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Santuario della Beata Vergine di San Luca

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Santuario della Beata Vergine di San Luca


Il santuario della Madonna di San Luca, svetta sul colle della Guardia a 289 metri sul livello del mare. Le sue origini risalgono all'anno 1192 quando Angelica di Caicle donò il terreno ai Canonici di S. Maria di Reno per la costruzione di un monastero .

. Tra leggenda

Secondo la tradizione, nel 1160 a Costantinopoli un monaco di nome Teocle Kmnega vide nella chiesa di Santa Sofia un'icona con sotto la scritta: 'Questa tavola dipinta con la Madonna e il bambino deve essere collocata nella chiesa di S. Luca sul monte della Guardia'. L'eremita chiese spiegazioni sul perché la tavola non fosse su quel monte. Gli fu risposto che non si sapeva dove fosse. Teocle allora si offrì di trovarlo. I sacerdoti gli consegnarono la tavola e l'eremita partì. Cominciò così un lungo pellegrinaggio che portò il povero Teocle a vagare per il mondo chiedendo ovunque dove fosse il monte della Guardia.


L'eremita non riusciva proprio a trovarlo e stava ormai perdendo ogni speranza. Decise così di recarsi a Roma per lasciare, al centro della cristianità, l'immagine sacra. Ma proprio a Roma raccontò la sua vicenda ad un uomo chiamato Pascipovero. Costui era un bolognese che subito capì che il luogo cercato era sulle colline della sua città. Mandato a Bologna, Teocle fu accolto dai signori Anziani della città. La tavola della Madonna e del bambino fu portata in processione con le torce sul monte.



e Storia

La costruzione iniziò nel 1194 e all'interno si pose l'immagine della Madonna con Bambino. Nel 1433 il popolo portò la Madonna in processione per implorare la cessazione delle rovinose piogge e giunti a porta Saragozza la pioggia cessò e per ringraziamento gli Anziani decretarono che la processione si sarebbe dovuta ripetere ogni anno. La devozione aumentò e si dovette ampliare la chiesa, opera conclusa nel 1481. Tra il 1674 e il 1732 si costruì il portico, progettato da Gian Giacomo Monti, che si estende dalla chiesa fino a porta Saragozza, lungo un tracciato di quasi 4 km coperto da 666 archi. Il 26 luglio 1723 su progetto dell'architetto Francesco Dotti iniziò la costruzione del nuovo santuario che fu poi consacrato il 25 marzo 1765.


L'origine della Chiesa della Madonna di San Luca si fa risalire al 30 luglio 1192, data del primo documento autentico fino ad oggi pervenutoci. In quel documento si fa cenno di un eremo femminile voluto dalla giovane bolognese Angelica Bonfantini, lia di Claide e Bologna, edificato su un terreno di proprietà della famiglia. Il papa Clemente III inviò ad Angelica la prima pietra della chiesetta, che fu posta dal vescovo Gherardo da Gilsa il 25 Maggio 1194.

In seguito per sette volte Angelica dovette recarsi a Roma dal papa, per difendersi delle ingerenze dei canonici di Santa Maria di Reno che avanzavano pretese sulla chiesetta e l'eremo, rifiutando di accettare il patronato laicale della famiglia di Angelica. Il papa difese le intenzioni d'Angelica ponendo sotto la sua diretta protezione il monte della Guardia.

Quando morì Angelica nel 1244 la sua comunità si trasformò in monastero femminile.

La venerazione dell'immagine della Madonna divenne un fatto collettivo per la cittadinanza dal 1433, quando - racconta l'Accarisi, il patrocinatore dell'idea presso il Consiglio degli Anziani - fu portata per la prima volta in città. Quel giorno la Vergine, implorata di arrestare la pioggia incessante da mesi, immediatamente riportò il sole a Bologna.


Nel 1481, quando le processioni in città della Madonna sono ormai una consuetudine,
venne costruito un primo piccolo Santuario sul colle di cui restano svariati disegni. L'immagine venerata è la stessa custodita oggi all'interno del Santuario e nota con il nome di Madonna di San Luca. La leggenda sull'antica icona bizantina portata a Bologna dall'eremita greco è ricostruita da Graziolo Accarisi verso il 1459 (mentre il suo nome - Teocle Kamnia - è un' invenzione successiva del Baroni).


