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La tossicodipendenza nell'adolescente
Per tossicodipendenza si intende una condizione di intossicazione cronica, caratterizzata dalla irrefrenabile pulsione ad assumere un farmaco o una sostanza stupefacente e dalla dipendenza fisica e psichica dai suoi effetti. La dipendenza fisica si verifica quando il farmaco ha indotto cambiamenti fisiologici nell'organismo, comprovati dallo sviluppo di tolleranza o assuefazione (fenomeno per cui per ottenere lo stesso effetto sono necessarie quantità sempre maggiori di farmaco) e dallo scatenamento di una crisi di astinenza alla fine degli effetti del farmaco o della droga. La crisi di astinenza è caratterizzata da sintomi come nausea, diarrea o dolore, che variano a seconda del tipo di sostanza. La dipendenza psicologica si manifesta quando la pulsione ad assumere un farmaco o una droga è forte, anche in assenza di sintomi fisici da astinenza. Mediante indagini di laboratorio viene verificata la concentrazione alla quale i composti chimici inducono fenomeni di dipendenza in animali sperimentali. Le sostanze che gli animali tendono ad autosomministrarsi ripetutamente danno luogo a forte dipendenza anche nell'uomo; fra questi, vi sono alcuni dei farmaci e droghe di cui gli uomini fanno maggiore consumo: oppio e derivati, alcol, cocaina e barbiturici. Altre sostanze, come la marijuana e i farmaci psicotropi, producono assuefazione nell'uomo, ma non negli animali da laboratorio. Le sostanze di cui si fa maggiore abuso, a parte alcol e tabacco, possono essere raggruppate in sei classi: oppiacei, ipnotico-sedativi, psicostimolanti, allucinogeni, canapa indiana e inalanti. L'attenzione clinica ai problemi dei tossicodipendenti è in genere limitata alla gestione dei sovradosaggi (overdose), delle reazioni acute all'ingestione del farmaco o della droga e delle conseguenze mediche secondarie all'uso di droga, come la malnutrizione e i problemi sanitari causati dall'uso di aghi non sterili. I soggetti tossicodipendenti, fermati più volte per spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione, possono essere indirizzati a comunità di recupero e sottoposti a trattamenti di disintossicazione. Per liberare i consumatori di oppiacei dalla loro dipendenza, si usano fondamentalmente due approcci terapeutici. Le comunità di recupero richiedono al tossicodipendente di assumersi direttamente la piena responsabilità del proprio problema e di liberarsi completamente dalla dipendenza, sia fisica, sia psicologica, provocata dal consumo di sostanze stupefacenti. L'altro approccio prevede l'uso di sostituti degli oppiacei, sotto il controllo delle strutture sanitarie, al fine di aiutare il tossicodipendente a staccarsi gradualmente dall'eroina, eliminando contemporaneamente la necessità di trovare la droga 'per strada'. Una dei composti usati più comunemente è il metadone, che, tuttavia, causa anch'esso dipendenza. L'abuso di alcol, eroina e cocaina e' ritenuto direttamente, o indirettamente, la causa delle tre principali cause di morte degli adolescenti: incidenti stradali, omicidio, suicidio. Un'indagine recente negli Stati Uniti ha calcolato che almeno un quarto dei suicidi tra gli adolescenti ha l'abuso di droga o di alcol come concausa. L'abuso di droghe e alcol produce anche conseguenze non mediche tra gli adolescenti quali il fallimento a scuola, l'incarcerazione, l'allontanamento dal nucleo familiare e la perdita del posto di lavoro. Alcune di queste conseguenze sono pero' legate allo stato illegale di alcune droghe.
L'adolescente che
abusa di alcol e droghe illecite costituisce un problema difficile per se
stesso, la famiglia, il medico, la societa' e anche per il neurobiologo che
voglia studiare gli effetti delle droghe e dell'alcol sul cervello
dell'adolescente. Egli si trova a dovere aggiungere l'importante variabile
dell'eta' adolescenziale al gia' complesso problema degli effetti di queste
sostanze sul cervello dell'adulto. Infatti il cervello dell'adolescente non ha
ancora completato il suo sviluppo. Benche' il numero dei neuroni sia gia'
definitivamente stabilito fin dalla prima infanzia, il cervello continua a
presentare fino all'adolescenza un fenomeno chiamato plasticita' neuronale.
