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SCHEDA DI LETTURA - Cesare Pavese, La luna e i falò

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SCHEDA DI LETTURA


Autore: Cesare Pavese (1908-l950)

Titolo: 'La luna e i falò'

Luogo e data di edizione: Torino, Aprile 1950



Casa editrice: Einaudi


Narratore: Il romanzo è narrato in prima persona, abbiamo quindi un narratore interno. La focalizzazione è interna e fissa, poiché è riportato rigorosamente il punto di vista del protagonista, di cui, durante la lettura, non si riesce a scoprire il vero nome, ma solo un soprannome.


Trama dell'opera: La vicenda, ambientata nelle Langhe torinesi, racconta del ritorno di Anguilla, soprannome del protagonista, di cui per altro non viene mai fatto il vero nome, al paese in cui aveva trascorso l'infanzia: Santo Stefano Belbo.

Anguilla ha lasciato il suo paese pressappoco all'età di venti anni prima per lavorare a Genova e poi in America, dove si è dovuto recare per sfuggire all'ordine di cattura sopraggiunto per aver frequentato un gruppo di congiuranti comunisti. A Santo Stefano trascorre due settimane di vacanza, nell'albergo nella piazza del paese, tempo che trascorre in gran parte con Nuto, un vecchio amico, con cui rievoca alcuni episodi della passata gioventù.

Anguilla non ha radici perché è un trovatello, è quello che dalle sue parti viene chiamato 'bastardo', ma viene accolto da una famiglia di contadini che riceve in cambio del denaro dal comune per il suo sostentamento. Vive e lavora duramente da bambino nel podere di Gaminella di proprietà dei suoi genitori adottivi, la Virgilia e il Padrino, che hanno altre due lie, Angiolina e Giulia. Poi una volta che la Virgilia è morta e il Padrino è troppo vecchio per tenere un podere così grande, lui e le sue due lie se ne vanno a vivere in un paese vicino, mentre lui viene assunto come bracciante nel podere della Mora, nei pressi di Gaminella. Da allora non li vede mai più nè ha loro notizie, ma in seguito conosce le ultime notizie su di loro.

Durante il suo soggiorno Anguilla viene chiamato "l'Americano" ed è corteggiato da molti proprietari e personaggi famosi del paese perché acquisti le loro terre o sposi qualche loro lia, ma lui non è interessato a tutto questo, non è per questo che è ritornato nel suo paese. È solito trascorrere i pomeriggi a passeggiare con il suo amico Nuto; finalmente un giorno ripassa davanti al podere di Gaminella dove adesso lavora come mezzadro il Valino, con la nuora, Rosina, una vecchia, probabilmente la madre di lei, e suo lio Cinto. In questo esile, ma brioso ragazzetto storpio, Anguilla rivede se stesso da giovane, perciò lo prende a cuore e instaura con lui un rapporto  carico della tenerezza di un padre.

Vengono narrate tutte le vicende del podere della Mora, dello sfacelo di una famiglia e della fine delle tre lie del padrone Matteo: Silvia, morta di emorragia in seguito a un aborto, Irene morta di stenti in una misera casa, maltrattata da una marito con cui si era sposata per far piacere al padre e Santina, la cui fine è svelata solo nelle ultime ine del romanzo.

I due amici passano poi in rassegna tutte le vicende, i mestieri, gli incontri, gli amori vissuti da Anguilla durante il suo soggiorno in America miste a qualche scorcio sugli eventi accaduti nel frattempo in paese e sulle avventure passate dei due giovani: le feste di paese, le fiere a Canelli con Nuto che suonava il suo clarino e gli episodi della gioventù.

In quei giorni tutto il paese è scosso dal ritrovamento nelle camne dei cadaveri di due repubblichini (membri della Repubblica di Salò), uccisi quasi sicuramente dai partigiani; questo ritrovamento scatena dibattiti politici in paese, anche tra Nuto, comunista convinto, e il suo amico, arrivando perfino a mobilitare il parroco con la sua proanda anticomunista.