Ma la processione della Madonna in città è legata anche ad eventi storici.
Si narra del 1302, quando in occasione della discesa di Carlo di Valois in Italia, alcuni notabili bolognesi intendevano consegnare la città mentre altri volevano mantenere la libertà comunale, allora fu invocata la protezione della Madonna di San Luca trasportandola in città alla chiesa dell'Ospedale della morte (ma oggi si tende ad escludere questa ed altre traslazioni precedenti il 1433, perchè divulgate da una storiografia postuma e priva di riscontri documentati).
La vittoria sui Visconti del 1443, dei cristiani sui turchi (a Belgrado) del 1456, la morte di Maometto II nel 1481, la ritirata dei francesi nel 1510, fino alla liberazione di Bologna nel 1945: sono state tutte occasioni per una discesa 'straordinaria' della Madonna in città.
Ma anche le avversità erano motivo di viaggi straordinari: sembra si invocasse la protezione della Vergine nel 1365 (anno infausto che contò un terremoto, nubifragi ed una pestilenza), ancora per maltempo nel 1434 e contro la peste nel 1438 e 1439. Si sa che scese fuori stagione per terremoto nel 1457 e nel 1505, per carestia nel 1474, delle piogge nel 1534, un altro terremoto nel 1579.



Altre vicende s'intrecciano con la devozione alla Madonna di San Luca.
Nel 1637 le monache di S.Mattia, custodi della chiesa, iniziano un programma edilizio per rilanciare l'attenzione verso il Santuario, ebbero così inizio le prime riparazioni del sentiero che conduce al monte. La vicaria Olimpia Toccaferri viste le difficoltà economiche per adempiere a tale progetto, chiese l'aiuto dei bolognesi. La stessa vicaria promosse la costruzione di quindici cappelle a distanza eguale l'una dall'altra (esiste un progetto datato 1640), che simboleggiano i Misteri del Rosario. Pare che già la devozione popolare avesse creato delle 'stazioni' lungo il percorso, forse semplicemente alberi cui erano attaccate immagini o altro.


Si arriva così al 1655, anno in cui molti cittadini propongono al Senato bolognese di costruire un portico che conducesse fin sulla cima del monte della Guardia. Il progetto era del perito pubblico Camillo Saccenti, ma la spesa richiesta al comune fece inizialmente desistere dall'impresa.
La soluzione per coprire le spese arrivò nel 1673 e, dopo varie consultazioni, nel 28 aprile 1674 il Senato concedette l'autorizzazione all'edificazione del portico, ma il costo dell'enorme progetto sarà interamente coperto dalle offerte dei cittadini. Fu il canonico modenese Ludovico Generoli (o Zeneroli) a organizzare la prima catena di offerte.

La data dell'inizio dei lavori è il 28 Giugno 1674: fu posta la prima pietra in corrispondenza dell'attuale arco n. 132 (nei pressi di Via Turati). I primi trecento archi, che dalla Porta conducono al Meloncello, furono compiuti nel 1676 (sotto la guida dell'architetto Gian Giacomo Monti).
Lo stesso 1676 si cominciò il tratto montano. Le difficoltà nel trasporto dei materiali lungo la salita, si risolsero ricorrendo a un cordone umano: tutta la città fu chiamata a partecipare a questo passamano. Era il 17 Ottobre 1677. Il portico fu ultimato nel 1715 (a parte l'ultimissimo e più erto tratto sulla scalinata finale edificato solo nel 1718-20), seguendo le varianti dei nuovi progetti di Giuseppe Antonio Torri e Giovanni Antonio Conti.


Il collegamento tra il portico in collina e quello in pianura si compì con la costruzione dell'arco del Meloncello nel 1732 - 33, progettato (pare su un'idea di Francesco Bibiena) da Carlo Francesco Dotti; l'opera fu offerta dalla famiglia senatoria Monti. Il porticato di oltre tre chilometri che da Porta Saragozza conduce fino al Santuario della Madonna di San Luca, è ancora oggi il più lungo del mondo. Si contano 666 archi che uniscono la devozione dei cittadini alla Madonna della Guardia.
Questa opera è stata fatta da tutti i bolognesi: nobili e popolani, ecclesiastici e laici, in proprio o come membri di associazioni e corporazioni, tutti contribuirono alle spese per la costruzione del portico, come testimoniano i nomi e gli stemmi che ancora oggi si vedono sotto gli archi.


