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SCHEDA DI LETTURA
Dinka, e ne diciamo il nome perché anche lei ha una
parte importante nella storia.
Dinka è stata presa dall'accalappiacani e Assaf, che lavora temporaneamente in municipio, è
stato incaricato di trovarne il padrone, lasciandosi trascinare da lei.
Incomincia così una vicenda che è fatta di inseguimenti, di
rincorse, di ricerca, in una Gerusalemme insolita, che non è né quella
degli ultraortodossi di Mea Sharim
e neppure quella del Muro del Pianto.
E' una città di giovani, anzi di giovani sbandati, che cantano, suonano,
recitano nelle strade, farebbero qualsiasi cosa per avere una dose. In questa
città che rivela un disagio giovanile come le altre grandi capitali, una
ragazza di sedici anni, Tamar, cerca il fratello Shay, musicista eccezionale, che è scappato di casa
un anno prima perché crede che solo drogandosi può suonare come Jimi Hendrix.
Shay è caduto nella rete di un protettore
mafioso, un personaggio dickensiano che ospita in una
grande casa ragazzi con aspirazioni artistiche e li sfrutta, mandandoli ad
esibirsi in giro per Israele, accomnati dai suoi scagnozzi che intascano i
soldi lasciati in elemosina dal pubblico.
Piccola, determinata, con una voce bellissima, Tamar
ha elaborato un piano per far fuggire il fratello, ha preparato una grotta in
una valle solitaria, portandoci tutto il necessario, per far fronte alle
inevitabili crisi di astinenza di Shay.
E' Tamar, con la sua capacità sconfinata di
amore, con il suo dono per instaurare legami con le persone più diverse
(la monaca greca Teodora, Leah e la piccola Noah, il pizzaiolo, la cagna stessa che ne segue le tracce
per tutta la città) la vera protagonista di questo straordinario e
insolito romanzo di formazione che termina con l'incontro di Assaf con Tamar.
La corsa di Assaf è terminata, ha incontrato
la ragazza di cui si era già un po' innamorato durante
quell'inseguimento, vivono insieme i giorni del recupero di Shay,
sono pronti a partire per correre insieme lungo quel percorso magico che
è l'amore scoperto insieme a sedici anni.
Quello che ammiriamo in David Grossman
è la sua capacità di rinnovarsi, di cambiare. Sono passati quasi
vent'anni dal romanzo, "Vedi alla voce: amore" e Grossman
è la voce più autorevole che testimonia la trasformazione della
letteratura ebraica.
Mezzo secolo dopo la fondazione dello stato di Israele, sembra essere finita la
ricerca di un'identità nazionale e linguistica attraverso la
letteratura. Si è esaurita l'esplorazione del passato con le sue
tragiche memorie, è terminata anche la scrittura di "frontiera" che ci
ha fatto conoscere il sogno collettivo dei kibbutz.
Forse la globalizzazione ha raggiunto anche Israele,
se non fosse che la maestria di un grande scrittore rende unica e irripetibile
la sua storia.
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