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L'età del realismo
Il realismo contraddistingue l'indirizzo generale della cultura europea della seconda metà dell'800, allorché si diede importanza esclusivamente ai fatti concreti, abbandonando i problemi metafisici e gli idealismi esagerati del primo Romanticismo e rifiutando i languori sentimentali del secondo Romanticismo. Il realismo è un termine che indica genericamente ogni rappresentazione immediata e fedele della realtà. Il realismo assume il nome di Positivismo in filosofia, Naturalismo nella letteratura francese e Verismo nella letteratura italiana.
Le ragioni storiche vanno ricercate in Europa nel fallimento dei moti insurrezionali del 1948 e, per quanto riguarda l'Italia, nel fallimento della prima Guerra d'indipendenza, che fallirono per l'eccessivo idealismo dei promotori, privi del senso concreto della realtà. Avvenne, poi in quel tempo, la seconda rivoluzione industriale, caratterizzata da grandi invenzioni ed applicazioni tecniche (come ad esempio il telegrafo senza fili, l'invenzione della lampadina di Edison, il cinema dei fratelli Lumier . ). Queste invenzioni portarono ad avere più fiducia, speranza ed ottimismo verso il futuro e nella scienza.
Il sorgere del realismo deriva poi da ragioni scientifiche, dalle nuove dottrine biologiche ed evoluzioniste di Darwin, portano a far nascere la convinzione che l'uomo, come tutti gli esseri viventi è determinato nella sua evoluzione da fattori biologici, ereditari, ambientali e storici e perciò è una creatura come tutte le altre. Nascono in questo periodo nuove scienze come la psicologia (Freud e lo studio della psiche, il determinismo psicologico di Taine), la pedagogia, la sociologia di Comte .
È il periodo di massima affermazione della borghesia. Nasce nell'uomo la convinzione di un progresso sicuro, in quanto migliorano le condizioni di vita, e si prolunga la vita media. Va notato però che scoppieranno lotte capitalistico - imperialistiche per accaparrarsi le materie prime. Nasce la categoria della massa operaia, che vive e lavora in condizione estreme, che però si farà notare con dure lotte e scioperi. Si afferma una fiducia nella scienza e nel mondo scientifico, non soltanto come fondamento di progresso economico e civile, ma , anche, come forma di conoscenza fondata sui fatti e quindi più sicura.
La nuova scienza fa sorgere una nuova filosofia, il Positivismo, così chiamato perché nello studio dell'uomo abbandona i problemi metafisici e si attiene, come la scienza, al dato positivo, concreto, tangibile della realtà fenomenica. Teorico del movimento fu Comte in Francia e Ardirò in Italia. Con Comte nasce una nuova scienza, la sociologia.
A prima vista tale movimento potrebbe sembrare un ritorno alla concezione dell'illuminismo. In realtà quest'ultimo era mosso da un'ispirazione universalistica, dal sentimento della libertà, della giustizia, dell'uguaglianza e della solidarietà tra i popoli. Il positivismo invece sbocca nei contrasti interni tra le classi, nei contrasti internazionali per la conquista dei mercati e delle colonie. L'Illuminismo considerava l'uomo e la natura come elementi statici, governati da leggi fisico - matematiche; il Positivismo invece li considera dinamici, soggetti alle leggi di un'evoluzione che si svolge in senso progressivo. Deriva infatti il mito del progresso, nel quale il Positivismo crede fermamente. Si considerano la scienza e l'istruzione come strumenti di liberazione non solo dall'ignoranza e dalla superstizione, ma anche dalla miseria, dalla malattia, dal dolore e dall'infelicità.
Il nuovo pensiero scientifico e tecnologico ebbe immediati riflessi sulla letteratura del tempo, che diviene realistica, si attiene al positivo, al concreto a ciò che è oggettivo, reale e tangibile. I principi di fondo di tale "nuova letteratura" sono:
L'arte deve rappresentare il reale - positivo, gli scritti si volsero a ritrarre i comportamenti e gli ambienti delle classi più umili, in quanto gli umili sono certamente più vicini alla natura e al vero. Saranno definiti naturalisti in Francia e veristi in Italia.
