1.
Biografia dell'autore:
Luigi
Pirandello nacque ad Agrigento nel 1867, da una famiglia nella quale era viva
la tradizione patriottica e garibaldina e che si era costruita, soprattutto per
merito del nonno paterno, una fortuna con l'estrazione e il commercio dello
zolfo. Dopo gli studi liceali a Palermo, si iscrisse alla facoltà di
lettere di Roma, ma, insoddisfatto dell'insegnamento che vi si impartiva, si
trasferì a Bonn, dove si laureò nel 1891 in glottologia. In
Germania, assecondando una passione rivelatasi precocemente, compose poesie e
altre ne scrisse e pubblicò quando rientrò in Italia ma
progressivamente la poesia divenne un fatto marginale, sentendosi egli attratto
prepotentemente dalla vocazione di prosatore, come narratore e come saggista, e
dall'amore per il teatro. Nel 1894 aveva sposato la lia di un socio del
padre, Antonietta Portulano, e il matrimonio, allietato dalla nascita di tre
li, fu poi sconvolto dal dissesto finanziario della ditta paterna e,
più gravemente, dalla malattia mentale della moglie. Per provvedere ai
bisogni della famiglia, lo scrittore assunse l'insegnamento della stilistica
nel magistero femminile di Roma. L'interesse più vero non andava
però alla teoria bensì all'attività creativa. Fu infatti
nei romanzi e nelle novelle che egli venne operando la dissoluzione dei modi
tipici del verismo, che, ancora evidenti nel romanzo L'esclusa (1901) e nelle
prime raccolte di novelle lasciano poi solo pallide tracce nei romanzi
successivi. Per l'impegno teatrale si distrasse in parte anche dalla narrativa.
Lasciò l'insegnamento e assunse la direzione del Teatro d'arte di Roma
(1925). Gli venne conferito il premio Nobel per la letteratura nel 1934. Alle
origini non solo del teatro ma di tutta l'opera letteraria di Pirandello sta la
sconfitta di una generazione, l'esperienza storica della piccola borghesia
(soprattutto meridionale) che aveva visto delusi dal nuovo Stato italiano
autoritario e burocratico i propri ideali di libertà e giustizia. I
motivi di un Mezzogiorno "tradito", di una precisa società storica
cristallizzata e soffocante sono talora espliciti; ma solo tendendo a un
discorso più generale, che incrimina insieme la natura e gli istituti,
lo scrittore siciliano è stato l'interprete di una crisi esistenziale,
non mai accettata con morboso compiacimento. Polemico verso l'idealismo
ottimistico, il vitalismo e il dannunzianesimo, lo spiritualismo consolatorio e
il pessimismo meramente sentimentale, Pirandello ha una posizione ben sua nel
clima del decadentismo irrazionalistico. Le ragioni ideali della sua polemica
sono esplicite, ma non riducibili a filosofemi; e quello per cui la sua opera
ancora s'impone è il concreto interesse per dei drammi umani e il
bisogno di scoprire una verità di natura né mistica né retorica al di
là delle apparenze e dei sofismi. Questo spiega la fortuna di Pirandello
nella letteratura del Novecento. La sua influenza su tutto il teatro moderno
fino al cosiddetto teatro dell'assurdo è innegabile, anche se bisogna
riconoscere che spesso delle sue verità è stato colto più
l'esterno che l'intimo: le forme esasperate della sua dialettica piuttosto che
le ragioni profonde della sua visione del reale. Morì a Roma nel 1936.
2. Macro-sequenze
Lo scandalo nelle due famiglie
La
famiglia Pentàgora era seduta a tavola che aspettava il ritorno di Rocco
per cenare,quella sera,dopo la disgrazia. Il padre era allegro,quasi
soddisfatto,di ciò che era accaduto e ripeteva che lui l'aveva predetto.
