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L'ideologia
L'ideologia di Goldoni è stata definita 'illuminismo popolare', che critica ogni forma di ipocrisia e riconosce valore e dignità alle forme di espressione delle differenti classi sociali, in un'ottica terrena e laica.
Al fondo delle commedie noi avvertiamo la simpatia e la cordiale accettazione della sana morale del mondo borghese mercantile, tutta fondata :
- sulla schiettezza.
- sulla fedeltà alla parola data.
- sulla difesa della reputazione.
E avvertiamo :
- la fiducia nella ragione umana.
- la simpatia per l'« omo civil » che ispira le sue azioni alla ragione e alla natura e assume come metro di giudizio, non tanto la tradizione, quanto la propria esperienza e il buon senso.
- l'adesione alle idee democratiche e umanitarie del secolo.
- la presa di posizione a favore della borghesia laboriosa, contro la nobiltà oziosa.
Goldoni aspira ad un pacifico mondo razionale, accettando le gerarchie sociali, distinguendo i diversi ruoli della nobiltà, della borghesia e del popolo. Conscio dei conflitti che possono sorgere tra le varie classi, in una Venezia dove ormai più che la nobiltà conta la ricchezza, da spazio nel suo teatro al conflitto tra nobiltà e borghesia. Secondo Goldoni, un uomo si può affermare indipendentemente dalla classe cui appartiene, attraverso l'onore e la reputazione di fronte all'opinione pubblica( Ridolfo). Ogni individuo onorato accetta il proprio posto nella scala sociale e rimane fedele ai valori della tradizione mercantile veneziana: onestà, laboriosità, ecc.( infatti Eugenio ridiventa agli occhi del pubblico un personaggio positivo solo quando ritrova l'antica onestà, la fedeltà alla moglie, e il desiderio di ritornare al lavoro, smettendo di farsi ingannare da Pandolfo, farsi ingannare sui prezzi era a Venezia più che mai oltraggioso)
Nella bottega del caffé questo ruolo è interpretato da Ridolfo, che umile caffettiere, trova sicuramente la simpatia del pubblico ed è moralmente il protagonista della vicenda.
I borghesi assumono il ruolo centrale tra le varie classi sociali sulle scene goldoniane. I nobili appaiono senza valori(don marzio e il falso conte leandro). I servi, conservando la schematicità della commedia dell'arte( trappola che riesce a destreggiarsi tra nobili e padrone senza incorrerete nell'ira di nessuno), si segnalano per la gratuita intelligenza.
Ma l'illuminismo del Goldoni, « il suo spirito progressivo, la sua partecipazione attiva alle battaglie culturali e sociali del suo tempo ( più ancora che in affermazioni puntuali, nelle singole soluzioni che egli dà ai singoli problemi politici e sociali di allora; più ancora che nella satira - pur così ferina, così concreta, così storica, che fa della nobiltà del suo tempo ) è nella difesa che prende con fermo coraggio della borghesia veneziana, e nella sua piena adesione alla mercatura e ai mercanti.
Goldoni confida in quel saggio borghese buon senso, in quella rappresentazione sempre cordiale del mercante veneziano: con le sue virtù e con i suoi difetti, che tuttavia non negano certe sostanziali virtù e non distruggono, nello spettatore, cordialità e simpatia. Dovunque sia ambientata la scena, quali che siano i protagonisti e l'intreccio, quando da dietro le quinte entra in scena, a dire la sua, Ridolfo, è un soffio di sanità morale e di buon senso, è la voce di una umanità superiore, non per quelle virtù eroiche che Goldoni disprezzava sulla scena come nella vita, ma per quelle virtù quotidiane e medie che erano proprie della borghesia europea in quella fase della sua storia.
Nella forma poi soprattutto, nel fatto stesso, cioè, di sostituire alla commedia a soggetto, non solo plebeamente barocca, ma stilizzata ed astratta, la commedia scritta, borghese, realistica, in cui le classi borghesi, e più tardi quelle popolane, potessero entrare, non oggetto di riso, ma soggetto di una rappresentazione cordiale, con le loro virtù, con i loro difetti, con le loro passioni, con i loro contrasti, con i loro interessi: personaggi umanamente seri, per i quali quella commedia era il campo naturale d'azione, come la tragedia era stato il naturale campo d'azione per i personaggi mitologici ed eroici, nei quali potesse rispecchiarsi e idealizzarsi il primo stato, la nobiltà solo soggetto, fino allora, di un'arte seria.