Poi la sera prima che il protagonista parta per tornarsene a Genova incontra Cinto, che correndo terrorizzato e agitato, racconta la storia della sua tragedia familiare. E' scampato alla follia di suo padre che, reso violento e frustrato dalla condizione di miseria in cui è costretto a vivere, uccide Rosina e la vecchia, dà la casa alle fiamme e poi si impicca ad un albero del suo podere.

Così prima di partire il protagonista provvede economicamente a Cinto e lo sistema dal suo amico Nuto così che impari un mestiere, quello del falegname e non venga trattato da bestia, come invece accadeva nella sua famiglia.

Quasi per sfogarsi Nuto gli svela prima della sua partenza quale è stata la vera fine di Santina: la ragazza, dopo la morte del padre, aveva trovato lavoro a Canelli come collaboratrice dei fascisti, ma poi, attraverso il contatto con Nuto era entrata a far parte delle truppe partigiane di Baracca che vivevano sulle montagne circostanti. Baracca, però dopo numerosi episodi sospetti si convinse che la giovane facesse il doppio gioco, per cui la fece catturare , uccidere e poi bruciò il suo cadavere con un grande falò


Fabula-Intreccio: Fabula e intreccio in questo romanzo non coincidono affatto,  in quanto tutto il grosso della narrazione è un flash-back sulle passate vicende del protagonista o di ciò che era avvenuto in paese durante la sua assenza; non mancano anche le prolessi come per quando riguarda la morte di Santa, che già nota viene però svelata nella sua verità solo alla fine del romanzo. Questa caratteristica, oltre ad avere l'effetto di riprodurre in maniera più fedele tutto il flusso dei ricordi che riaffiorano via via che li racconta alla mente del protagonista, produce nel lettore un senso di attesa, con la loro irruzione continua nel regolare svolgersi della narrazione.


Tempo della storia: Questo romanzo è ambientato nell'agosto del 1948 precisamente tre anni dopo la fine della seconda guerra mondiale.


Tempo della narrazione: Le vicende del romanzo si svolgono in un tempo non esattamente definito: l'indeterminatezza degli "adesso", "prima", "l'altr'anno", dà l'idea che i personaggi agiscono in un'atmosfera sostanzialmente statica e che la narrazione segue cadenze diverse da quelle dei fatti esterni. Possiamo capire l'anno della storia attraverso il ritrovamento di alcuni cadaveri: "Mi raccontò che nei giorni del '45 [ . ] Li abbiamo dissotterrati due anni fa". Se sono morti nel '45, si può presumere che la riesumazione sia avvenuta nel '46 e che la narrazione sia collocabile nell'estate del '48. Le marche temporali a cui possiamo fare riferimento sono il periodo fascista, la Seconda guerra mondiale, la Resistenza e tutto il Dopoguerra. Frequenti sono le digressioni, nelle quali si parla di un personaggio secondario, mentre sono invece rari se non assenti sommari ed ellissi, poichè gran parte della vicenda non è costituita da fatti ma da ricordi.


Spazio: L'ambiente è reale, addirittura connotato e con nomi di luoghi, fino ad arrivare ai particolari delle colline e ai nomi dei poderi e dei loro proprietari. Tutta la narrazione si svolge in un contesto rurale. Il luogo principale del romanzo è sicuramente il paese di Anguilla e dello stesso Pavese, Santo Stefano Belbo, che viene nominato espressamente solo una volta, nel modulo XXVIII. In questo paese delle Langhe delimitato da città come Alba, Canelli e Barbaresco il protagonista vive l'infanzia: prima alla Gaminella, poi alla Mora (nomi di colline non distanti dal paese che danno il nome anche a questi poderi). Il panorama di queste colline lo possiamo immaginare attraverso una descrizione dello stesso Anguilla: "Guardando verso Canelli [ . ] prendevo in un'occhiata sola la piana del Belbo, Gaminella di fronte il Salto di fianco, e la palazzina del Nido, rossa in mezzo ai suoi platani, profilata sulla costa dell'estrema collina. Tante vigne, tante rive, tante coste bruciate . ". Fra gli altri luoghi c'è la città di Genova dove Anguilla sta un breve periodo per poi imbarcarsi quasi clandestinamente per l'America dove passa il periodo della guerra. Si rammentano quindi la California, San Francisco, Los Angeles e Fresno, dove Anguilla viveva.