L'impersonalità dell'arte: l'artista deve ritrarre il vero in modo distaccato, freddo, impersonale, analogo a quello con cui gli scienziati descrivono un fenomeno in natura. L'opera d'arte, disse il Verga, deve dare l'impressione di essersi fatta da sé.
Si abbandonò perciò il romanzo storico, che lasciava tanta parte alla fantasia e alla manipolazione arbitraria dello scrittore, e ci si rivolse al romanzo sociale, inteso a rappresentare obiettivamente personaggi, caratteri e costumi della società.
Precursore sarà Balzac. Questo movimento si caratterizza per la ricerca di una rappresentazione diretta e quanto più veritiera possibile del reale. I presupposti filosofici del naturalismo si iscrivono nella cultura del dominante positivismo e implicano l'idea che il comportamento umano sia conseguenza diretta, oltre che dei fattori naturali, delle condizioni socio-ambientali. Un altro presupposto è l'idea che la società sia luogo di sopraffazione e abbrutimento; ne consegue che il male e la malattia sono il prodotto delle strutture sociali distorte. A ciò si aggiunge l'ipotesi che la psiche umana possa essere studiata dall'artista così come il mondo naturale viene indagato dallo scienziato e, quindi, la convinzione che lo scrittore, rinunciando alla dimensione soggettiva e sentimentale e ai pregiudizi ideologici, debba assumere l'abito mentale del ricercatore impassibile di fronte all'oggetto della sua osservazione, o meglio quello di un clinico di fronte a una situazione patologica (impersonalità dell'artista). Altri esponenti francesi saranno: Flaubert (Madame Bovary), Zola, i Goncourt . Fu tuttavia Emile Zola a usare il termine naturalismo in modo programmatico, per indicare una narrativa capace di aderire alle forme concrete della realtà e alla sua dinamica naturale. La definizione del metodo narrativo naturalistico risale al 1880, quando Zola pubblicò il saggio intitolato Il romanzo sperimentale: come spiega l'autore, il romanzo tende a svilupparsi per via sperimentale da premesse socio-ambientali che, nel loro complesso, determinano il comportamento e il destino dei personaggi. I canoni del romanzo sono perciò: scientificità, impersonalità e funzione sociale.
Movimento letterario sorto in Italia nell'ultimo trentennio del XIX secolo. Il termine 'verismo' viene impiegato specificamente per indicare la narrativa orientata verso il modello del naturalismo francese, sebbene il riferimento, come affermava Luigi Capuana, sia più al metodo e ai principi del narrare che non alla materia trattata. Il nostro verismo parte come il Naturalismo francese trasferendo nell'arte il metodo della scienza e fondandosi sulla concezione positivistica della realtà. Marcata è la differenza con il periodo romantico precedente. Manzoni era sempre illuminato da un'interpretazione religiosa, mentre per i veristi la visuale della realtà è materialistica e scientifica. Il verista si propone di rappresentare la verità oggettivamente senza nessun interesse soggettivo, emozione o ideologia, procedendo secondo lo studio scientifico dei fatti. L'importanza del Verismo va considerata nel contesto culturale del suo tempo, infatti, suo fine era una letteratura che fosse strumento di conoscenza e vero. Il mito del progresso non viene condiviso dagli scrittori italiani perché l'Italia non era partecipe del movimento industriale come nel resto del mondo, il quale esaltava le premesse scientifiche: agli scrittori italiani manca quella convinzione di progresso sicuro portata dal realismo in tutta Europa.. Infatti l'Italia si ritrovava in ritardo essendo appena avvenuta l'unificazione dello Stato, si incontrano gravi problemi di amministrazione. Il 75% della popolazione è analfabeta. Nel meridione, molto meno progredito nei confronti del Nord, nasce il brigantismo a rappresentare la rivolta popolare. Il verismo avrà un carattere regionale e provinciale, rappresentando la vita delle plebi contadine e artigiane. Gli esponenti principali saranno Capuana (teorizzatore), Verga, Grazia Deledda .