Esso consiste nella produzione o eliminazione di sinapsi, nella progressiva
mielinizzazione di fibre nervose ed infine nella variazione del numero dei
recettori dei differenti neurotrasmettitori. Le relazioni reciproche tra
timidezza ed aggressività complicano la probabilità che gli adolescenti hanno
di diventare tossicodipendenti. Tra i maschi l'aggressività favorisce il
comportamento d'abuso mentre la timidezza, al contrario, lo riduce. La
contemporanea presenza di sintomi attribuibili sia all'aggressività che alla
timidezza conferisce il massimo rischio rispetto alla presenza di uno dei due
fattori singolarmente. L'aggressività nei maschi è spesso associata con l'incapacità
a mantenere la concentrazione per periodi sufficienti a svolgere con profitto i
compiti scolastici.
Nelle femmine la situazione è completamente diversa, nè l'aggressività, nè la
timidezza nè tantomeno problemi di concentrazione hanno alcuna relazione con la
tendenza ad usare droghe in un secondo momento. La timidezza e l'aggressività
potrebbero essere meno importanti per le ragazze perchè i gruppi di riferimento
sono, per loro, più piccoli e vengono considerati meno importanti. Queste
differenze di genere (maschile o femminile) devono essere tenute in grande
considerazione e non esclusi a priori come si tendeva a fare in passato.
All'età di 16-l7 anni le ragazze usano una quantità inferiore di birra, vino,
liquori, marijuana ed altre droghe illegali rispetto ai loro coetanei maschi,
ma non usano meno tabacco. All'interno di entrambi i gruppi, maschi o femmine
con i punteggi intellettivi più alti e le migliori risposte ai test
attitudinali scolastici tendevano ad abusare birra, vino, superalcolici e
marijuana 10 anni più tardi. In genere i bambini che sono più
'pronti' ed adatti alla scuola sono anche quelli più preparati a
sperimentare le droghe.
Lo stato della salute psicologica e le relazioni intrafamiliari giocano un
ruolo essenziale per le ragazze. Le madri hanno un importante effetto sulla
salute psicologica delle loro lie ma non dei loro li maschi. Le
aspettative materne e la salute psichica della madre sono i fattori protettivi
più validi contro l'abuso di sostanze nelle ragazze, dieci anni più tardi. Le
ragazze con solidi rapporti affettivi all'interno della famiglia tendono ad
usare meno sostanze di quelle che provengono da famiglie in crisi, ma la stessa
situazione non è valida per i loro fratelli per i quali l'aggressività rimane uno
dei comportamenti predittivi più importanti dell'abuso di cocaina. Altre
ricerche, come quella di Judith Brook della Mt. Sinai School of Medicine, hanno
rivolto la loro attenzione ai fattori e alle variabili sia di rischio che
protettive presenti sin dalla prima infanzia che potrebbero favorire o impedire
uso e abuso di droghe da adulti.
Ancora una volta i fattori di rischio individuati sono l'aggressività, la
disobbedienza, gli scatti d'ira, la tendenza a ignorare i regolamenti, i tratti
sociopatici, l'evitamento delle responsabilità, l'uso di sostanze tra i propri
amici e la presenza di sostanze illecite in famiglia (abuso in uno o entrambi i
genitori di alcool o droghe) e problemi con la polizia.
I bambini di questo studio sono stati suddivisi in tre fasi: infanzia (5-l0
anni), prima adolescenza (13-l8 anni) e adolescenza avanzata (15-20 anni).
Le interazioni tra i
fattori di rischio vengono confermate anche in questo caso, in particolare
l'aggressività nei primi anni se combinata con la sociopatia della famiglia
d'origine e l'uso di droghe nel gruppo di coetanei è altamente predittiva di
comportamenti d'abuso; mentre l'astensione dalle droghe nella prima adolescenza
in combinazione con una stabilità familiare e la presenza di comportamenti
socialmente adeguati è la combinazione più favorevole per una successiva
astensione dalle sostanze d'abuso. L'uso di alcol o droghe nei genitori aumenta
la frequenza dell'uso delle stesse sostanze anche nei loro li.