Per ultimo si ricostruì il Santuario. Quello che oggi fa da perno sulla cima del monte alle volute sottostanti del porticato (magnifico esempio del coinvolgimento di cui è capace il Barocco), ha avuto la sua prima pietra nel 1723 ed è stato terminato in tutte le sue parti, nel 1774 - 75 su progetto di Carlo Francesco Dotti. Le spese si sostennero ancora grazie alle offerte dei privati cittadini bolognesi. Questo edificio a pianta centrale, fu anticipatamente consacrato a nuovo tempio: il 25 Marzo 1765 dall'arcivescovo di Bologna Vincenzo Malvezzi.


Il passamano

Nella Biblioteca Comunale di Bologna dell'Archiginnasio è custodita, tra l'altro, una lettera datata 17 ottobre 1677 che descrive le modalità con cui il popolo bolognese aveva partecipato alla costruzione del Portico:

Bologna, 17 ottobre 1677

'Li 17 Ottobre. Questa mattina (essendo gran quantità di Pietre e Sassi, materia raddunata a Meloncello per fabbricare il Portico per la commodità d'andare alla Chiesa di S. Lucca) li raggazzi del Filatoglio essendo posti in fila su la strada che va a S.Lucca, in distanza che uno puol arrivare all'altro pigliando una pietra, e sporgendola all'altro, e l'altro all'altro, con tal ordine dal primo sino all'ultimo che era a piè della scala di pietra della Chiesa di S. Lucca, hanno con tal ordine senza muoversi da luogo portate dette Pietre e Sassi sul luogo della Fabbrica di detto Portico col passare di una mano in un'altra; quale invenzione fu cavata da quelli li quali fabricarono il Castello di Varignana, che per l'altezza del Monte non potendo con Carri e Birocci trasportare le macerie, si disposero gl'Abitatori con tale ordine, e senza fattica ed incommodo portarono nel luogo tutta la materia necessaria per la Fabbrica'. (Biblioteca Comunale di Bologna dell'Archiginnasio, Raccolta Gozzadini, 185, f. 95).

La manifestazione che si svolge ogni anno riproporrà quanto accadde il 17 ottobre 1677, quando nelle prime fasi di costruzione del tratto collinare del portico di San Luca, si dovette affrontare il problema del trasporto dei materiali da costruzione. Dato che non c'erano ancora strade carrabili a monte del Meloncello, la questione si prospettava davvero difficoltosa. La soluzione che si adottò si rivelò non solo semplice ed efficace, ma anche in sintonia con la tecipazione e lo spirito collettivo che erano stati alla base della grande impresa del lungo porticato. Si ricorse infatti ad un passamano dei materiali, attuato con una lunga catena umana di centinaia e centinaia di bolognesi.
Riproporre oggi il Passamano può richiamare significati di grande valore culturale e civico, evocando l'ascendenza e l'appartenenza comuni di un monumento nato dall'apporto dell'intera comunità cittadina

Curiosità: c'era una volta la funivia!

Forse non tutti sanno che una volta c'era la funivia per San Luca. Sembra strano che un impianto del genere possa sire senza praticamente lasciare traccia nei segni e nella memoria, ma per la funivia di San Luca è andata più o meno così. Oggi, la vecchia stazione a valle è stata trasformata in un'elegante residenza abitativa. La stazione a monte, due o trecento metri a occidente della basilica, è invece ancora lì cadente e sconsolata. Non si potrebbe entrare perché è pericolante, ma la curiosità è difficile da fermare. Al piano terra, tra macerie di ogni genere, si distinguono ancora grossi cavi metallici e argani in disuso e, in un desolante abbandono, quel che resta del motore e della cabina di comando. Eccolo qui tutto quello che rimane della vecchia funivia di Bologna: poche matasse di cavo, un vecchio motore ed una gigantesca ruota dentata che si appoggia sbilenca da un lato.

