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Odissea
Il proemio e l'isola di Calipso
Narrami, canta mia musa dell'eroe dalle mille risorse,che viaggiò molto, dopo aver distrutto la sacra Troia: scoprì i pensieri e le città di molti uomini, il suo animo soffrì parecchio sul mare, per guadagnarsi la vita e il ritorno dai suoi comni.
Non riuscì a salvare neanche i suoi comni pur desiderandolo: e il loro sacrilegio li rovinò, ignoranti, che mangiarono i buoi di Helios Iperone, ed egli gli tolse la possibilità di tornare in patria.
Musa, racconta anche a noi questa vicenda, iniziando da dove desideri, o dea lia di Zeus.
Tutti gli altri che sfuggirono alla morte erano a casa, scampati alla guerra ed al mare: lui solo che desiderava tornare e rivedere la sposa, era trattenuto dalla linfa Calipso, splendida fra le dee, nelle grotte profonde, che desiderava averlo come sposo.
Subito legò ai piedi i divini e bei sandali, immortali, d'oro, che lo facevano volare, sul mare, sulla terra infinita, con la forza del vento.
Prese il bastone: che incanta gli occhi degli uomini che vuole, e altri che dormono , invece li sveglia. Con il bastone in mano, il forte Ermes volò. Disceso sulla montagna vicino all'olimpo: poi si lanciò in mare come un uccello, come un gabbiano che scende fino a bagnare le forti ali nell'incurvatura delle onde spaventose del mare, che per contrasto con la terraferma viene definito sterile, bagna d'acqua salata le forti ali in caccia di pesci: simile al gabbiano, Ermete si inoltrò su molte onde. Ma quando raggiunse Ogigia, che era lontana, lasciò il mare viola e di diresse verso la terra, finché arrivò alla grande caverna naturale, nella quale abitava Calipso dai riccioli belli: la trovò che era in casa.
Sul focolare ardeva un gran fuoco, si sentiva lontano per l'isola l'odore di legni aromatici e resinosi, che bruciavano: lei dentro, con la sua bella voce cantava movendosi davanti al telaio, tesseva con il dorato strumento per tessere.
Un bosco florido cresceva intorno alla grotta: l'ontano, il pioppo e il cipresso che profumavano.
Uccelli con grosse ali avevano il nido in quei luoghi: gufi, sparvieri e corvi di mare che non smettevano mai di ripetere il proprio verso, che amano cacciare in mare. Attorno alla grotta profonda, si innalzava vigorosa una vite, ed era ricoperta di grappoli. Quattro fonti sgorgavano in fila con l'acqua trasparente, attaccate tra loro, ma rivolte in parti differenti.
Intorno c'erano morbidi prati pieni di viole e di sedano. Arrivato in quel luogo, anche un dio avrebbe guardato stupito, e gioioso nell'animo suo. Si fermò per ammirare il messaggero Ermes.
E, dopo aver completamente visionato, subito entrò nella grande grotta naturale: di fronte, osservandolo, non ebbe dubbi Calipso, chiara fra le dee, perché il dio può nascondesi all'uomo ma non ai suoi simili, neanche se abitano in luoghi lontani tra loro. Non trovò l'afflitto Odisseo: seduto sulla riva, disperato, lacerandosi l'animo con lacrime, lamenti e sofferenze, per non poter riprendere il viaggio per Itaca. Chiese Calipso, chiara tra le dee, ad Ermes, dopo averlo fatto sedere sullo splendido trono lucente: "Perché sei venuto, Ermes dal bastone dorato, onorato e caro? Non sei venuto quasi mai in passato. Di' quel che hai in mente: l'animo mi dice di fare cio' che hai in mente e stai per dirmi. Ma seguimi oltre, affinché possa offrirti qualcosa da mangiare".
Detto così, la dea gli pose dinanzi una tavola colma di cibo e gli versò una bevanda. E beveva e mangiava Ermes.
< Così anche ora, o dei, invidiate che da me vi sia un uomo. Ma fui io a salvarlo aggrappato alla chiglia, solo, quando Zeus aveva colpito la nave con un fulmine e il solo Odisseo si era salvato aggrappato al fondo dell'imbarcazione. Allora tutti gli altri comni valorosi perirono, e la forza del mare lo spinse fin qui. Costui io l' ho accolto e nutrito, e pensavo di farlo immortale con una dieta di ambrosia e nettare. Ma poiché un altro dio non può trasgredire o rendere inutile un pensiero di Zeus che ha lo scudo chiamato "egida", Odisseo può andare pure in malora, se Zeus lo spinge comandando, sul mare mosso. Io certo non posso aiutarlo: non ho navi con remi e tanto meno comni che lo scortino sulla grande superficie del mare.
