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Il romanzo Una Vita narra la vicenda di Alfonso Nitti, impiegato presso la ditta Maller dotato di una certa cultura umanistica ed improbabili ambizioni di scrittore. Egli vive a Trieste in una camera che ha preso in affitto e soffre per la monotonia e lo squallore della propria esistenza. Egli è un uomo solo, diviso dalla società in cui vive ed in particolare dal mondo cittadino che lo accoglie con tutta la sua freddezza ed al quale il giovane oppone una progressiva introspezione; si presenta per la prima volta nella lettera iniziale alla madre dove appare con chiarezza come la città, la banca, la società in cui è costretto a vivere siano per lui ostili e brutali ed emerge subito la sua tendenza ad autocompatirsi, la sua incapacità di lottare e vivere nella società; quando viene invitato a casa Maller, per esempio, prepara in anticipo vuoti discorsi ma una volta in salotto è imbarazzato, vuole fuggire, non riesce a dire ciò che avrebbe voluto. Egli sogna di diventare un grande scrittore, sogna dei diventare un grande filosofo. Questo continuo contrasto tra sogno e realtà accentua un'altra caratteristica del personaggio tipica dell'inetto di Svevo: il sopraggiungere della malattia, del malessere che è indice di disadattamento da cui Alfonso si solleva solo parzialmente con le evasioni fuori città, con le quali esce da un senso di inferiorità che sente con le persone che sente superiori a lui. L'occasione di mutare la propria vita e di realizzare le sue ambizioni gli si presenta quando la lia del signor Maller, Annetta, su suggerimento del colto cugino Macario, prima invita Alfonso a partecipare alle serate letterarie che tiene in casa propria e poi lo sceglie per scrivere un romanzo a quattro mani. Annetta, per noia e capriccio, accetta la corte di Alfonso e s'invaghisce di lui. Ella ci viene presentata come una donna disinvolta, che si concede e poi si nega. E' una donna annoiata dalla vita che conduce e deve sempre trovarsi nuovi svaghi come per esempio la musica o la letteratura, tutti questi passatempi vengono però portati avanti con scarso interesse e scarso profitto. E' con la scrittura del libro che Annetta mostra tutte le sue differenze da Alfonso; ella è poi vanitosa, testarda, orgogliosa e ben consapevole della propria superiorità nei confronti di Alfonso. Con la complicità, poco spontanea, di Francesca, governante ed amante del signor Maller, Alfonso riesce così a sedurla, ma immediatamente scopre di non provare dalla relazione quella gioia che immaginava. Così, dopo una notte d'amore, rifiuta il suggerimento di Francesca di star vicino ad Annetta per sfruttare la situazione e combinare il matrimonio, e fugge al paese natale col pretesto d'assistere la vecchia madre, che poi scopre essere veramente sofferente di una grave malattia alla quale non sopravvive. La lunga assenza sarà fatale ad Alfonso; infatti, Annetta, passato l'entusiasmo del momento, si fidanza col cugino Macario. Al suo ritorno Alfonso oscilla tra rassegnazione, orgoglio per aver rinunciato ad un amore d'interesse e delusione per vedersi nuovamente risucchiato nella squallida vita di sempre. In ditta viene messo da parte e trasferito ad un incarico meno remunerativo. Perde quindi il controllo della situazione: affronta il signor Maller con delle minacce e cerca di rivedere Annetta, ottenendo però solo di venire sfidato a duello dal fratello di lei. Vedendosi ormai perduto non gli resta che un atto estremo di ribellione: il suicidio.
Nel romanzo non ci sono riferimenti storici a differenza del romanzo naturalista-verista. A Svevo interessa delineare semplicemente una vita e le sue caratteristiche, non avrebbe senso datarla in modo preciso. E' vero però che ci sono alcuni riferimenti letterari a scrittori ad Alfonso contemporanei (Balzac . ), tecnologici (si cita il treno, non c'è energia elettrica . ), da ciò deduciamo che la vicenda possa essere ambientata verso la fine del 1800.
La vicenda dura poi circa tre anni che sono scanditi dai turni di ferie degli impiegato e dall'arrivo dell'inverno.
Il tempo del romanzo scorre in modo non uniforme. Ci sono momenti in cui scorre lento (il primo giorno in banca, la prima passeggiata) in altri momenti invece si procede per sintesi (il lavoro in banca, gli studi in biblioteca, i tentativi di traduzione filosofica). La caratteristica principale dello scorrere del tempo nel racconto è la lentezza: nel romanzo succedono ben pochi eventi significativi, la vita di Alfonso è ripetitiva, il tempo è dilatato dalle continue riflessioni del protagonista; dopotutto queste sono le caratteristiche del romanzo della prima parte del '900, sull'azione prevale la riflessione.
Nel romanzo la descrizione degli ambienti è in relazione allo stato d'animo del protagonista quindi, per quanto riguarda gli esterni: Trieste è una città squallida e grigia in relazione all'oppressione che prova Alfonso, i dintorni di Trieste sono invece visti in modo positivo, luogo d'emozione, la camna da dove Alfonso proviene è vagheggiata ma quando la ritrova il vagheggiamento cessa.
