiosamente scomodi, alterando persino il concetto di gravità di certi atti. Dal punto di vista evolutivo della società l'applicazione della pena di morte non incentiva la ricerca di nuovi sistemi per la prevenzione al crimine. Ovvero quando viene applicata la pena di morte, la gente prova quasi un sentimento di soddisfazione, quasi che in questo modo il crimine commesso fosse riato, espiato, dimenticando in realtà che la vittima ha subito una ingiustizia che non potrà mai essere riata. E lo stato? Lo stato si mostra così 'giusto' ed efficiente contro il crimine. In questo modo si corre il rischio che lo Stato possa sentirsi dispensato dal ricercare una soluzione che prevenga il crimine stesso. Mentre invece credo che lo stato dovrebbe contribuire a rimuovere le situazioni di indigenza estrema, a promuovere la dignità umana, eliminando conflitti razziali troppo spesso causati da leggi poco democratiche. Inoltre lo stato dovrebbe promuovere una migliore umanizzazione della società, combattendo il diffondersi di una mentalità permissiva e immorale. Purtroppo lo stato è troppo spesso vittima della sua economia che gli impedisce di combattere la battaglia della prevenzione fino in fondo ed è in queste situazioni che soddisfa la società solo ricorrendo ad un ulteriore crimine. Dovendo giudicare la pena capitale dal punto di vista umano, bisogna sottolineare per prima cosa l'importanza del diritto alla vita che è un principio fondamentale su cui si basa la nostra società. Come nessun uomo ha il diritto di uccidere un suo simile per qualsiasi motivo così lo Stato, che agisce razionalmente, non spinto dall'emozione del momento, e in quanto garante della giustizia, non deve mettersi sullo stesso piano di chi si macchia del più orribile dei crimini: l'omicidio. Così facendo si fornirebbe a tutti un esempio di atrocità compiuto dalla legge stessa, mentre essa è stata creata proprio per la tutela dei diritti umani e quindi per quello della vita. Penso che appoggiando la pena di morte lo stato si comporterebbe in modo criminale come il criminale stesso. Di conseguenza posso affermare che la pena di morte non ristabilisce alcun equilibrio. Per quanto autori e filosofi illustri giungano a giustificare, anzi ritengono necessaria la pena di morte su basi retributive, penso che agli effetti i parenti, gli amici e i conoscenti della vittima non si sentano sufficientemente riati dalla morte dell'assassino. Lo sarebbero se ciò servisse a riportare in vita la vittima, se la morte dell'assassino servisse veramente a ristabilire una situazione di equità. Infine vi è anche una questione economica che segna un punto a favore dell'abolizione della pena capitale: la pena di morte è sinonimo di risparmio? Una delle argomentazioni a favore della pena di morte si basa sul fatto che è meno costoso uccidere i colpevoli piuttosto che tenerli in carcere. Invece è stato dimostrato, attraverso alcuni studi, che l'applicazione della pena di morte è più costosa del carcere a vita. In base alle precedenti considerazioni posso concludere che la pena di morte va contro ogni principio etico,morale e non porta alcun beneficio alla comunità, poiché invece di cercare di affrontare il problema alla radice, lo elimina per pochi attimi senza educare il prossimo a non commettere uno stesso crimine.
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