Personaggi:

-Principali:

Anguilla. E' il protagonista, un orfano adottato da una famiglia di contadini solo per ricevere mensilmente cinque lire di compenso. Non c'è una descrizione fisica del personaggio e quella psicologica è ricavabile dai suoi pensieri e dalle sue azioni. Dopo quarant'anni egli torna ricco dall'America nel paese in cui è cresciuto e scopre che tutto è cambiato eccetto le persone che sono uguali. Il suo viaggio nel paese natale è per lo più un viaggio nei propri ricordi, è più un tentativo di riportare in vita vecchi sentimenti, persone ormai sse, vecchie situazioni. Egli torna per ritrovare se stesso, le sue radici, per confrontarsi con il proprio passato, per capire che è diventato ricco, ma che dentro di se è sempre stato un povero contadino (come dimostrano le sue mani, che ancora portano gli antichi segni). Nel protagonista, è chiaro fin dalle prime righe il risentimento per la sua esistenza da "bastardo", priva di  origini, di veri legami che lo possano unire psicologicamente a dei luoghi. È evidente il tema della ricerca di un'identità chiara e precisa di cui ogni individuo ha bisogno per vivere serenamente. Lui non trova mai questa identità, anche se si accorge di essere molto legato alle zone collinari nelle quali ha trascorso l'adolescenza. Per accorgersi di tutto ciò viaggia a lungo e finisce per allontanarsi enormemente da quei luoghi. Anguilla è cambiato molto e la sua situazione si è capovolta: da povero ragazzo alle dipendenze di altri si trova ad essere maturato e soprattutto ricco e abbastanza conosciuto. C'è anche, nel romanzo, il suo bisogno di colmare quel vuoto esistenziale che è in ognuno di noi, ma in alcuni uomini si acuisce particolarmente diventando un vero e proprio bisogno. Anguilla è un caro amico, leale, ma non crea con nessuno degli altri personaggi un'amicizia capace di annullare il ricordo di essere un orfano, lio di nessuno, nè di poveri o ricchi, istruiti o non. Il vuoto di Anguilla è singolare e e già nella prima ina del libro quando il personaggio non sa dare risposta alla domanda "Chi sono?". E' un uomo con tanti amici, inserito in un contesto sociale, ma che in realtà è solo e non può far comprendere il suo stato agli altri, se non a Cinto, il lio storpio di Valino, che, picchiato dal padre e orfano di madre si sente ugualmente abbandonato a se stesso e al suo destino. Anguilla riesce a creare un'amicizia particolare con il piccolo di cui diventa una specie di padre adottivo.


Nuto. E' l'amico d'infanzia del protagonista poco più vecchio di lui, che quando era giovane veniva guardato da tutti con ammirazione, perché sapeva fischiare, suonava la chitarra e il clarino, parlava con i grandi, e faceva l'occhiolino alle donne. E' la persona a cui Anguilla aveva sempre voluto assomigliare, era stato un punto di riferimento che non riusciva mai ad eguagliare. Eppure una volta tornato nel suo paese d'infanzia egli scopre con meraviglia di averlo raggiunto, di non avere più nulla da invidiare all'amico, perché anch'egli aveva imparato a confrontarsi con gli altri e a cavarsela da solo. Certamente anche Nuto è cambiato, è maturato: si è sposato e dopo aver suonato per dieci anni il clarino a tutte le feste di paese, ha abbandonato la musica per dedicarsi al mestiere di falegname. Nuto, non più un maestro ma un amico alla pari, rimane comunque l'unica persona a cui chiedere consiglio e l'unico con cui poter ricostruire gli avvenimenti accaduti mentre era lontano. È socialista, per questo motivo litiga spesso con il parroco del paese, e inoltre è un'idealista convinto che "il mondo è mal fatto e che bisogna rifarlo". Rappresenta la maturità di chi non è corso dietro ai sogni, ma è rimasto fedele alle proprie radici.