Bisogna a questo punto tener presente la condizione particolare in cui lavorava Goldoni; che non è diversa dalla comune condizione dello scrittore e dell'artista del Settecento il quale, a differenza dello scrittore romantico che libera la sua ispirazione alto sopra il pubblico che disprezza e dal quale si sente incompreso(alfieri), lavora in accordo in una sostanziale armonia col mondo, l'ambiente, la società in cui vive, con l'occhio e la mente ad essi rivolti.
Ora è soprattutto in questo impegno a farsi interprete della borghesia progredita della sua età, il senso sociale e teatrale della riforma goldoniana; la quale, se si rifà inizialmente ai principi arcadici di ragionevolezza, buon gusto, semplicità, verosimiglianza, disciplina, se s'inserisce nella storia dei tentativi compiuti all'inizio del '700 per liberare la commedia dagli artifici, dalle grossolanità, dall'inverosimiglianza del teatro barocco, proprio nel rifiuto della tecnica improvvisatrice della vecchia commedia dell'arte e delle maschere fisse, in quanto incapaci di accogliere una reale sostanza di umanità, di incarnare uomini vivi, personaggi tolti dalla vita reale, dal Mondo, come diceva lo stesso Goldoni, rivela il suo carattere chiaramente illuministico, l'adesione del poeta ai gusti e alle esigenze della borghesia progressiva, aliena da ogni forma di evasione, tutta intesa alla serena costruzione della propria vita, compiaciuta di vedersi non già idealizzata o fatta oggetto di riso, ma realisticamente ritratta; attesta insomma l'impegno del commediografo a realizzare il programma illuministico di un'arte vera, concreta, tutta cose e non parole, nuova e democratica negli spiriti e nelle forme.
La bottega del caffè fu ideata e composta a Mantova nel 1750. Nella sua prima redazione, che fu anche quella rappresentata con successo in teatro, la lingua parlata da alcuni personaggi era il veneziano e ancora perdurava la tradizionale presenza delle maschere della Commedia dell'arte, nei personaggi del padrone della bottega, Brighella, e del suo servo, Arlecchino. Nel dare il testo alla stampa, Goldoni decise di mutare il veneziano in italiano ed eliminare le maschere, che furono trasformate rispettivamente in Ridolfo e Trappola.
Come sostiene lo stesso Goldoni nelle sue Memorie, prevenendo eventuali critiche alla mancata unità d'azione, la sua intenzione non era di voler rappresentare una vicenda ben precisa, ma di voler dipingere una piazzetta di Venezia e la vita delle persone che gravitavano intorno a essa. Ed ecco quindi che tutta la scena non è altro che uno scorcio di realtà portato in teatro: ogni spettatore dell'epoca avrebbe facilmente potuto riconoscersi, o ritrovare qualche suo conoscente, nei panni di uno dei tanti personaggi.
L'estrazione sociale che interessa all'autore è la piccola e media borghesia, che incarna la quotidianità, la ritualità di gesti e situazioni che si ripropongono in scena come nella vita vera. Non a caso tutto si svolge intorno alla bottega del caffé, luogo di ritrovo di avventori abituali e di passaggio, collocato al centro della scena come punto di fuga da cui si ha la visione di tutta la piazza e degli edifici che l'attorniano.
La commedia è chiaramente a lieto fine: tutto rientra nell'etica e nella morale comune, che vede trionfare il bene e punire il male. Interessante però è la chiusa, in cui in una specie di pubblico tribunale sono chiariti i malintesi provocati dalle maldicenze di Don Marzio, che quindi è accusato di calunnia, indiscrezione e spionaggio. Il gentiluomo che mai aveva messo in dubbio la bontà delle proprie intenzioni, come mai aveva contemplato l'idea di poter parlare o agire male, si vede costretto a riconoscere le proprie colpe e a partire da Venezia ciò è da ricollegare al sistema giuridico veneziano
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