Quando Antonio Pentàgora, il padre di Rocco, se ne andò dalla
stanza rimasero Rocco e il fratello Niccolino,che dopo un po' gli
consigliò di andare da Bill,dall'inglese, perché fosse stato in
Rocco,lui avrebbe fatto un duello e così Rocco accolse il consiglio e
scese per le scale da Bill,nonostante fosse mezzanotte. Egli
dava,nel tempo libero, lezioni di scherma. Arrivato, Rocco disse al Madden,vero
nome dell'inglese, che aveva bisogno di lui, che doveva insegnargli la
scherma,perché aveva da fare un duello. Dopo, svegliarono l'inquilino che stava
al piano di sotto e così Rocco affermò che doveva andare da lui,
il Blandino, che gli avrebbe dovuto fare da testimonio. Sceso, confessò
al Blandino l'accaduto: sua moglie lo aveva tradito; aveva scoperto questo
sorprendendola che leggeva una lettera di quelle che l'Alvignani le gettava
dalla finestra. Uscito da quella casa, si sedette sugli scalini, guardando la
lettera, e poi pensando a quando ebbe il colloquio con Francesco Ajala, il
padre di Marta, sua moglie, in cui gli mostrava le lettere.
A casa
Ajala, Marta era stata accolta dalla madre Agata e dalla sorella Maria, e il
padre invece se ne voleva andare, poiché non accettava che la lia avesse
avuto un comportamento del genere. Allora la signora Ajala andò dal
marito,per cercare di dissuaderlo,ma senza un gran risultato: lui infatti
decise di tornare a casa, ma aggiunse che quella casa sarebbe stata la sua
prigione e che non ne sarebbe più uscito, lasciando la conceria in mano
al nipote di Agata, Paolo Sistri, che, accettato l'incarico, si recava ogni
sera a casa della famiglia Ajala per fare a Francesco il rapporto giornaliero.
Dopo
la caduta di decoro della famiglia Ajala, a loro si era riavvicinata una
vecchia amica di Agata, Anna Veronica, che si era lasciata sedurre da due
uomini, e l'ultima volta giunse lo scandalo poiché ella rimase incinta.
La morte nella famiglia Ajala e l'inizio della
disperazione
Una
mattina, poco prima di mezzogiorno,
a Marta vennero le doglie e fu chiamato un dottore, con la levatrice e
un'assistente. Presa dagli spasmi di dolore e dalla rabbia verso il padre, che
non vedeva più nessuno ormai e soprattutto ignorava colei che aveva
sporcato il nome della famiglia, andò alla sua camera bussando e
urlando. Poi, dopo che Marta fu ricondotta nel letto, Maria si accostò
alla porta della camera del padre e chiamò la madre per farle sentire un
rumore strano che proveniva da dentro. Dopo tre spallate la porta cedette e
così entrarono e videro Francesco Ajala bocconi sul pavimento e dopo un
urlo delle due donne, accorsero Anna Veronica e il dottore, che ordinò che
fosse chiamato un altro medico, che arrivò subito. I due fecero il
possibile, ma Francesco Ajala morì, dopo che ricevette l'estrema unzione
dal padre. Agata si era recata nella stanza della lia,dove era avvenuto il
parto. Il lio era però morto. Mentre le donne pronunciavano il
rosario, dalla strada si sentirono delle urla: Gregorio Alvignani era stato
proclamato deputato.
Dopo
il parto Marta stette circa tre mesi tra vita e la morte. Nel mentre Paolo si
faceva vedere sempre meno, infatti, nonostante le donne fossero ignare, la
conceria stava andando in rovina. Marta pian piano si andava riprendendo, con
l'aiuto di maria e Anna Veronica; prima che finisse maggio Marta potè
recarsi in chiesa con le altre tre donne. Ogni giorno ormai, dopo la guarigione
di Marta, lei si recava in chiesa e un giorno, mentre era con Maria,
incontrò un ragazzo che chiedeva l'elemosina e lei lo volle portare a
casa, dove la madre le disse che Paolo era scappato da due giorni e la conceria
era chiusa.
I Santi e la nuova maestra
Arrivò
come ogni anno il giorno dei santi Patroni del paese,che era tutto in festa.
Allora anche Marta e Anna Veronica scesero a ringraziare i santi e andarono in
chiesa, dove Anna Veronica vide Antonio Pentàgora, e Marta disse di aver
visto Niccolino. Uscite dalla chiesa tornarono a casa, e poco dopo uscirono
dalla chiesa anche i santi, portati dalla folla e appena questi,passando per le
strade, arrivavano sotto un balcone la folla si fermava, segno che qualcuno
d'indegno di guardare i Santi era affacciato al balcone. Così accadde
sotto il balcone dove stavano Marta e Anna Veronica; allora chiusero le imposte
e le finestre, rompendo anche un vetro. Questo fece arrabbiare ancor di
più la folla, inteso come segno di insulto, e così la testa d'uno
dei Santi fu sbattuta tre volte contro la casa.
