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Relazione del romanzo
Marco e Mattio
di Sebastiano Vassalli
Sebastiano Vassalli è nato a Genova nel 1941 ma fin da piccolo ha vissuto a Novara. Tra gli anni '60 e '70, nei quali ha svolto attività di insegnante (è laureato in Lettere con una tesi sull'arte contemporanea e la psicanalisi), ha partecipato, anche come pittore e fondando riviste quali "Ant. End." e "Pianura", alle vicende della cosiddetta neoavanguardia - nell'ambito del Gruppo '63 - con alcune prose sperimentali e con plaquette poetiche. Rispetto a queste esperienze giovanili, Abitare il vento del 1980 segna un distacco e una svolta. Il protagonista, come nel successivo Mareblù, si sente incapace di cambiare il mondo con metodi trasgressivi e rivoluzionari. Vassalli cerca quindi nuovi personaggi e una dimensione esistenziale anch'essa pura, come la fanciullezza, che è al centro della ricerca delle origini della società odierna nel romanzo L'oro del mondo, ambientato nel dopoguerra. L'investigazione letteraria delle radici e dei segni di un passato che illumini l'inquietudine del presente e ricostruisca il carattere nazionale degli italiani è approdata prima al Seicento con La chimera, un successo editoriale del 1990, poi al Settecento di Marco e Mattio, uscito l'anno dopo.
A Zoldo, un paese del Bellunese, nasce Mattio, lio del ciabattino del paese. Nella sua vita, Mattio si incrocia piú volte con un personaggio misterioso, Marco. Egli fa la sua sa a Zoldo in una mattina primaverile del 1775. Il giovane Lovat e il suo amico Pietro stringono subito amicizia con il forestiero che dice di essere un sacerdote tedesco, teologo e appassionato di scienze naturali. Escluso dalla gente del villaggio, don Marco, così si faceva chiamare il misterioso arrivato, trascorre tutto il tempo con i due ragazzini, raccogliendo erba, insetti e minerali utili per i suoi studi. La sera di capodanno, però, poco prima dei festeggiamenti, don Marco sparisce misteriosamente e la sua partenza improvvisa coincide con un delitto scabroso ai danni di una giovane ragazza. I sospetti, ovviamente, cadono sul sacerdote e anche Mattio dubita della sua integrità fino a quando don Marco non gli apparirà in sogno per salvarlo dal primo attacco di pellagra, male che affliggerà il ciabattino per tutta la sua vita. Dalla miracolosa guarigione trascorreranno molti anni prima che Marco e Mattio possano incontrarsi di nuovo. Nel frattempo, Mattio cresce, diventa un bravo ciabattino, si innamora, non corrisposto, di Lucia, si maledice per l'esperienza omosessuale avuta con il suo amico Michiele.
L'evento più importante nella vita del giovane zoldano è l'incontro con don Tommaso, un frate che predica la venuta dell'Anticristo e che spinge Mattio alla follia.
Infatti, affetto nuovamente dalla pellagra, che lo porta ad avere pochissimi momenti di lucidità, Mattio si convince di dover salvare il mondo e tenta di autocrocigersi, identificandosi con Cristo. Purtroppo o per fortuna, il giovane non riesce nel suo tentativo e viene rinchiuso in un manicomio, dove, poco prima di morire in preda al delirio, rivedrà di nuovo don Marco.
Nel romanzo è presente una protesta senza speranza, che viene insinuata qua e là nei confronti della realtà di oggi, a testimoniare come i tempi cambiano ma il mondo procede sempre nello stesso modo, con tutti i suoi matti, e con tutte le persone 'normali', generalmente più grottesche dei matti e spesso piú terrificanti di loro.
La vicenda è collocata cronologicamente nel periodo del dominio di Napoleone, e ambientata principalmente nella cittadina di Zoldo, anche se l'itinerario di Mattio lo porterà a Venezia e poi nell'isola di San Servolo, in uno dei primi manicomi d'Europa.
Marco e Mattio sono, a mio parere, due personaggi antitetici.
Mattio è una persona apparentemente equilibrata, ma in realtà dentro di sé cova una volubilità mentale (dovuta anche alla sua malattia, la pellagra) che poi si manifesterà in seguito, stimolata dalle ossessioni del frate Tommaso, nel tentativo di autocrocefissione. Mattio è in fin dei conti un protagonista perdente, che non riesce a portare a termine i suoi ideali, se pur folli, e viene rinchiuso in un manicomio.
Marco è un personaggio alquanto ambiguo, ma io penso che sia soltanto una proiezione delle ombre mentali di Mattio, un'immagine creata dal suo subconscio per i deliri della "malattia della fame". L'esagerata e autolesionista bontà di Mattio si rispecchia nella lucida malvagità di Marco anche se entrambi, in fin dei conti, sono solamente vittime della storia.
Un altro personaggio molto importante nella vicenda è il frate sopranista Tommaso, che fu castrato per poter eccellere nella sua arte, senza però ottenere il successo a causa della propria instabilità mentale; nei suoi deliri predica la venuta dell'Anticristo spingendo così Mattio ancor più verso la follia.
Michiele è un ragazzo che lavora insieme a Mattio, ma credo che, simbolicamente, questo assuma la ura del tentatore, colui che vuole allontanare il protagonista dal suo fermo credo cattolico.
Lucia è la ragazza di cui si innamora Mattio, senza però essere corrisposto; quando lei si sposa con un nobile bellunese, il ragazzo si accorge che la sua omosessualità si fa sempre più forte, restandone molto turbato.
La storia di Mattio Lovat si conclude nel manicomio: lì incontra Marco, che lo abbandona scappando dal manicomio, quindi Mattio, avendo perso entrambe le sue ragioni di vita, i suoi ideali e il fantomatico don Marco, si lascia morire di fame; nell'8 aprile 1806 il protagonista muore, ma in fondo non sembra essere morto invano: a partire da quel giorno incominciò il declino di Napoleone Bonaparte, in cui Mattio aveva visto l'incarnazione del male, l'Anticristo.
Gli usi linguistici sono comprensibili e la lettura è scorrevole, il dialogo è presente in modesta quantità, ma prevale l'elemento descrittivo.
Il narratore non compie un intervento diretto, ma la sua opinione si può percepire leggendo il romanzo: la vita e le persone sono sempre le stesse, nonostante i tempi cambino.
Questo romanzo è una storia complessa e turbata, vissuta dai personaggi in modi molto diversi, da Mattio con impeto passionale e delirante, da Marco in modo freddo e distaccato. E' inoltre la storia di un "matto" , visto con benevolenza da parte dell'autore, e del "normale", una persona ambigua presente nella vita di Mattio, ma tuttavia distaccata dalla realtà. Questa lettura può impressionare molte persone: mi ha suscitato delle perplessità senza tuttavia turbarmi particolarmente.
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