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Saggio breve:
Titolo: L'oltretomba
Destinatario: Rivista di divulgazione
Nel corso dei secoli e addirittura dei millenni sono state proposte differenti immagini relative alla concezione della morte e all'aldilà.
Ogni popolo, ogni gruppo etnico, ogni epoca è stata caratterizzata da una particolare credenza in merito a questo argomento.
E' attestato che fin da 100 mila anni fa l'uomo della preistoria praticava il culto dei morti. Già con l'uomo di Neandertal i morti erano sepolti in fosse scavate all'interno di caverne. L'usanza di collocare oggetti accanto ai defunti divenne sempre più frequente verso la fine del Paleolitico e rappresenta una prova della devozione dell'uomo nei riguardi dei suoi simili e per il loro benessere nell'aldilà, e della convinzione in una vita ultraterrena.
Nel Neolitico le comunità si fondavano sull'agricoltura e il supporto dell'esistenza e del benessere divenne dunque la terra con i suoi cicli. Dall'osservazione di tali manifestazioni naturali ne conseguì il concetto di un ciclo nascita-morte-rinascita.
E come non prendere in considerazione il culto dei morti e i riti di sepoltura dell'antico Egitto? Piramidi e mummie erano l'emblema della fede nell'immortalità, che per gli Egizi era plausibile solo se si fosse conservato il corpo del defunto e l'aspetto che egli aveva in vita. Le tombe con la spoglia mummificata, gremite di oggetti, cibo, utensili, vesti e tutto ciò che era indispensabile nella vita terrena, erano dimore per l'eternità; alla città dei vivi corrispondeva così, in modo speculare, la città dei morti.
Nelle poleis greca l'oltretomba tende a diventare lo specchio in senso positivo della terra, l'esempio di quell' equilibrio e virtù che si esigerebbero in terra. Nei normali riti religiosi miravano ad assicurare il benessere terreno e, onorando e rappresentando gli dei conformemente al modello della ura umana, i Greci in fondo veneravano se stessi, glorificavano e divinizzavano il proprio archetipo di uomo.
In letteratura è molto ricorrente il tema dell' oltretomba, in particolare della catabasi relativo alla discesa degli eroi agli inferi.
Primo tra tutti gli autori classici ricordiamo Omero il quale, nel libro XI dell'Odissea colloca Ulisse nell' Ade; costui nel regno dei morti, fra le varie ombre, incontra quella del profeta cieco Tiresia che gli delinea con toni oscuri il destino che lo attende dopo il suo ritorno in patria. Sebbene il protagonista non discenda materialmente nell'Ade, infatti sono le anime che gli appaiano dinanzi, avide di bere il sangue degli animali sacrificati, risulta evidente, giacché questi spiriti si mostrano afflitti e dolenti per la vita perduta oramai per sempre, che nel mondo greco l'uomo si realizzasse completamente nella vita terrena, concepita come la sola modalità di esistenza desiderabile poiché ad essa si contrapponeva un regno popolato da ombre.
Il tema della catabasi viene riproposto da Virgilio nel VI libro dell'Eneide. Nel mondo ano l'Oltretomba veniva in genere pensato sotto terra e si riteneva che il suo ingresso fosse piazzato ad Occidente. In esso si trovano i desolati Campi del pianto dove le anime dei defunti conducono una vita di pura apparenza. A tale destino sono strappati pochi prescelti, eroi e grandi personaggi, che, secondo la dottrina orfico-pitagorica della metempsicosi, attendono di reincarnarsi e ai quali sono serbati i campi Elisi, caratterizzati da beatitudine e felicità. La parte più profonda del regno dei morti è costituita dal Tartaro, nel quale sono puniti gli spiriti avversati dagli dei.
Questo scenario risulta meno tetro rispetto a quello precedentemente descritto, tuttavia l'aldilà continua ad essere considerato 'ombra' della vita terrena, basti soffermarsi sul fatto che la stessa letizia che colma i Campi Elisi ha caratteri del tutto terreni, giustificata dalla consapevolezza di un imminente ritorno alla vita.
Nella Divina Commedia di Dante si fondono molte tradizioni antiche tra cui la stessa discesa sotterranea, una tematica che l'autore recupera direttamente dall'analoga presentata nell'Eneide. Ricordiamo il viaggio come ricerca che l'individuo fa di sé, della propria identità, della propria espiazione, la descrizione dell'oltretomba e in particolare delle pene infernali a scopo educativo, la riflessione escatologica, le aspettative e i preannunci profetici relativi al destino ultimo dell'umanità.
Analizzando i motivi affrontati da Dante,
appare dunque evidente che
Dante dunque descrive l'oltretomba in una concezione del tutto cristiana che identifica la vera vita nel mondo spirituale e non in quello terreno. Per comprendere il senso della vita e per realizzarsi completamente, l'uomo deve raggiungere l'aldilà.
Possiamo concludere affermando che la concezione dell'oltretomba ha subito una metamorfosi dal mondo antico sino al Medioevo, infatti mentre l'eroe del mondo classico discende eccezionalmente nell'Ade, immaginato come ombra della vita terrena, per ottenere sostegno nella sua difficoltosa impresa, nella concezione medievale i tre regni dell'aldilà ritraggono la destinazione del cammino umano che l' autore rappresenta riconoscendosi delegato di una missione di espiazione universale.
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