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Manzoni, Alessandro
INTRODUZIONE Manzoni, Alessandro (Milano
1785-l873), scrittore italiano. Era lio del conte Pietro Manzoni e di Giulia
Beccaria, lia del grande giurista Cesare Beccaria, la quale nel 1782 si
separò dal marito per poi (1795) stabilirsi a Parigi con Carlo Imbonati,
lo stesso a cui Giuseppe Parini aveva dedicato l'ode L'educazione.
Manzoni studiò presso i padri somaschi e i padri barnabiti e si
avvicinò al pensiero degli illuministi. Le sue idee giacobine e
anticlericali trovarono espressione in Il trionfo della libertà
(1801), poemetto che celebra la sconfitta del dispotismo e della superstizione
per opera della libertà portata da Napoleone con
DAGLI INNI SACRI ALLE TRAGEDIE Nel 1808 Manzoni
aveva sposato con rito calvinista la giovane (16 anni) ginevrina Enrichetta
Blondel, la cui fede aveva indotto Alessandro ad approfondire il problema
religioso. Il 1810 segna il definitivo approdo della famiglia Manzoni al
cattolicesimo: Enrichetta, sotto la guida del padre Degola, abiurò il
calvinismo e Alessandro abbandonò le posizioni deiste per aderire
pubblicamente alla religione cattolica. La conversione religiosa si ripercosse anche
nelle scelte letterarie: Manzoni abbandonò gli schemi neoclassici e
cercò altre strade espressive, a cominciare dalla prima opera successiva
alla conversione, gli Inni sacri, con i quali intendeva celebrare le
principali festività dell'anno liturgico e insieme offrire un esempio di
lirica nuova, che sarà di tipo corale e oggettiva (nel senso che il
punto di vista è quello collettivo dei fedeli, mentre il tema è
legato a una realtà storica oggettiva, la storia del cristianesimo).
Inizialmente gli inni dovevano essere dodici, ma ne furono composti solo
cinque:
L'interesse di Manzoni per la tragedia è connesso alla lettura di Shakespeare, di Goethe e di Schiller, e, in accordo con l'avvio delle polemiche romantiche, Manzoni elaborò l'idea di una tragedia di ampie dimensioni storiche e di valore universale, capace di destare una nuova coscienza etico-storica. Cominciò con Il conte di Carmagnola (1820), tragedia accomnata e pubblicizzata dalle polemiche letterarie a seguito dell'abbandono delle unità aristoteliche di tempo e di luogo. Questa tragedia, che si avvale del coro - momento di meditazione lirica, inteso come spazio riservato alla riflessione etico-storica dell'autore - propone un episodio della guerra tra Milano e Venezia nel XV secolo e denuncia la violenza e la cecità della ragion di stato. La seconda tragedia, Adelchi (1822), è di materia medievale e ha una struttura più complessa e aperta, anche se contrappone in modo assolutamente netto, per la rigidità imposta dal genere, gli 'eroi della forza' e gli 'eroi della fede'. Il tema è la fine della dominazione longobardica in Italia e la sconfitta del re Desiderio a opera di Carlo Magno. Particolarmente significativi sono i cori (in realtà due liriche) in cui Manzoni affronta il tema politico della libertà che non può non essere conquista degli italiani, e il tema della 'provvida sventura', centrale nel successivo romanzo. La stesura dell'Adelchi fu accomnata da un'approfondita ricerca storico-documentaria sulla dominazione longobardica in Italia, pubblicata col titolo di Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia (1822).
Nel periodo
compreso tra la stesura delle due tragedie, Manzoni aveva anche affrontato nodi
teorici sul teatro e sulle sue scelte in un testo importante, scritto nel 1820
e pubblicato, dopo la revisione dell'amico Fauriel, nel 1823: si tratta della Lettre
à M. Chauvet sur l'unité de temps et de lieu dans la tragédie, in
cui giustifica il rifiuto delle unità classicistiche di tempo e di luogo
e riflette sul rapporto tra veridicità storica e funzione morale della
letteratura. In precedenza, nel 1819, aveva scritto le Osservazioni sulla
morale cattolica (elaborate fino al 1855) che, a parte le ragioni
ideologiche, sono un prezioso documento della sensibilità psicologica
del Manzoni. Successiva, del 1823 (ma pubblicata solo nel 1846), è
Manzoni si
provò anche nella lirica civile. Ricordiamo Marzo 1821, un
esempio di ballata romantica centrata sull'attualità politica (i moti
patriottici di quell'anno), e Il cinque maggio (1821), un testo intenso
e insolitamente appassionato che si presenta quale grande esempio di come
IL ROMANZO La scrittura lirica e quella tragica si erano rivelate troppo condizionate, sul piano linguistico, dalla tradizione e incapaci di offrire una scrittura 'popolare', secondo le ambizioni romantiche, e di catturare un pubblico 'nazionale'. Da qui la scelta di un genere letterario romantico, capace di fare presa su un largo pubblico, e la lunga costruzione di una prosa di tono medio e di ambizione nazionale. A ciò contribuì anche la suggestione dei romanzi di Walter Scott e in particolare dell'Ivanhoe, ma anche la lettura dell'Historia patria del milanese Giuseppe Ripamonti.