-Secondari:

Cinto. E' un bambino zoppo di dieci anni che vive con il padre, la matrigna e la nonna vecchia e malata, nella cascina che era stata la prima casa del protagonista cioè il "casotto"della Gaminella. Anguilla lo descrive con mascelle sporgenti e denti radi. Attraverso Cinto egli rivive i primi anni della sua vita, quando ancora non lavorava alla Mora e lui e la sua famiglia vivevano in miseria, lavorando tutto il giorno per procurarsi il pane. La sua infanzia, nonostante la miseria, era stata comunque allietata dalla presenza delle sue sorellastre e della sua matrigna, mentre Cinto non aveva neanche questa consolazione, in più, a causa della deformità dell'arto non avrebbe mai potuto avere una vita normale. Ecco perché subito il protagonista si affeziona al ragazzo, tenta di aiutarlo, di fargli scoprire nuove cose di aprirgli gli occhi verso nuovi paesi e diversi orizzonti. Ecco perché in seguito gli regala il coltello che poi gli salverà la vita. Cinto vive con la quotidiana paura del padre, il Valino. Quest'ultimo, preso dalla follia, brucia la sua casa con dentro le due donne, ma Cinto riesce a scappare. Alla fine, Nuto lo assume nella sua bottega di falegname.


Silvia. E' la maggiore delle sorelle lie di Sor Matteo che abitano nella cascina in cui il protagonista fa il servitore e verso cui egli ha sempre provato un tenero affetto, benché troppo giovane per risvegliare il loro interesse. Silvia non solo è la maggiore, ma è anche la più vivace, la più intraprendente, quella più esuberante e meno rispettosa delle regole. Sempre circondata da corteggiatori, così come la sorella, vive la propria vita fino in fondo, assaporandone ogni atto e agendo talvolta in modo impulsivo, impulsività che alla fine la porta alla morte. Il protagonista racconta le sue avventure amorose, le sue relazioni con varie uomini, i pettegolezzi che i servitori fanno su di lei. Ogni volta che un uomo l'abbandonava, Silvia sapeva reagire grazie alla sua grande forza di volontà e alla fine si riprendeva sempre, anche grazie all'aiuto della sorella con cui era molto legata. Rimane incinta di un dongiovanni di provincia che non ne vuole sapere di sposarla e, tentando di abortire, muore a causa di un'emorragia.


Irene. A differenza della sorella, Irene è molto calma e tranquilla, non agisce mai d'impulso né compie alcuna pazzia. È l'opposto di Silvia, riflessiva, giudiziosa, mite e paziente. Le sue storie non sono mai appassionate come quelle della sorella, né i suoi uomini tanto particolari. In un certo senso Irene, a confronto con la sorella, è banale e insignificante. Ama la musica e suona il pianoforte alla perfezione; la sua musica ha il potere di incantare il protagonista. Cagionevole di salute, anche Irene è muore in giovane età: infatti, convinta dal padre, sposa un uomo avido e violento dedito al gioco e i dispiaceri per questo matrimonio la portano ad una morte prematura.


Santa. E' la sorellastra di Irene e Silvia. Già da piccola è bellissima, e crescendo diviene una splendida ragazza. Il protagonista la conosce solo da bambina, ma viene a sapere della sua storia tramite Nuto. La ragazza, una volta cresciuta, conosce e frequenta numerosi fascisti, dei quali diviene collaboratrice e amica; diventa poi una spia dei partigiani dai quali alla fine viene uccisa poichè si scopre che ha sempre fatto il doppio gioco.  Santina è impavida e impulsiva come la sorellastra Silvia, ma nello stesso tempo ipocrita, bugiarda e falsa.


