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Scheda di esposizione orale dei promessi sposi
modulo I
Contenuto: Il romanzo si apre con una bellissima descrizione dei luoghi in cui si ambientano le primi fasi della storia. L'autore offre una descrizione del lago, dei monti, del fiume Adda, della città di Lecco e dei paesini circostanti come se li vedesse dall'alto.
Al bel paesaggio si contrappone però la dura situazione delle regioni sottomesse alla dominazione dei soldati snoli, dei quali l'autore ci presenta, con la sua solita ironia, i soprusi nei confronti della popolazione ( un'ironia di secondo grado che smaschera la violenza dei soldati, mascherata in primo grado dalle frasi inventate da loro:accarezzare . ; insegnare la modestia . ; alleggerire..).
La descrizione del paesaggio riprende, soffermando l'attenzione su una delle tante stradicciole che corrono in quel lembo di terra in cui era solito passeggiare Don Abbondio leggendo il suo breviario.
Anche quella sera Don Abbondio procedeva tranquillamente. Descrivendo la passeggiata l'autore ci fornisce un primo ritratto psicologico del personaggio, deducibile dal suo modo di camminare, dagli avverbi che lo accomnano (oziosamente, tranquillamente) e dal gesto di scansare con il piede i ciottoli che gli si parano davanti. Ad un certo punto, la passeggiata del curato si interrompe bruscamente;inizia qui l'episodio fondamentale che è all'inizio di tutta la storia. Don Abbondio, arrivato a un bivio della strada, incontra due bravi che intendono parlargli. L'autore si sofferma sull'aspetto e l'abbigliamento dei bravi e cita le moltissime "gride", ovvero disposizioni legali, emanate dai diversi governanti di Milano nel corso degli anni, al fine di eliminare il fenomeno della clientela dei bravi al servizio dei vari signorotti locali, commentandone ironicamente l'assoluta inefficacia.
Don Abbondio comincia subito a cercare una via di fuga o un aiuto per evitare lo sgradevole incontro: si rende subito conto che non ha via di scampo e quindi decide di accelerare i tempi allungando il passo e correndo loro incontro come farebbe una qualunque persona così paurosa.
I due bravi gli sbarrano quindi la strada e gli intimano di non celebrare il matrimonio tra Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, e lo informano di essere stati mandati da Don Rodrigo, un potente signorotto del luogo. Spaventato al nome di Don Rodrigo,su cui deve tacere Don Abbondio si dichiara più volte disposto all'obbedienza e i due bravi se ne vanno, lasciandolo sconvolto.
L'episodio dà spazio all'autore per una digressione sul clima di violenza che caratterizza il Ducato di Milano sotto la dominazione snola: i deboli sono costretti a subire i soprusi dei potenti e non sono tutelati dalla Giustizia, che si limita a emanare gride su gride senza alcun effetto positivo ( quinta microsequenza del 1° modulo).
All'interno di questo organizzazione sociale, si inserisce Don Abbondio, e ci viene dunque fornita la spiegazione della sua vocazione a parroco: egli è infatti un uomo poco aggressivo e pacifico, che non avrebbe potuto resistere in una società violenta come quella dei territori sotto la dominazione Snola(" . come un vaso di terracotta, costretto a viaggiare in comnia di molti vasi di ferro . "). Da qui dunque la sua decisione di inserirsi in una classe agevolata e potente come quella del clero e di mantenere una totale neutralità o di schierarsi con il più forte, come metodo di difesa dai pericoli del mondo esterno.
In seguito la narrazione riprende con l'esposizione dei pensieri e dei dubbi che affollano la mente di Don Abbondo che si interroga su come affrontare Renzo, sulle sue possibili reazioni, e sul suo comportamento con i bravi.
Infine egli inveisce contro Don Rodrigo (non senza però aver dato prima la colpa ai "ragazzacci" che si mettono in capo di sposarsi " . per non saper che fare", mettendo in difficoltà i galantuomini).
