L'umanesimo
è il primo momento del più vasto e complesso fenomeno
rinascimentale, sorto in Italia e diffusosi gradualmente nell'intera Europa,
dalla prima metà del sec. XV a tutto il XVI, coinvolgendo vaste sfere
del pensiero e dell'attività umana (filosofia, filologia, arte,
letteratura, scienze). L'u. fu preceduto fin dalla seconda metà del sec.
XIV da episodi isolati (Petrarca), tra i quali si
potrebbero includere il cosiddetto rinascimento carolingio
e i «ritorni» del sec. XII, che si sogliono definire col nome di preumanesimo, importanti e originali, certamente
fondamentali nell'accelerare il trapasso di tutto un sistema di vita e di
pensiero dal Medioevo all'etàmoderna. La
ricerca dei testi classici, lo studio del mondo greco-romano, la stessa indagine
filologica non costituiscono l'aspetto essenziale dell'u.,
ma ne sono elementi quasi secondari. L'essenza dell'u. sta nella consapevole
scelta di un ideale di vita realmente umana, liberata cioè dal mistico
terrore di una religione che molti umanisti sottopongono a una critica serrata,
propugnando il ritorno a un sereno anesimo. Altri invece, se non si
rifugiano in un ambiguo compromesso, anche per il timore di sanzioni
ecclesiastiche, tentano di conciliare l'esaltazione della mente umana con l'idea
di un Dio che è origine e traguardo ultimo di ogni travaglio dell'uomo
(Giannozzo Manetti, Poggio Bracciolini,
Tomaso Parentucelli, che sarà papa
Niccolò V, Enea Silvio Piccolomini, il futuro
papa Pio II, Guarino Guarini, Vittorino da Feltre). L'origine del termine u. è da ricercarsi
nella definizione data ai primi del Quattrocento dall'aretino Leonardo Bruni
(1370-l444) agli studi letterari (studia humanitatis),
in quanto adatti a formare una completa personalità umana. Del resto, la
definizione, insieme a quella di humanae litterae, proviene dai classici, quegli stessi ai quali gli
umanisti si rifacevano, scegliendoli come modelli da imitare. L'u.
allargò gli orizzonti aperti dai preumanisti
con la scoperta e la diffusione di nuovi codici e di nuovi autori, ma
soprattutto con la riscoperta del mondo greco, favorita da alcuni eventi
casuali. Nel 1395 era giunto a Venezia da Costantinopoli come ambasciatore lo
studioso bizantino Manuele Crisolora, che fu chiamato
da Salutati nel 1397 a insegnare il greco nello Studio fiorentino. Fondatori
del primo cenacolo umanistico di Firenze furono il teologo Luigi Marsili (ca. 1342-l394) e Coluccio
Salutati (1331-l406), seguaci di Petrarca. Fu proprio
Salutati a enunciare la formula programmatica dell'u. filologico del Quattrocento,
quando affermò che la sapienza e l'eloquenza sono le doti precipue
dell'uomo e che la poesia è al vertice dell'umano sapere. Partendo da
queste premesse, ebbe inizio una minuziosa ricerca dei testi classici, celati
in biblioteche private e nei monasteri, dei quali nel Medioevo si aveva
soltanto qualche arido elenco, e si intuì l'importanza di un
collegamento storico con l'antichità, nel tentativo di cancellare il
buio della lunga crisi provocata dalle dominazioni barbariche. Importante fu
soprattutto la convinzione di molti umanisti che non si dovesse imitare
pedissequamente quanto era stato fatto dai classici, ma che si dovessero
piuttosto ottenere modelli per creare nuovi valori. Tra i ricercatori e i
filologi che si distinsero in quel primo periodo vanno ricordati il siciliano
Giovanni Aurispa (1376-l459), Guarino Veronese
(1374-l460) e il fiorentino Poggio Bracciolini
(1380-l459). L'altro evento che favorì un successivo ampliamento
dell'orizzonte umanistico fu il sopraggiungere in Italia di numerosi studiosi
greci in occasione del concilio che si svolse a Firenze tra il 1438 e il 1439
per un tentativo di unione con la Chiesa orientale e, in seguito, dopo la
conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi (1453), l'arrivo di teologi e
poligrafi greci che cercavano asilo in Italia: il cardinale Giovanni Bessarione, Teodoro Gaza, Giorgio Gemisto (Pletone), Costantino Lascaris,
Demetrio Calcondila, il già citato Crisolora, che divennero maestri della cultura classica ed
ellenistica nelle accademie sorte a Firenze e Roma e presso alcune corti
italiane dove si manifestava il nuovo fenomeno del mecenatismo, non sempre per
puro amore del sapere, ma più spesso per desiderio di prestigio o per
creare uno schermo politico capace di attenuare le scontentezze di molti perla
perdita delle libertà civili. Il mecenatismo, se da una parte