Il Valino. E' un mezzadro vessato dai padroni che sfoga la propria rabbia e la propria amarezza in una violenza insensata, picchiando il lio, le donne di casa e il cane. Arriva pure, disperato, ad uccidere Rosina, la sua convivente, e sua madre, a bruciare la casa e poi ad impiccarsi.


Padrino, Virgilia, Angiolina e Giulia. Il Padrino e la moglie Virgilia, avevano due lie: Angiolina e Giulia. Quando Anguilla viene abbandonato sugli scalini del duomo, viene affidato a loro. Anguilla scopre di essere un trovatello solo alla morte di Virgilia.


Sor Matteo e la matrigna. Anguilla va a lavorare come servitore di Sor Matteo alla Mora quando il Padrino lascia il casotto della Gaminella.


Emilia. E' anche lei una serva presso la casa del sor Matteo. È lei che dà al protagonista il soprannome di Anguilla.


Teresa. Una delle fidanzate del protagonista. E' di Genova e fa la cameriera. La ragazza sa che Anguilla è un "bastardo", allora gli domanda sempre come mai non faccia delle ricerche per scoprire chi sono i suoi genitori.


Rosanne. Il protagonista conosce Rosanne in America, è una maestra e viene da chissà dove. È l'unica delle ragazze di Anguilla di cui abbiamo una descrizione, seppure minima: è bionda e alta. Il suo sogno è andare sulla costa ed aprire un ristorante italiano, con il pergolato e l'uva. Abbandona Anguilla quando si rende conto che lui non vuole partire con lei.


Ritmo della narrazione: Il ritmo della narrazione è piuttosto lento e disteso, infatti il racconto non procede in modo lineare, ma è continuamente interrotto dalle molte analessi. La distribuzione delle sequenze (narrative, descrittive e riflessive) è omogenea, quindi c'è parità fra i tre tipi.


Uso della lingua: Tutto il romanzo è ricco di ure semantiche, sintattiche e morfologiche, quali similitudini, metafore, sinestesie. Pavese ha una visione allegorica delle cose e dei ricordi, usa le metafore per creare un ritmo quasi poetico. Questo romanzo presenta uno stile elegante e brillante nello stesso tempo. Egli adotta un registro lessicale medio, con alcuni termini di difficile comprensione ma anche parole d'uso popolare, che rimandano al contesto rurale del romanzo. Il libro è caratterizzato da dialoghi sintetici e spezzati, dall'uso moderato di aggettivi qualificativi e da qualche tecnicismo relativo alla vita nei campi. E' frequente l'uso di termini dialettali piemontesi: lo scopo è quello di rendere più realistica la lettura.


Valutazione personale: Il tema del destino, affrontato nei colloqui con l'amico Nuto, il tema del ritorno al proprio paese d'origine, il paesaggio caricato di valenze simboliche, il mito della camna, ben reso anche dal titolo 'La luna e i falò' (infatti la luna influenzava i tempi di raccolta, mietitura e semina di tutte le colture e i falò venivano accesi per propiziare i raccolti in determinati giorni dell'anno), la nostalgia, la memoria, la solitudine, la paternità mancata, l'ingiustizia del mondo, l'amicizia sono solo alcuni dei temi principali affrontati da Pavese. A mio parere, non è un libro da prendere alla leggera, va letto con attenzione, perché tutto è sottinteso, nelle brevi frasi tra Nuto e Anguilla sono contenute grandi verità, valori, ipotesi di significato sul senso della vita. Per cui, poiché non tratta argomenti futili, il romanzo può offrire degli spunti interessanti. Anguilla è fuggito da qual mondo alla ricerca di qualcosa che gli basti, che lo soddisfi, e adesso, tornato al suo paese, si accorge non solo di come lui non abbia trovato ciò che desidera, ma anche che i luoghi d'infanzia sono mutati e sono ormai privi delle persone amate.  Il ricordo si getta in una riflessione amara che condiziona il presente, ma anche il passato.