Don Abbondio giunge infine stravolto a casa, dove, dopo vari tentennamenti, si confida alla sua serva, Perpetua, una donna popolana, decisa e un po' pettegola. Perpetua gli consiglia di rivolgersi al vescovo di Milano, ma Don Abbondio, terrorizzato all'idea di ribellarsi a un potente, rifiuta il saggio consiglio e, infine, stremato, si ritira nella sua stanza.
modulo II
La notte di Don Abbondio trascorre angosciosa e agitata tra ricerche di scuse per non celebrare il matrimonio e incubi con bravi e agguati.Tra il sonno e la veglia egli riesce a elaborare un piano per superare le prevedibili obiezioni di Renzo e ritardare così le nozze, rimandandola di quindici giorni, poiché essendo allora tempo di avvento il matrimonio non potrà essere celebrato.
La mattina seguente Renzo, vestito di gran gala e con un cappello piumato e il pugnale dal manico bello, si reca da Don Abbondio per prendere gli ultimi accordi per il matrimonio. L'Autore coglie quindi l'occasione per presentarci il personaggio e ripercorre brevemente la sua storia: il promesso sposo è un giovane di vent'anni, rimasto orfano di entrambi i genitori fin dall'adolescenza. La sua professione, quella di filatore di seta, e i continui risparmi, gli hanno dato una certa tranquillità economica.
Il curato, interrogato da Renzo, finge di non ricordarsi del matrimonio, poi, utilizzando termini latini per confondere il giovane, si scusa dicendo che sono sopravvenuti degli impedimenti che obbligano a ritardare le nozze.
Renzo, dopo qualche protesta, accondiscende allo spostamento, ma rimane insospettito dal comportamento del parroco.
Il giovane esce dall'abitazione del parroco e incontra Perpetua che gli conferma i suoi sospetti: don Abbondio è stato minacciato da qualcuno.
Allora Renzo torna velocemente nel salotto di don Abbondio e, dopo aver imprigionato il parroco nella stanza lo costringe a suon di minacce di dirgli la verità.
Al ritorno di Perpetua, don Abbondio l'accusa di aver infranto il giuramento del silenzio fatto durante il loro colloquio la sera prima. Dopo un acceso battibecco tra i due, il curato si mette a letto vinto dalla febbre.
Intanto Renzo si dirige nuovamente verso la casa di Lucia. Nella sua mente passano desideri di vendetta, ma al pensiero della fidanzata egli abbandona ogni ipotesi violenta.
Dopo queste riflessioni, Renzo giunge nel cortile della casa di Lucia, e incarica una bambina, Bettina, di avvisare segretamente Lucia che egli la sta aspettando in cortile.
Lucia è acconciata e vestita per le nozze: i suoi capelli neri sono raccolti in trecce fissate con spilloni, indossa un corpetto di broccato con un gonna pieghettata di seta, e attorno al collo porta una vistosa collana. Il suo viso giovanile riflette una bellezza interiore che è evidenziata dall'attesa per le nozze.
La ragazza scende al piano terreno; Renzo la mette al corrente dell'accaduto, ed ella fa capire di essere già a conoscenza della passione di don Rodrigo per lei (Lucia: " . fino a questo segno ! . "). Ai due si aggiunge poi Agnese, la madre di Lucia. Quindi Lucia sale a congedare le donne dicendo che il matrimonio è rimandato a causa di una malattia del parroco. Alcune di esse si recano alla canonica per chiedere conferma di quella malattia e Perpetua dice loro che don Abbondio ha un febbrone.
modulo III
Il modulo si apre con il racconto di Lucia ad Agnese e a Renzo dei suoi involontari incontri con don Rodrigo (questi, infatti, aveva avvicinato Lucia lungo la strada e aveva scommesso con un altro nobile che la ragazza sarebbe stata sua)
Lucia rivela poi di aver narrato l'accaduto a fra Cristoforo. Renzo e Agnese sono amareggiati dal fatto che Lucia non si sia confidata con loro. Al sentire gli episodi descritti da Lucia, Renzo viene colto da un nuovo attacco d'ira e da propositi di vendetta, ma Lucia riesce a placare le sue nuove ire.