Paradossalmente i genitori tossicodipendenti sono quelli più rigidi a parole
nell'educazione dei loro li. Essi spesso si rivolgono ai loro li
dicendo:'Fai quello che ti dico e non quello che vedi fare a me',
eppure questo tipo di affermazioni che possono avere un qualche valore nella prima
adolescenza, quando i li ancora s'identificano nei loro genitori, sono del
tutto inutili nella adolescenza avanzata quando la famiglia perde il suo ruolo
di controllo e quando i genitori diventano, tramite il loro comportamento, un
fattore di rischio aggiuntivo per i ragazzi. Per prevenire l'uso di sostanze
stupefacenti i fattori protettivi sono: la tendenza ad avere delle mete da
raggiungere, l'impegno sociale o religioso, le solide relazioni familiari e la
aspirazione a diventare qualcuno od avere dei modelli di riferimento. Ciò
significa ottenere buoni risultati scolastici, avere dei buoni rapporti con i
propri fratelli e sorelle, occupare la giornata in attività dopo-scuola (sport,
chiesa e gruppi di riferimento dove non si usino droghe). Molti di questi ragazzi
non solo non usano droghe ma diventano delle persone di successo. Lo studio fa
rilevare come sia stato forse un errore concentrare la nostra attenzione solo
sugli adolescenti a rischio senza occuparci di quelli che non hanno mai avuto
problemi di droga perchè anche loro avrebbero potuto insegnarci qualcosa di
altrettanto importante.
Attualmente sono sotto osservazione i li e le lie dei soggetti
originariamente intervistati nel 1970. Questi bambini hanno oggi in media 2 o 3
anni. Essi mostrano già chiaramente dei tratti di personalità e caratteristiche
familiari, tra cui alcuni dei fattori di rischio sopraelencati, che predicono
l'abuso di droghe. Un'altro filone di ricerca si è concentrato sullo studio dei
bambini e degli adolescenti in piccole comunità rurali dell'Oregon. Hyman Hops
ed i suoi collaboratori dell'Oregon Research Institute stanno seguendo da 10
anni, 500 soggetti di età compresa, al momento delle prime interviste, tra gli
11 ed i 15 anni. Nel 90% dei casi la progressione nell'uso di sostanze è stata
la seguente: astinenza, alcool, tabacco, marijuana e droghe pesanti. L'uso più
elevato di sostanze avviene tra i 13 ed 14 anni quando gli adolescenti passano
dalla scuola media alla scuola superiore. L'uso di sostanze da parte dei
genitori compreso il tabacco è, anche in questo caso, uno dei fattori di
rischio associato con l'uso di droghe nei li. Il comportamento dei padri
bevitori ha un impatto negativo sia sui li maschi che sulle femmine,
maggiore rispetto a quello delle madri bevitrici il cui cattivo esempio vale
solo sui li nella primissima adolescenza e forse anche meno (principalmente
fino ai 14 anni). Questa ricerca ha evidenziato come genitori che fumano e
bevono aumentano nei loro li il rischio di abuso non solo di tabacco ed
alcool ma anche di altre sostanza illecite. Conflitti all'interno della
famiglia e la scarsa capacità di confrontarsi e risolvere i problemi di tutti i
giorni sono associati con un netto aumento del rischio di abusare droghe nei
ragazzi che hanno difficoltà nel rapporto con i loro genitori e/o
nell'affrontare i momenti di crisi. Una buona relazione familiare può
rappresentare un ottimo ostacolo contro la tendenza dei giovani tra i 13 ed i
23 anni a sperimentare le sostanze anche sotto l'influenza di amici
tossicodipendenti. La pressione ad usare sostanze d'abuso è viceversa molto più
forte e pericolosa nella prima infanzia, tanto da suggerire, in un'opera di
prevenzione efficace, controlli costanti sui gruppi di coetanei sin dai primi
anni di vita sociale (4-l0 anni). Tutti gli studi concordano comunque sulla
necessità di poter contare su forti e sane relazioni familiari per contrastare
l'influenza che i giovani esercitano a vicenda l'uno sull'altro per quanto
riguarda le prime esperienze di droga.
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