Dopo
dei giorni, bussarono alla porta l'usciere accomnato da tre giovani
testimoni per fare l'inventario di tutto ciò che era in quella casa, e
Marta gli mostrò la casa stanza per stanza.
Dopo
Marta si rinchiudeva sempre in camera a studiare, cosa che fece meravigliare la
madre e la sorella, ma non Anna Veronica poiché sapeva cosa voleva fare:
avrebbe fatto gli esami per la patente. Lo disse una sera anche alle altre due
donne.
Il
giorno dell'esame Marta e la signora Agata si recarono a scuola, dove Marta
rimase con la lia della portinaia, l'unica delle sue vecchie comne che la
considerò e la trattò come una persona normale, e non con
disprezzo come fecero le altre. A Marta
fu promesso il posto di supplente in quella scuola, suscitando però il
malcontento di tutti i padri di famiglia per l'esempio che poteva dare alle
lie, che andarono subito a lamentarsi. Infatti dopo poco il posto promosso a
Marta sarebbe stato preso da un'altra. Nel frattempo, sapute le intenzioni di
Marta, scoppiò di rabbia, così una mattina si recò a casa
di Anna Veronica per dirle che lui non credeva a ciò che la gente diceva
di Marta, ma secondo lui quella era una pazzia e che se Marta non avesse fatto la
maestra, avrebbe pensato lui al sostentamento della famiglia e che lo faceva
solo per decoro e non per amore.
Appena
andato via Anna Veronica si recò a casa delle Ajala a raccontare tutto
alle donne e consigliò a Marta di scrivere un biglietto a Rocco ma lei
si rifiutò, così disse alla signore Agata che lei sarebbe potuta
andare dal Torchiara, ispettore scolastico. Lei acconsentì e quando
entrò vi trovò anche il Blandino. Dopo poco, se ne andò,
senza aver ottenuto nulla.
La vita a Palermo e l'incontro con l'Alvignani
Dopo
tre mesi Marta ricevette una lettera in cui vi era scritto che doveva recarsi
al Collegio, dove poi ottenne il posto. Nonostante la sua felicità,
questo non si rivelò come lo aveva immaginato: le colleghe la
rifiutavano e le alunne non la rispettavano. Un giorno, addirittura,
tornò a casa in lacrime. Il padre di una ragazza fece appello al
torchiara per cacciare Marta dalla scuola, il quale si accorse che la nomina di
lei a maestra portava danni anche all'Alvignani e così, dopo aver
parlato a lungo con il Direttore del Collegio che ,essendo nuovo, non conosceva
il passato dell'insegnante in questione, decisero di trasferirla. Dopo un mese
arrivarono due lettere dell'Alvignani, una per Marta e una per il Torchiara.
Con quella lettera egli annunciava a Marta il suo trasferimento in un istituto
di Palermo. L'unico rammarico per le tre donne era quello di lasciare Anna
Veronica. Si trasferirono in una casa che si trovava in una via che l'aveva
sempre rammentata il padre, così che il suo ricordo fosse presente anche
laggiù. Marta conobbe la direttrice del collegio che fu molto cordiale e
amorevole. Le tre donne conobbero anche gli inquilini del secondo piano, che
imitandoli Marta faceva sempre ridere la madre e la sorella. Così per un
po' di tempo la vita trascorse tranquilla e beata: Marta al collegio si trovava
molto bene. C'erano lì due colleghi, il Nusco e il Mormoni, che la
corteggiavano e un altro, il Falcone, con un aspetto quasi mostruoso, che le
incuteva quasi paura, sempre burbero. Mentre Maria e Agata vivevano nel
paesello con la serenità di molto tempo prima. Anche il Falcone
iniziò a corteggiarla. Infatti un giorno in cui pioveva, lui le nascose
l'ombrello, così che lui la potesse accomnare. Lei, titubante
acconsentì, ma per la strada, davanti alle poste, vide Rocco e il signor
Madden. Allora cercò di aumentare il passo, con il Falcone che le stava
dietro a fatica, con i piedi malfermi. Egli le chiedeva informazioni e lei non
gli rispondeva. Davanti casa lui le prese il braccio e lei gli urlò di
lasciarla e corse in casa. La mattina seguente il Falcone non si
presentò a scuola. Marta ricevette giorni dopo una lettera di Gregorio
Alvignani che diceva di essere a Palermo e la invitava ad una sua conferenza, a
cui Marta poi non andò. S'incontrò però dopo con l'Alvignani
e camminando parlarono. Arrivarono fino a casa di lui, e Marta vi entrò.