Furono due movimenti letterari affini, che ebbero in comune i canoni del Realismo letterario. Entrambi parlano di vita reale, utilizzano il metodo dell'impersonalità dell'arte, evidenziano le miserie e le pene delle classi più umili, creano una lingua ed uno stile semplici e popolari. Tuttavia essendosi svolti in ambienti culturalmente, economicamente e socialmente diversi presentano delle caratteristiche proprie.
Sono differenti gli ambienti e le classi sociali oggetto di studio. Per i naturalisti l'oggetto di studio sono i borghesi poveri, la vita dei quartieri periferici delle grandi metropoli. I veristi, a causa del ritardo dello sviluppo economico italiano, ritraggono la vita stentata e primitiva della piccola borghesia e delle classi più umili, soprattutto nel meridione.
Diverso è il modo di porsi davanti alla realtà. I naturalisti sono attivi, polemici e provocatori, denunciano le ingiustizie sociali, e hanno fiducia nel superamento di tale situazione. I veristi sono contemplativi, più che attivi, ritraggono con sincera pietà le miserie e le pene degli umili, senza denuncia e senza fiducia nel loro riscatto. Questa differenza nasce anche dalla diversa estrazione sociale dei naturalisti e dei veristi: il naturalista aveva radici popolari; il verista era un gentiluomo che contemplava con pietà sincera.
Differente è il rapporto fra scrittori e pubblico. I naturalisti operano in una società solidale, più matura ed evoluta, in ansia di rinnovamento. I veristi operano in una società arretrata, sia al livello delle rassegnate plebi, sia a livello della borghesia e aristocrazia. Questo spiega lo scarso successo dei veristi presso il pubblico.
Il naturalismo assume un carattere nazionale. Il verismo assunse un carattere meridionale, regionale e dialettale.
La scapigliatura
La scapigliatura è un movimento letterario della seconda metà dell'800, che ebbe i suoi centri a Milano e Torino. Il termine, che deriva dal titolo del romanzo di Carlo Righetti, con lo pseudonimo di Cletto Arrighi, 'La scapigliatura e il 6 Febbraio' (1862). I suoi rappresentanti, oltre Arrighi, furono Praga, Tarchetti, Pisani, Dossi, Camillo e Arrigo Boito, Camerana e il pittore Cremona.
L'ambiente sociale in cui si colloca è quello della
nascente società industriale, della frenetica vita cittadina, in
cui è presente la contrapposizione tra una borghesia avida di denaro e
potere e la nascente classe operaia. In tale contesto l'intellettuale avverte
la necessità di allargare il raggio delle sue esperienze ed è
altrettanto consapevole d'avere perso il suo tipico ruolo di guida o
d'interprete del movimento sociale, che gli appare sempre meno razionale e
omogeneo e sempre più complicato e caotico. I suoi temi e gli atteggiamenti
di contestazione tradiscono il disagio di un ceto intellettuale che non
si riconosce più nei valori della cultura positivista, fiduciosa nelle
conquiste della scienza e del progresso. La società moderna, industriale
e di massa, appare in tutto il suo carattere alienante, vincolate alla legge
del successo e del profitto, ridotta ad una vita d'abitudine conformistica e di
ottusità.
Per questo il movimento polemizza contro la classe politica, ritenuta
indegna moralmente per la corruzione ed infedele ai grandi valori di
libertà e giustizia del Risorgimento, ma anche contro la letteratura
e l'arte, considerate lontane dalla realtà della vita e bisognose di una
totale rifondazione nei principi e nei metodi.
Si preferirono le tematiche della vita bruciata dal vizio e del rifiuto della normalità borghese, rifugiandosi nei drammi quotidiani della esistenza emarginata dei barboni e degli artistoidi delle periferie delle nuove metropoli industriali.
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