Frutto di uno studio che ci riporta addirittura alla fine dell'Ottocento, la funivia per San Luca fu realizzata, con tecniche definite all'epoca decisamente innovative, in epoca fascista. Fu collaudata nel 1930 e aperta al pubblico il 21 aprile del '31 sotto la direzione dell'ingegner Ferruccio Gasparri. La gestione venne affidata alla SACEF (Società Anonima Costruzioni ed Esercizio Funivie) che ne aveva ottenuta la concessione nel '28. Aveva due cabine che portavano 18 passeggeri ognuna: mentre una saliva l'altra scendeva, cosicché ce n'era sempre una pronta a partire in tutte e due le stazioni distanti tra loro 1372 metri. Un unico pilone alto 25 metri sosteneva le campate dei cavi il più grosso dei quali (quello di sostegno) aveva un diametro di 46 millimetri. Il percorso aveva un dislivello di 220 metri e veniva coperto in sei minuti e mezzo. Per l'inaugurazione ufficiale fu scelta la giornata del 14 maggio dello stesso anno, in occasione dell'Esposizione del Littoriale (il nome che avevano dato allo stadio in quegli anni un po' balzani). Arrivarono le autorità: alle nove e mezzo di mattina tutti in stazione in un delirio di gagliardetti per accogliere il Ministro delle Comunicazioni Costanzo Ciano (babbo di Galeazzo) e il Sottosegretario agli Interni Leandro Arpinati. Verso le cinque del pomeriggio i due salirono, nella stazione a valle, sulla cabina della funivia assieme ai dirigenti dei fasci bolognesi e si ritrovano in un baleno a San Luca. L'impianto era inaugurato! La funivia nacque però sotto una cattiva stella. La trionfale giornata bolognese doveva concludersi infatti al Teatro Comunale con un concerto diretto dal maestro Arturo Toscanini. Ma all'imposizione di dirigere 'Giovinezza' all'ingresso in teatro di Ciano e Arpinati, Toscanini si oppose con forza e finì per essere aggredito da un gruppo di fascisti uno dei quali gli tirò un ceffone in pieno viso. Il concerto fu annullato e Toscanini lasciò in serata Bologna e dopo qualche giorno l'Italia: sarebbe tornato solo dopo l'avvento della Repubblica. La funivia conobbe il periodo migliore della sua vita e fece onestamente il suo lavoro fino ai primi bombardamenti della seconda guerra mondiale, poi il servizio fu sospeso per riprendere soltanto agli inizi degli anni Cinquanta. Alla riapertura le cose sembravano ancora mettersi bene: pochissimi i turisti, ma molte le scamnate e le passeggiate romantiche. Per compiere l'intero tragitto bastavano adesso soltanto quattro minuti. Anche gli abitanti della collina usavano la funivia per venire a Bologna. Le spese di gestione dell'impianto andavano però aumentando ed i collaudi periodici mettevano a dura prova i bilanci della SACEF. Negli anni Sessanta, forse a causa dell'uso maggiormente diffuso dell'automobile, cominciò il lento declino che nel decennio successivo avrebbe portato al disastro. Nel 1975 la SACEF dovette accollarsi la spesa di 25 milioni di lire per una serie di interventi richiesti dall'Ispettorato della Motorizzazione. Gino Pardera, amministratore unico della società, fece sapere di non farcela più a sostenere i costi di esercizio e chiese, senza ricevere risposta, l'intervento dell'amministrazione e degli enti preposti.

Il 26 gennaio dell'anno seguente Pardera scrisse una lettera al Comune, al Sindaco, alla Regione, alla Provincia, alla Prefettura, alla Camera di Commercio, all'Ente Turismo, alla Motorizzazione, alla Curia, alla Camera del Lavoro e al Quartiere Costa Saragozza, nella quale annunciava la volontà di rinunciare alla concessione se nessuno fosse venuto in suo aiuto. Anche questa volta nessuno si fece avanti.

La chiusura

Si arrivò così all'epilogo: il Resto del Carlino del 7 novembre 1976 titolò 'Da domani ferma la funivia per San Luca'. I Bolognesi si allarmarono e protestarono, ma ormai era troppo tardi. I cinque dipendenti dell'impianto decisero di attuare una giornata di sciopero, anticipando di fatto la chiusura definitiva. Alla porta della stazioncina fu appeso un sectiunello in cui si leggeva: Il servizio è provvisoriamente sospeso per motivi di manutenzione. Questo è tutto. 'Dobbiamo veramente rassegnarci - scrisse la signora Fernanda Sacchetti al Resto del Carlino il 16 novembre del 1976 - a non vedere più la suggestiva, attraente, pittoresca funivia di San Luca? Per la nostra bella funivia, vanto per i Bolognesi e attrattiva per i forestieri, non è possibile reperire le lire occorrenti a tenerla in vita? E i Bolognesi che fanno? Lasciano fare (in questo caso disfare) senza reclamare, denunciare, scioperare? Via non facciamoci, oltretutto, prenderci in giro: non dipenderà di sicuro il mantenere o no in vita questa bella istituzione ad aggravare la nostra bilancia, locale o nazionale dei amenti'.

Nessuno rispose alla lettera della signora Sacchetti. Quelle poche righe sul Carlino furono l'insolito epitaffio per la nostra funivia, di cui restano oggi solamente alcune malinconiche cartoline illustrate, un pilone desolato ancora in piedi a mezza costa e forse un po' di nostalgia.





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