Devo dire che all'inizio la trama non mi aveva appassionato particolarmente, ma, andando avanti, ho capito quanto la storia in sè non sia importante. Infatti la bellezza del libro è interamente contenuta nelle parole, nello stile dell'autore, che è riuscito a stregarmi, lasciandomi quasi delusa, al termine della lettura, del fatto che il romanzo fosse già finito . Credo che sia fondamentale leggere quest'opera, per il messaggio che racchiude, ma anche per il ruolo che ha avuto nella letteratura italiana.


Citazione: Di tutto quanto, della Mora, di quella vita di noialtri, che cosa resta? Per tanti anni mi era bastata una ventata di tiglio la sera, e mi sentivo un altro, mi sentivo davvero io, non sapevo nemmeno bene perchè. Una cosa che penso sempre è quanta gente deve viverci  in questa valle e nel mondo che le succede proprio adesso quello che a noi toccava allora, e non lo sanno, non ci pensano. Magari c'è una casa, delle ragazze, dei vecchi, una bambina e un Nuto, un Canelli, una stazione, c'è uno come me che vuole andarsene via e far fortuna, e nell'estate battono il grano, vendemmiano, nell'inverno vanno a caccia, c'è un terrazzo, tutto succede come a noi. Dev'essere per forza così. I ragazzi, le donne, il mondo, non sono mica cambiati. Non portano più il parasole, la domenica vanno al cinema invece che in festa, danno il grano all'ammasso, le ragazze fumano, eppure la vita è la stessa, e non sanno che un giorno si guarderanno in giro e anche per loro sarà tutto passato. La prima cosa che dissi, sbarcando a Genova in mezzo alle case rotte dalla guerra, fu che ogni casa, ogni cortile, ogni terrazzo, è stato qualcosa per qualcuno e, più ancora che al danno materiale e ai morti, dispiace pensare a tanti anni vissuti, tante memorie, spariti così in una notte senza lasciare un segno. O No? Magari è meglio così, meglio che tutto se ne vada in un falò d'erbe secche e che la gente ricominci».


Commento: Mi ha colpito questa frase proprio perché richiama i temi principali del romanzo di Cesare Pavese e riassume tutto il senso del libro. Infatti, il protagonista ripensa alla sua infanzia, ma lo fa ormai senza sentirsi più parte di quel mondo. Lo sguardo di Anguilla si posa su tutte le persone che inconsapevolmente vivono sotto la stessa campana di vetro che proteggeva, ma senza illudere, anche lui. La camna è cambiata, ma allo stesso tempo non lo è. La storia purtroppo, o per fortuna, si ripete e ogni ruolo si tramanda come una vecchia malinconica storia che qualche anziano contadino racconta. Il lato esteriore può anche cambiare, ma nell'anima di ognuno c'è ancora quel desiderio di sognare, quell'allegra tristezza, quell'esaltazione che tutti i giovani hanno, ora come tanti anni faE svegliandoci un giorno, scopriremo che è sparito, bruciato lentamente nel falò della maturità, lasciando un vuoto incolmabile. Ma non è un male, deve succedere. Tutto ciò che ci circonda ha un valore affettivo importantissimo; non potremmo vivere senza ogni piccolo oggetto e ogni ricordo, dal più felice al più disperato. E senza tutto questo ci troveremo persi, come se affogassimo in un mare senza nemmeno l'acqua.

Le stagioni passano, i paesaggi cambiano, ma il sentimento di profonda ingiustizia misto alla resa alla più pura legge della Natura, rimarrà con noi e con Anguilla per sempre.












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