favorì la creazione di opere d'arte di irripetibile splendore,
provocò anche il pullulare di opere volte soltanto all'adulazione e
destinate quindi a una morte precoce, come avvenne a Firenze coi Medici, a Roma
coi diversi pontefici, a Milano coi Visconti e gli Sforza, a Urbino coi Montefeltro, a Napoli con gli Aragonesi,
a Mantova con i Gonzaga, a Ferrara con gli Estensi, a
Venezia con la Serenissima. Firenze fu il centro maggiore dell'u. ai tempi di
Cosimo il Vecchio (1389-l464) e di Lorenzo il Magnifico: Cosimo fondò la
prima biblioteca pubblica in Italia (Laurenziana) e
preparò il terreno per la stupenda fioritura di artisti e di umanisti
che abbellì la signoria di Lorenzo. Marsilio Ficino
(1433-l499) fu interprete di Platone e capo dell'accademia che dal filosofo
greco prese il nome; Leonardo Bruni si interessò soprattutto delle
dottrine filosofiche e politiche di Aristotele e Giovanni Pico
della Mirandola cercò di conciliare la dottrina filosofica di Aristotele
con quella di Platone. Tuttavia, i filosofi del Quattrocento non si proposero
di cercare modelli dogmatici, piuttosto di ottenere un orientamento
problematico, sforzandosi di piegare la metafisica degli antichi maestri agli
insegnamenti della religione cristiana, intesa adesso come esaltazione dello
spirito. Verso la metà del Quattrocento si andò attenuando la
ripulsa manifestata da molti contro il volgare e contro le opere di autori come
Dante, Petrarca e Boccaccio.
Fra i difensori del volgare e di Dante va ricordato Cristoforo Landino
(1424-l498); inoltre, nel 1441, Leon Battista Alberti indisse un certame coronario che avrebbe dovuto
dimostrare le possibilità letterarie della lingua parlata: il contrasto
tra fautori del latino e quelli del volgare si trascinò per tutto il
sec. XVI, quando con Pietro Bembo la questione della
lingua venne ufficialmente aperta, con la proposta di amalgamare alla
vitalità del fiorentino l'imitazione dei classici. È un errore
però considerare l'u. un movimento esclusivamente letterario: le opere
in latino risentono tutte dell'imitazione (erano stati scelti a modello
Cicerone per la prosa, Virgilio per l'epica, Catullo e gli elegiaci per la
lirica) e raggiungono quindi nel migliore dei casi una certa perfezione
stilistica, in cui consiste un altro dei motivi propri dell'u.:
la ricerca formale di contro a quella didascalico-allegorica,
quindi contenutistica, degli autori medievali. Nella sua fase umanistica, il
Rinascimento affermò il valore della cultura intesa come impegno a
costituire una società di uomini liberi, tesi a difendere i valori
mondani: dai primi umanisti, come Salutati, Bruni e Bracciolini,
che ricoprirono la carica di cancellieri della Repubblica fiorentina, fino a Machiavelli e a Guicciardini,
l'evolversi degli ideali umanistici manifesta chiaramente la ferma
volontà degli uomini del Quattrocento e del Cinquecento di stabilire un
primato della vita attiva su qualsiasi reliquia di ascetismo medievale, e
spesso anche contro il litteratum otium
che era stato caro a Petrarca e a Boccaccio.
Le stesse iniziative prese da principi e da pontefici ne sono un segno: basta
ricordare la fondazione della Biblioteca Vaticana da parte di Niccolò V
(1397-l455) e quella dell'Accademia romana da parte di Pomponio Leto
(1428-l497) con scopi letterari e archeologici, nello stesso ambiente al quale
appartennero Lorenzo Valla (1407-l457) e Flavio Biondo (1392-l463) - l'uno
codificatore della retorica ciceroniana, l'altro
iniziatore della storiografia umanistica. A Napoli Alfonso il Magnanimo
fondò la prima biblioteca in Italia che aveva bibliotecari regolarmente
stipendiati e AntonioBeccadelli, detto il Panormita (1394-l471), fondò, insieme a Giovanni Pontano che le diede il nome, l'Accademia Pontaniana. Nello spirito umanistico operarono grandi
personalità, da Sannazaro a Boiardo, a Pulci, a Poliziano, allo stesso Lorenzo il
Magnifico; ma il nuovo mondo morale, spirituale, culturale trionfò nel
secolo successivo. Intanto il seme del rinnovamento era già stato
gettato anche al di là dei confini: in Germania con Niccolò Cusano (1401-l465), Rudolf
Agricola (1443-l485), Johannes Reuchlin
(1455-l522), Erasmo da Rotterdam (1466-l536); in Francia con Jacques Lefèvre d'Étaples (ca. 1450-l537), Pietro Ramo (1515-l572), Enrico Estienne (1531-l598); in Inghilterra con Thomas More (Tommaso Moro, 1478-l535); in Sna con Juan Luis Vives
(1492-l540), i pionieri della filologia e del pensiero moderni.