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Schedatura del Libro
Autore Primo Levi
Titolo Se questo è un uomo
Anno di edizione 2005
Primo Levi nasce a Torino il 31 luglio del 1919, frequenta il Ginnasio Liceo D'Azeglio, ma preferisce le materie scientifiche a quelle classiche, infatti si iscrive al corso di chimica alla facoltà di Scienze dell'università di Torino e si laurea a pieni voti. Si unisce ad un gruppo partigiano in Val d'Aosta, ma viene arrestato dai nazisti nel dicembre '43 e deportato ad Auschwitz nei primi mesi del '44 con molti altri prigionieri. Passa in campo di concentramento quasi un anno fino a che, dopo varie traversie, sul finire del gennaio 1945 i soldati russi lo liberano insieme a pochi altri sopravvissuti. Fa ritorno in Italia nel mese di ottobre, e nel 1946 scrive Se questo è un uomo,che viene pubblicato un anno dopo dalla De Silva, e da Einaudi nel '56. Verrà poi tradotto in varie lingue e venduto in tutto il mondo; Levi pubblica anche La tregua, Storie naturali, Vizio di forma, La chiave a stella, Se non ora, quando?, Sistema periodico, I sommersi e i salvati.
Questo libro narra dell'arrivo e
della permanenza di Primo Levi nel campo di concentramento di Auschwitz. Tutti
i nuovi arrivati venivano contrassegnati con un numero, che dovevano imparare a
memoria, poiché esso costituiva il loro "passaporto" per i servizi, anche se
pessimi, del campo. Questo, che ospitava
più di 10.000 prigionieri, era organizzato in baracche, dette Blocks,
ciascuna con diverso ruolo: dormitorio, cucina, doccia, latrina, Ka-Be (l'infermeria);
poi c'era
Ciò che in questo libro viene criticato da Primo Levi, a proposito dei campi di concentramento e di sterminio, è l'umiliazione della persona e del degrado umano in cui egli stesso ha vissuto. Poco a poco il Lager trasforma gli uomini in una sorta di zombie, oggetti che non hanno nome, funzione o scopo, se non quello di esistere, se così si può chiamare l'esistenza del campo. "la massa anonima, continuamente rinnovata e sempre identica, dei non-uomini che marciano e faticano in silenzio, spenta in loro la scintilla divina, già troppo vuoti per soffrire veramente. Si esita a chiamarli vivi: si esita a chiamar morte la loro morte, davanti a cui essi non temono perché sono troppo stanche per comprenderla" così cita Primo Levi in uno dei moduli del libro. L'umiliazione che un comune prigioniero riceve tutti i giorni, a forza di bastonate, e il senso di inutilità aiutano il realizzarsi dell'opera dei tedeschi: la distruzione dell'uomo. Come Levi stesso dice, "distruggere l'uomo è difficile, quasi quanto crearlo, non è stato agevole, non è stato breve, ma ci siete riusciti, tedeschi".
Dopo aver letto questo libro ho dovuto riconsiderare le mie conoscenze sul razzismo, in particolare ciò che riguarda i campi di concentramento. Sinceramente sono rimasto stupito dalla storia di Primo Levi, perché non avrei mai pensato che un comune prigioniero come lui potesse resistere tanto tempo in lager: prima pensavo che i prigionieri deportati nei campi tedeschi e polacchi, dopo aver trascorso pochi mesi, se non pochi giorni all'interno dei lager, venissero immediatamente condotti alle camere a gas. Avevo mal valutato la considerazione che i tedeschi avevano nei confronti dei propri detenuti: ora ho capito che per la Germania vi era in primo piano la potenzialità lavorativa di quelle moltitudini, e che le diversità etniche e razziali sono state le scuse con cui i nazisti hanno ingaggiato milioni di lavoratori che non avrebbero dovuto are e che, anzi, dovevano soffrire e aguzzare l'ingegno per sopravvivere. I tedeschi risparmiavano solo i più forti e i più idonei a lavorare, oltre a quelli che nel campo si erano fatti una reputazione di organizzatori, che sapevano provvedere a se stessi, mentre sterminavano quelli che non disponevano di capacità lavorative o che minavano la disciplina del lager. Nel racconto si parla dei vari modi di ottenere razioni supplementari di cibo, tramite rapine e commerci, avvenuti in segreto, e c'è una strana idea di bene e male, poiché riuscire in un'opera di furto significa essere astuti e perciò rispettati, sottostare alle regole del campo significa soccombere nel giro di poco tempo. Dopo aver letto la parte che afferma questo, mi sono spaventato, perché, immaginando di essermi trovato al posto del protagonista, io non avrei avuto il coraggio, o il pudore e la mediocrità di intraprendere atti a me noti come reati per sopravvivere, e quindi non sarei sopravvissuto. In questo modo il campo di concentramento rovina le persone, fa scordare loro i valori più importanti della vita, come l'amore, l'amicizia e la lealtà; nel lager ciascuno pensa a se stesso, tutto ciò che è bene per lui è bene, gli altri sono solo degli ostacoli al bene della sua persona, e perciò non sono degni di attenzione, e vanno eliminati. Questo libro mi ha molto interessato, poiché mi è servito ad ampliare le mie conoscenze e a vivere indirettamente le atrocità subite dagli ebrei nei campi di concentramento.
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