Agnese consiglia poi al giovane di recarsi a Lecco, da un avvocato soprannominato Azzecca-garbugli e gli consegna quattro capponi da portare in dono al dottore. Renzo si mette dunque in cammino verso Lecco. Lungo la strada, agitato e incollerito, dà continui strattoni ai capponi che ha in mano: le povere bestie, pur accomunate da un triste destino, si beccano tra loro.
Giunto alla casa dell'Azzecca-garbugli e consegnati i capponi a una serva, Renzo viene fatto accomodare nello studio: uno stanzone disordinato, polveroso e un po' decadente in cui spiccano, alle pareti, i ritratti degli imperatori romani, simbolo del potere assoluto. Il dottore lo accoglie indossando una toga consunta che lo fa apparire decrepito quanto i mobili della stanza. Azzeccagarbugli scambia Renzo per un bravo e, per intimorirlo, legge confusamente una grida che annuncia pene severissime per chi impedisce un matrimonio. Ha qui inizio il tragicomico equivoco tra Renzo e l'Azzecca-garbugli che, credendo che il giovane si sia camuffato tagliandosi il ciuffo che contraddistingue i bravi, si complimenta con lui per la sua astuzia. Renzo nega di essere un bravo, ma l'avvocato non gli crede e lo invita a fidarsi di lui, prospettando poi una linea di difesa. Scoperto l'equivoco, Azzecca-garbugli si infuria e rifiuta di aiutarlo; lo caccia quindi riconsegnandogli i quattro capponi. Ancora una volta la giustizia sta dalla parte dei potenti: Renzo è colpevole di essere vittima nei confronti di un potente come Don Rodrigo.
Intanto Lucia e Agnese si consultano nuovamente tra loro e decidono di chiedere aiuto anche a fra Cristoforo. In quel momento giunge fra Galdino, un umile frate laico, in cerca di noci per il convento di Pescarenico, lo stesso dove vive il padre Cristoforo.
A questo punto Manzoni si sofferma con una digressione sulla carestia che lo porta a raccontare tramite fra Galdino un aneddoto riguardante un miracolo avvenuto in Romagna. Lucia dona a fra Galdino una gran quantità di noci affinché egli, non dovendo continuare l'elemosina, possa recarsi subito al convento ed esaudire la sua richiesta di inviare presso di loro fra Cristoforo.
Renzo fa quindi ritorno alla casa di Lucia e racconta il pessimo risultato del suo colloquio con Azzecca-garbugli. Tra Renzo e Agnese si accende una piccola discussione, subito placata da Lucia, circa la validità del consiglio di rivolgersi all'avvocato. Dopo alcuni sfoghi di Renzo ed altrettanti inviti alla calma da parte delle donne, il giovane torna a casa propria.
Digressione: interruzione del racconto per dare spiegazione su eventi o personaggi.
Tematiche
Manzoni nel I e II modulo ha dedicato diverso spazio al contesto storico-geografico, cioè all'epoca e al luogo della vicenda: inizi '600, Lecco, dominio degli Snoli che commettevano violenze e soprusi sulla popolazione.
Essi si comportavano da dominatori e da oppressori sul popolo indifeso che subiva le loro violenze.
L'altro tema è l' ingiustizia da parte dei potenti contro i deboli che non sono difesi neppure dalle leggi che vengono mal applicate.
Infine il tema religioso-morale: dal modulo emerge la debolezza morale-spirituale di Don Abbondio, che per il suo timore, si mette al servizio dei potenti e quindi non esegue la volontà di Dio, proteggendo i poveri, e rispettando i doveri del proprio ministero.
Più in generale nei primi due moduli ci vengono presentati i personaggi che andranno poi ad affrontare la vicenda.
Nel terzo modulo, com'era già stato affrontato nei primi due moduli, viene approfondito il tema della giustizia; cioè l'incapacità di applicare le leggi da parte delle istituzioni.
Infatti vengono accennate diverse gride formulate ampollosamente che, adattate ai potenti, servono solamente ad imbrogliare i deboli e a favorire,nei giudizi risolutivi delle contese gli interessi particolari delle classi privilegiate. Il tema della giustizia si personifica nell'avvocato Azzecca-garbugli.