Arrivarono sul terrazzo, dove poi lei scoppiò a piangere e, dopo essere
rimasta abbracciata a lui, tornò a casa.
La morte di Fana e la decisione finale
I due
amanti si rividero, e Gregorio infine chiese a Marta se volesse andare con lui
a Roma, ma lei rifiutò. In questi tempi lei pensava dentro di se che la
sua unica speranza era quella di morire. Arrivò poi una lettera di Anna
Veronica in cui diceva che Rocco si era ammalato gravemente di tifo ed era un
caso di morte. Il giorno seguente Gregorio Alvignani incontrò a Palermo
il professor Luca Blandino; i due si recarono a casa di Gregorio per parlare di
Rocco e Marta. Il professore disse che Rocco voleva riconciliarsi con la moglie
e l'Alvignani disse che era l'unica soluzione e che sarebbe stato meglio per
tutti e aggiunse che era pienamente d'accordo. Quando il professore se ne fu
andato uscì dalla camera da letto Marta che aveva sentito tutta la
conversazione e di cui era rimasta offesa. Poi, mentre parlava con Gregorio,
gli disse che lui ormai l'aveva perduta; prolungarono la conversazione con lui
che cercava una soluzione a ciò che era il rimedio agli occhi di lei: la
sua morte. Quando poi Marta si accorse che era buio tornò in fretta a casa,ma per la
strada incontrò il falcone che la fermò. Le chiese da dove
veniva, chi era l'uomo dell'altra volta e mostrò la gelosia che provava;
poi egli si mise a urlare in mezzo alla strada "vendetta" contro la natura che
lo aveva reso così, e la folla lo prese per pazzo e lo fece ricoverare.
Marta si recò per l'ultima volta dall'Alvignani, dopo che la madre e
Maria appresero la notizia che Rocco voleva riconciliarsi con lei. Parlarono
ancora di una soluzione che non trovarono e Marta rimase dell'idea che la cosa
più giusta sarebbe stata la sua morta, finché non gli venne in mente di
scrivere al marito. Nella notte pensò alla lettera, decise cosa
scrivere, ma la mattina, appena sveglia non si ricordava più di niente.
Poi apprese dagli inquilini del piano di sopra che la madre di Rocco, che
abitava in quel palazzo, stava per morire. Così gli mandarono un
telegramma in cui scrissero di recarsi subito per quel motivo. Il giorno
seguente arrivò Rocco Pentàgora che rimase con Marta a vegliare
la madre; mentre erano insieme lui le chiese cosa aveva deciso, convinto che
sarebbe tornata con lui, ma lei gli rispose di no e i due discussero
animatamente sull'Alvignani, su cos'era successo prima e dopo.
In
seguito la madre di Rocco, Fana, morì. E rimasero soli Rocco e Marta,
per la notte, lì, a vegliarla.
3. I personaggi
Personaggi principali
-
Marta Ajala è una donna che viene ingiustamente accusata di tradimento
dal marito. Marta è la vittima dell'opinione popolare: tutte le sfortune
che si trova a dover affrontare sono causate dalle dicerie della gente. Dopo
tanto tempo trascorso come emarginata dalla società, la protagonista si
lascia sedurre da colui che tutti pensavano fosse il suo amante, e con quest'atto
lo diventa realmente.
-
Rocco Pentàgora è il marito che accusa la moglie di tradimento e
senza neppure chiedere spiegazioni la scaccia da casa. Il suo comportamento
può essere spiegato: da generazioni gli uomini della famiglia
Pentàgora vengono traditi, o credono di esserlo, traditi dalle proprie mogli,
e, in circostanze come quelle del romanzo, Rocco pensa immediatamente al
tradimento. Nonostante tutto Rocco ama ancora Marta e tenta in vari modi di avvicinarla
e di ricondurla a sé.