Invece gli darò semplicemente consigli, senza sottrarli alla vista, cosicché arrivi salvo nella sua terra>
Allora il messaggero di Ermes le disse: "Lascialo andare dunque,così; e temi Zeus, che altimenti diverrebbe cattivo".
Dopo aver parlato il forte Arghifonte partì: lei si recò dall'animo grande e nobile di Odisseo, dopo aver udito il messaggio di Zeus. Lo trovò seduto sul lido: gli occhi di Odisseo non erano mai asciutti di lacrime, passava la vita in opposizione all'amara condizione dei morti, piangendo il ritorno, perché ormai si era stancato della convivenza forzata con la ninfa.
Odisseo la notte dormiva ugualmente, anche per forza, nelle cave spelonche, ma senza voglia, con la ninfa che invece lo desiderava; ma il giorno, seduto sugli scoglie e sul lido, rovinandosi l'animo con lacrime, lamenti e dolori, guardava piangendo il mare, che non gli permetteva il ritorno ad Itaca. Dritta al suo fianco iniziò a parlare, Calipso, chiara fra le dee: "Infelice non starmi qui a piangere ancora, non rovinarti la vita: ti lascerò partire volentieri.
Ma su taglia dei grossi tronchi con l'ascia di bronzo e costruisci una zattera larga, sui bordi alza delle fiancate come riparo dalle onde, perché ti porti sull'oscuro mare. Ti darò in abbondanza del cibo, acqua e vino rosso, cosicché tu non abbia problemi di fame, ti darò dei vestiti; ti invierò dietro un vento, perché tu possa raggiungere sano e salvo la tua terra, se gli dei che hanno il vasto cielo lo desiderano, che quando pensano e agiscono sono più potenti di me".
Così disse: rabbrividì il paziente Odisseo che gli disse gentilmente: "Tu hai in mente un altro scopo, la vendetta, che mi spingi a varcare il grande abisso del mare, terribile e pericoloso, con una zattera: ma neanche le navi costruite perfettamente, veloci, che godono del vento di Zeus, lo attraversano.
Io non partirò in una zattera contro la tua volontà, se non sei d'accordo a giurarmi, o dea, il giuramento solenne che non mediti un'altra azione cattiva nei miei confronti".
Calipso disse sorridendo, chiara fra le dee, lo accarezzo con una mano e gli rivolse la parola: "Sei davvero un furfante e non pensi da sciocco: che discorso hai pensato di farmi !
Il giuramento in nome del cielo, della terra e dello Stige, è quello più solenne anche per gli dei, che non medito un'altra azione cattiva nei tuoi confronti.
Ti darò i consigli che seguirei io stessa, se fossi in questa situazione: perché anch'io ho buoni consigli, e nel petto non ho un cuore di pietra, ma un cuore sensibile".
Poi dopo aver mangiato e bevuto abbondantemente, tra essi cominciò a parlare Calipso, chiara fra le dee: " Divino lio di Laerte, Odisseo pieno di risorse, e così vuoi ora partire per casa, subito, nella cara terra dei padri? E tu sii felice, comunque.
Ma se tu sapessi quante pene ti è destino sopportare prima di arrivare a casa, qui resteresti con me ad abitare in questa casa, e saresti immortale, benché voglioso di vedere tua moglie, che desideri ogni giorno. Eppure sono orgogliosa di non essere inferiore a lei per aspetto fisico, perché non è giusto che le mortali gareggino con le immortali per aspetto e beltà".
Rispondendo le disse il furbo Odisseo: " Dea possente, non ti arrabbiare per questo con me, lo so bene anch'io, che l'intelligente Penelope a vederla è inferiore a te per beltà e altezza: lei infatti e' mortale, e tu immortale e senza vecchiaia. Ma anche così desidero e voglio ogni momento giungere a casa e vedere il giorno del ritorno.
E se un dio mi farà naufragare sul mare oscuro come il vino, saprò sopportare, perché ho un animo paziente dentro: ho sopportato tante sventure e tante sofferte tra il mare e le guerre: anche questa sciagura si aggiunga alle altre".
Odisseo finì di parlare, il sole calò e sopraggiunse la tenebra: e i due andarono nella grotta, godendo l'amore giacendosi insieme.
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