I personaggi
Don Abbondio: curato di un piccolo paese vicino a Lecco, è uno dei personaggi di maggior spicco in questa vicenda, ma non è né nobile, né ricco, né coraggioso: "non ha certo un cuor di leone", "era un vaso di terracotta costretto a viaggiare tra altri di ferro". Il suo sistema di vita si basa su poche regole precise: scansare tutti i pericoli, schierarsi sempre dalla parte del più forte facendo però capire al debole che non era contro di lui, ma che non lo appoggiava solamente perché non era il più forte, rimanere sempre neutrale per evitare rischi, badare solo a sé stesso, non prendere mai posizione nei contrasti per evitare qualunque problema.Egli non è certamente ispirato dalla morale cristiana della non violenza, ma fa qualsiasi cosa purché non corra rischi. Questa natura, per niente coraggiosa, emerge nell'incontro con i bravi, quando infatti cerca una via di fuga e, quando si rende conto che l'unica maniera è affrontarli corre loro incontro e affretta i tempi così che la paura duri il meno possibile
Un fatto che sottolinea la paura dei potenti da parte del curato è che cede appena sente il nome di Don Rodrigo e si dichiara disposto ad ubbidire, pur sapendo di andare incontro ad un guaio.
Nel dialogo con Perpetua emerge la stizza per essere stato messo in mezzo per cose a cui non è interessato e si lamenta del fatto che solo i galantuomini vengono maltrattati.
Senz'altro non si può condividerne il comportamento, ma si può certamente provare una forte pena per un uomo così debole che si trova a vivere in un mondo e in una società che lo schiacciano con la loro violenza.
Perpetua:serva di Don Abbondio, aveva superato i quaranta anni ed era nubile, perché, "come diceva lei, non aveva voluto sposarsi e, per come dicevano le amiche, perché non aveva trovato nessun cane disposto);. Il Personaggio di Perpetua è un personaggio straordinario, una donna schietta, popolana, pettegola e un po' avventata. Ha comunque quel buon senso, quel modo di fare deciso, quello spirito di iniziativa che mancano a Don Abbondio; conosce bene il suo padrone e sa da che parte prenderlo, è sincera e ubbidiente, perchè affezionata al curato di cui compatisce la debolezza, ma è anche capace di comandare e di dare consigli che nascono dal buon senso, anche se, nella sua premura, entra una punta di curiosità. La descrizione che ce ne dà il Manzoni è viva, velatamente ironica, e ne traspare una donna curiosa che riesce a scoprire tutto sul curato, tramite una semplice ma forte la strategia che si basa sia sulla profonda conoscenza che ha dei comportamenti del curato e degli argomenti che possono far leva su di lui, presentati con una dolce ma ferma insistenza.
Lucia:dalla descrizione emerge che è una ragazza nel pieno della giovinezza, è orfana del padre e vive con la madre Agnese in una casa modesta, ma decorosa. Lavora in casa e nella filanda. Durante il racconto di Renzo manifesta terrore, smarrimento e angoscia. E' una ragazza modesta e di semplice bellezza; il rossore che più volte e sul suo volto è la distinzione della sua purezza. Le parole di Lucia sono poche, semplici ma esprimono fermezza e speranza.
Renzo: giovane di vent'anni, orfano fin dall'infanzia, è un umile operaio che però può ritenersi economicamente agiato e che s' innamora perdutamente di Lucia. È un giovane pacifico e "alieno dal sangue, schietto e nemico di ogni insidia, ma impulsivo e pronto ad infiammarsi di fronte ad un torto. Renzo è un giovane ingenuo e immaturo, ancora troppo fiducioso nel mondo; comunque possiede prontezza di spirito, sa tener testa con la prontezza della verità ad un uomo più esperto di lui come Azzeccagarbugli.
I bravi: uomini al servizio di nobili o potenti per i quali eseguono ordini, anche se contro la legge. Sono riconoscibili dall'abbigliamento e da un ciuffo di capelli che fuoriesce da una retina che avvolge il resto della capigliatura.La digressione sulle gride serve a dimostrare che, nonostante le leggi, i bravi godono dell'impunibilità, poiché protetti dai nobili.
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