La storia della
costruzione dell'unico romanzo di Manzoni si protrasse per più di un
ventennio. Una prima redazione, sconosciuta fino al 1915, che prese il nome di Fermo
e Lucia, occupò il periodo tra il 24 aprile 1821 e il 17 settembre
1823. Subito dopo l'autore passò a una ristrutturazione del materiale
(con eliminazione delle parti attinenti alla riflessione sul romanzo e sul
lavoro letterario) e, attraverso il titolo provvisorio di Sposi promessi,
arrivò al titolo definitivo, I promessi sposi, e alla prima
edizione a stampa (in tre tomi) realizzata tra il 1825 e il
Ragioni familiari e
di salute ritardarono fino al 1840-l842 la seconda edizione, quella definitiva;
uscita a dispense, recava un nuovo sottotitolo, Storia milanese del secolo
XVII scoperta e rifatta. In appendice alla seconda edizione venne
pubblicata, in edizione ampliata rispetto all'originaria Appendice,
Il romanzo, ambientato nei dintorni di Lecco, a Milano e nel Bergamasco, negli anni tra il 1628 e il 1630, presenta la struttura tradizionale dell'amore contrastato di due giovani che, dopo una serie di peripezie, riescono a sposarsi. Mancano gli elementi erotici e l'avventura è essenzializzata; in compenso il romanzo si colloca entro un sistema di valori etici e religiosi molto forti e dentro una realtà sociale e storica carica di elementi negativi (la storia come luogo del male e della 'prova'), ma anche capace di rivelare nuove ure sociali (l'operaio-contadino intraprendente e capace di costruirsi un nuovo avvenire: Renzo padrone della filanda) che hanno a che fare con gli orizzonti sociali dell'Ottocento e, indirettamente, col Risorgimento. È il romanzo dei rapporti di forza nella storia, il romanzo del male e della sofferenza collettiva e individuale nella storia, ma è anche il romanzo del riscatto dell'individuo e della natura decaduta (ne è emblema la vigna di Renzo) che si salva. Insomma un grande esempio, materiato di storia, di come Dio agisce e conferisce senso al dolore. Ma la grandezza dell'opera sta soprattutto sul piano linguistico: con I promessi sposi Manzoni dette all'Italia l'istituto di una lingua nazionale, svolgendo un ruolo analogo, sul piano culturale, a quello che altri svolsero sul piano politico attraverso il compimento dell'unità d'Italia. Resta il fatto che la lingua di questo romanzo è diventata la lingua dei dizionari e delle grammatiche, oltre che un modello per gli scrittori successivi (col fenomeno del manzonismo), e ancora nel Novecento (con Riccardo Bacchelli). E siccome Manzoni, nel raccontare la sua storia, si fece per così dire occhio di Dio, visse con particolare scrupolo il problema della verità storica fino al punto, prima, di rinnegare sul piano teorico l'esistenza del romanzo storico (Del romanzo e in genere de' componimenti misti di storia e di invenzione, 1845) e poi di cercare una soluzione psicologicamente rassicurante nel dialogo filosofico Dell'invenzione (1850), in cui giunse a negare il concetto stesso di 'invenzione'.
GLI SCRITTI LINGUISTICI A margine del percorso verso l'edizione definitiva dei Promessi sposi, Manzoni sviluppò una serie di riflessioni teoriche sulle questioni linguistiche, consegnate nel trattatello Sentir messa (pubblicato solo nel 1923) e nel vasto trattato Sulla lingua italiana, con cinque redazioni, ma rimasto incompiuto. In vari scritti difese l'unità linguistica italiana centrata sul fiorentino: nella relazione al ministro della Pubblica Istruzione Emilio Broglio, intitolata Dell'unità della lingua e dei mezzi per diffonderla (1868), che costituì la base della politica linguistica e scolastica dell'Italia nel secondo Ottocento; e negli scritti Lettera intorno al libro 'De vulgari eloquio' di Dante Alighieri, Lettera intorno al vocabolario (anche questi del 1868) e Lettera al marchese Alfonso della Valle di Casanova (1871).
GLI ULTIMI ANNI Nel 1860 Manzoni fu
nominato senatore da Vittorio Emanuele II, e in questa veste partecipò
alla proclamazione del Regno d'Italia; nel 1864 votò a favore del
trasferimento della capitale da Torino a Firenze e, liberata Roma,
accettò la cittadinanza del Comune laico (1872). La sua vita fu segnata
da grandi dolori: la morte di Enrichetta (25 dicembre 1833), della seconda
moglie Teresa Borri (1861) e di ben otto dei dieci li. Per la sua morte
Giuseppe Verdi compose
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