Personaggi
secondari
-
Antonio Pentàgora è il padre di Rocco. Questa ura paterna ha
la tipica personalità di chi ti rinfaccia le disgrazie che ti accadono
per non aver ascoltato i suoi consigli: esempio il consiglio dato al lio di
non sposarsi per evitare il tradimento, ormai caratteristico della famiglia
Pentàgora.
-
Agata Ajala è la madre di Marta. È una madre comprensiva e
gentile, che non ha mai creduto alla colpevolezza della lia.
-
Francesco Ajala è il padre di Marta. persona molto impulsiva, attaccata
ad oggetti di poco valore, non era avaro ed è attaccato a degli ideali
conservatrici.
-
Maria è la sorella minore di Marta. Nonostante sia cresciuta all'ombra
della sorella, Maria l'ammira molto e le è affezionata.
-
Anna Veronica è una cara amica della famiglia Ajala. È una
vecchia comna di Agata, e, nonostante le chiacchiere della gente, rimane
vicina alle tre donne e tenta di far riappacificare Rocco e Marta.
-
Gregorio Alvignani è "l'amante" di Marta. È colpa di una sua
lettera che la protagonista viene ripudiata dal marito ed esclusa dalla
società. Quando viene a sapere che Marta si trova a Palermo, si reca
immediatamente dal lei, utilizzando come scusa una conferenza da tenere nel
collegio dove lei insegnava. Cerca in vari modi di sedurla, ma quando capisce
che lei, in realtà, non lo ama, è ormai tardi: è rimasta
incinta. Prova allora, per il bene di Mata, a ricongiungerla con il marito.
-
Matteo Falcone è un insegnante del collegio di Palermo. Anche questo
personaggio è un emarginato dalla società, a causa della sua
bruttezza e dei suoi modi quasi "mostruosi". Si innamora di Marta e tenta, a
proprio modo, di conquistarla. Sia a causa del rifiuto e della sua condizione
mentale di respinto dalla gente, impazzisce e viene ricoverato.
-
Fana è la madre di Rocco. Anche lei era stata cacciata di casa dal marito
molto tempo prima ed era andata ad abitare in una pensione a Palermo. Marta
viene chiamata ad assisterla sul letto di morte, e viene fatto chiamare anche
il lio.
4. Lo spazio
Ambiente La storia è ambientata inizialmente nel paese in cui vive la protagonista,
poi si sposta a Palermo.
Funzione mimetica
Funzione focalizzatrice:
Funzione simbolica: 49
5. tempo e ritmo narrativo
Epoca:Gli eventi narrati non sono esplicitamente datati,
si possono collocare all'incirca verso la fine del 19° secolo o agli inizi del
20°.
Scena:
Sommario:
Pausa:
Ellissi:
6. il narratore
Il
narratore è onnisciente e racconta i fatti come uno spettatore esterno.
7. commento
Questo
libro è interessante. Nonostante la lentezza della parte iniziale,
scorre bene e invoglia il lettore a continuare. Il tema principale penso sia il
modo di agire degli altri. Marta è subito giudicata dal marito che la
caccia di casa, nonostante lei abbia respinto sempre il suo corteggiatore;
viene poi rifiutata dal padre, che, nonostante conscio della sua innocenza, da
ragione a Rocco. Si nota la mentalità dell'epoca: molto chiusa. Infatti
le donne di casa, ovvero Maria e Agata, sono sempre sottomesse e consigliano
questo comportamento a Marta; e durante la processione anche i paesani ne
approfittano per offendere lei. Marta è determinata a dare una vita
migliore alla madre e alla sorella dopo che sono cadute in miseria e credo che
questo sia anche un modo per ottenere un riscatto. Ma nonostante tutto, alla fine,
si concede a Gregorio Alvignani e questo penso che rappresenti in qualche modo
ad un'arresa, poiché ha fatto ciò di cui tutti la incolpavano. Credo che
Marta sia molto combattiva e che nel romanzo lo abbia dimostrato, combattendo
contro quelle che erano le tradizioni dei tempi e i giudizi degli altri, ma
alla fine dimostra di essere anche debole. E credo che,nonostante sia riuscita
ad ottenere delle soddisfazioni, non sia mai stata veramente felice, poiché non
trovava il suo posto in quella società.