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Il problema dell'emancipazione della donna nei confronti degli uomini è uno dei problemi più sentiti: le donne non in tutti i paesi del mondo hanno gli stessi diritti degli uomini, e, anche dove questo in parte avviene, ciò significa per la donna doversi sobbarcare maggiori responsabilità: il lavoro, le faccende domestiche, e i li, perché gli uomini in casa contribuiscono poco o addirittura per niente.
La condizione di inferiorità della donna è più evidente nei paesi del Terzo Mondo. In Afghanistan, a causa del regime dei Talebani, le donne dovevano indossare il burka (un lungo velo che lascia scoperti solo i piedi), non potevano andare a scuola o essere curate da medici di sesso maschile. Anche se adesso il regime dei Talebani è stato abbattuto, le donne indossano ancora il burka perché questo comportamento è tipico di buona parte della cultura religiosa musulmana. Negli altri paesi islamici le donne indossano il velo, o chador, perché per la loro tradizione è uno scandalo che le donne lascino completamente scoperto il viso o che per lo meno non si coprano il capo.
In questi paesi la donna occupa un ruolo di inferiorità anche nel mondo del lavoro: sono pochissime quelle che operano nel settore terziario o dell'industria, quasi inesistenti quelle che si danno alla politica; si occupano completamente della casa e dei li.
Nei paesi islamici non vengono giudicate alla stessa maniera le azioni compiute dalle donne e quelle compiute dagli uomini. Da ricordare, a proposito di questo, l'episodio delle due donne africane che hanno avuto un lio fuori dal matrimonio, perché violentate. Il governo dei loro paesi, di tendenza islamica, aveva deciso di punirle con la lapidazione. Grazie alla mobilitazione di molte associazioni internazionali e dei governi europei, la condanna per la prima donna è stata revocata, ma ciò non è avvenuta per la seconda, che è ancora in atto di esecuzione.
Gli uomini che hanno violentato le due donne sono stati scagionati e sono ora liberi.
Ciò che impone questa situazione è la religione islamica.
Ben più grave diventa però la situazione quando non è la religione ad imporlo, ma una vera e propria mentalità di sfruttamento della donna da parte dell'uomo.
In Africa la donna con il suo lavoro contribuisce ai 2/3 dello sviluppo agricolo del suo paese e ai 3/5 del commercio. La maggior parte del suo lavoro, tuttavia, viene perso perché questo si basa tuttora su metodi arretrati. La donna africana ha in mano il commercio: è lei infatti che baratta, vende, compera, sia nei mercati rurali che urbani.
La donna indiana in sei ore trasporta l'acqua necessaria per la famiglia, portando sul fianco, sul capo o sulla schiena, recipienti che contengono dai 10 ai 15 litri d'acqua. La donna indiana prepara il cibo per la famiglia, usando come combustibile lo sterco di bue essiccato, che emana un fumo altamente tossico. Gli uomini svolgono i compiti più gratificanti, come: l'aratura, la semina, la guida dei carri.
In Cina, nella società, la donna ha un ruolo d'inferiorità rispetto all'uomo. Per questo nelle camne è ancora in uso la pratica dell'infanticidio delle bambine nei casi in cui il primogenito sia di sesso femminile. Questa usanza è determinata dal fatto che il governo cinese ha posto il limite di un lio per coppia, allo scopo di limitare il numero delle nascite. Per cercare di attenuare questa pratica barbara, il regime si è visto costretto nel 1988 a consentire la nascita di un secondo e ultimo lio alle coppie il cui primogenito è una femmina.
Nei Paesi occidentali più sviluppati la situazione della donna è migliore, comunque questa nella maggior parte dei casi è costretta oltre che a lavorare, a dedicarsi alla casa e ai li. Le professioni che scelgono le donne sono: al I posto l'impiegata, seguono l'insegnante, la libera professionista, l'operaia, l'imprenditrice, la commerciante, la funzionaria. Tutti questi mestieri, comunque, lasciano più o meno metà giornata da dedicare alla casa e ai li. Gli uomini, invece, occupano cariche dirigenziali, fanno politica, svolgono professioni gratificanti o che permettono forti guadagni, soprattutto perché hanno tutto il tempo da dedicare all'attività lavorativa, non si occupano della casa e dei li.
Per risolvere questo problema della inesistente ura paterna, in Norvegia per un certo periodo fu lanciata un'iniziativa chiamata "divisione coniugale dei compiti", che consisteva nel trovare un lavoro agli uomini che li impiegasse solo metà giornata, e che quindi permettesse loro di rimanere il pomeriggio accanto alla moglie e ai li. L'iniziativa riscontrò, però, poco successo: su 25 famiglie a cui venne proposta la divisione coniugale dei compiti, solo 16 aderirono, perché per un uomo lavorare mezza giornata significava spesso a far carriera.
Come conseguenza di questa non uguale divisine coniugale dei compiti, sono i aumento i divorzi, perché le mogli sono stanche di doversi assumere tutte le responsabilità, vogliono anche loro un a propria vita ed una propria indipendenza.
Negli ultimi anni sono in calo anche i matrimoni: secondo lo studio di alcuni sociologi bolognesi questi sono il 3,89 per mille abitanti nel 1995, contro i 6,28 del 1978. Aumentano i rapporti di convivenza e le donne partoriscono sempre più in là con l'età. Dal 1978 al 1995 è cresciuta dai 17,26% al 38,75% la percentuale di donne che partoriscono tra i 35 e i 39 anni.
La situazione delle donne è quindi di inferiorità nei confronti degli uomini anche nei Paesi più sviluppati (anche se in forma minore rispetto ai Paesi del Terzo Mondo). Ciò, però, non è giusto: gli uomini e le donne devono avere pari diritti e pari doveri. Lo afferma la nostra Costituzione, che negli articoli 3, 37 e 51 dice che la donna lavoratrice deve avere gli stessi diritti, e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore maschio. Tutti i cittadini, senza distinzioni di sesso, possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.
Io penso che nessuno possa dire che sia giusto che la donna sia emarginata rispetto all'uomo. Nonostante tutto, molti uomini, anche se non lo dicono lo pensano, e sfruttano la donna importandosene di quello che dice la Costituzione o qualsiasi associazione che difende i diritti della donna.
Secondo me è bene che gli uomini inizino a capire che anche loro si devono assumere le loro responsabilità, perché un Paese non è civile se tutti i cittadini, indipendentemente dal sesso, non hanno gli stessi diritti.
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