Questo vale anche per gli interni: casa Maller appare bella, sfarzosa al protagonista che oppone quella casa a quella dei Lanucci, tuttavia dice Svevo:"un occhio più esercitato avrebbe scorto in quell'addobbo qualche cosa di eccessivo, ma era la prima volta che Alfonso vedeva di tali ricchezze e si lasciava abbagliare"; sono anche descritti l'ambiente della banca e la sua casa in camna ormai in decadenza. Lo stesso discorso vale anche per la natura, c'è una corrispondenza tra stato d'animo e paesaggi, la natura è serena durante le passeggiate, è invece nemica, quando la madre muore.
Macario inoltre, riferendosi alla natura, delinea due concezioni opposte di vita: coloro che lottano per essa e coloro che la subiscono, vi è un chiaro confronto tra vincenti e perdenti.
Macario infatti paragona i vincenti agli uccelli mentre i perdenti sono i pesci che si lasciano divorare dagli uccelli.
IL protagonista si presenta per la prima volta nella lettera iniziale alla madre dove appare con chiarezza come la città, la banca, la società in cui è costretto a vivere siano per lui ostili e brutali ed emerge subito la sua tendenza ad autocompatirsi, la sua incapacità di lottare e vivere nella società; quando viene invitato a casa Maller prepara in anticipo vuoti discorsi ma una volta in salotto è imbarazzato, vuole fuggire, non riesce a dire ciò che avrebbe voluto. Egli sogna di diventare un grande scrittore, sogna dei diventare un grande filosofo, immagina Annetta come una dea. Questo continuo contrasto tra sogno e realtà accentua un'altra caratteristica del personaggio tipica dell'inetto di Svevo: il sopraggiungere della malattia, del malessere che è indice di disadattamento da cui Alfonso si solleva solo parzialmente con le evasioni fuori città, esce da un senso di inferiorità che sente con le persone che percepisce a lui superiori.
Per Alfonso anche la decisione del suicidio è associata al sogno, la lettera finale ci fa capire come è finita una delle tante esistenze anonime segnate dal fallimento e da una tragica impotenza.
Annetta ci viene presentata come una donna disinvolta, che si concede e poi si nega.
E' una donna annoiata dalla vita che conduce e deve sempre trovarsi nuovi svaghi come per esempio la musica o la letteratura, tutti questi passatempi vengono però portati avanti con scarso interesse e altrettanto scarso profitto.
E' con la scrittura del libro che Annetta mostra tutte le sue differenze da Alfonso, l'idea di Annetta è piuttosto prevedibile attinge alle risorse più banali con duchi, industriali e l'immancabile, scontato lieto fine; ella è poi vanitosa, testarda, orgogliosa, superba e ben consapevole della propria superiorità nei confronti di Alfonso.
Gli altri personaggi sono: il signor Maller, i colleghi di Alfonso (White, Miceni, Ballina, Sanneo . ), Macario (il cugino di Annetta), il signor Lanucci, la signora Lanucci, Lucia (lia dei Lanucci), Gustavo (lio dei Lanucci) Francesca, Santo, la madre di Alfonso, e alcuni compaesani del protagonista.
La ura dell'inetto
Un ruolo centrale nella narrativa di Svevo è occupato dalla ura dell'inetto. L'inetto si contrappone all'esteta, infatti si sente inadatto a vivere poiché non riesce ad aderire alla vita, non ha valori in cui credere, non ha scopi, non ha un ruolo nella società in cui riconoscersi, quindi non riesce a dare un senso alla propria vita. Inoltre l'inetto si sente malato di quella malattia che è il disagio del '900: l'incapacità di provare sentimenti, che provoca nell'uomo un intenso alone di tristezza e di infelicità. L'inetto quindi, è sempre un eroe sconfitto che potrebbe apparire al pubblico molto simile ai personaggi vinti rappresentati da Verga, ma esiste una notevole differenza: mentre la sconfitta dei vinti era da imputare esclusivamente all'ambiente, il fallimento dell'inetto è da ricondurre alla frattura venutasi a creare tra l'io e la realtà e all'interno dell'uomo con la scoperta dell'inconscio. Tutti i personaggi protagonisti dei romanzi di Svevo sono quindi degli inetti. Questa è la ura letteraria, il tipo di personaggio che viene consegnato alla letteratura del Novecento.
L'inetto è incapace di "vivere come gli altri" e di "fare come gli altri", reagisce alla sua incapacità rifugiandosi alternativamente nell'alibi della propria superiorità intellettuale o nei sogni di una vita improbabile, densa di azioni clamorose e di gesti eccezionali.
Alfonso prima si sente vivo perché seduce Annetta, poi ha paura di tuffarsi nella vita e si autoinganna e inganna gli altri con l'ipocrisia del sacrificio. Egli cioè maschera la decisione di scappare lontano dalle responsabilità e dalla lotta con la scusa di sacrificarsi per il bene di Annetta (è Annetta che gli chiede di allontanarsi; lui non vuole avere l'aria dell'arrampicatore sociale ecc.). Poi, saputo che Annetta sposerà un altro, Alfonso spera di passare dal ruolo scomodo di traditore a quello, gradito, di abbandonato (è il ruolo che più soddisfa il suo desiderio di autocommiserazione e di pietà altrui). Questo ruolo lo mette al riparo dai rischi dell'esistenza, giustifica la sua rinuncia e lo colloca in uno stato in cui egli si sente "felice, equilibrato, come un vecchio."
E' subito evidente uno scarto dal romanzo naturalista, poiché le cause della sconfitta di Alfonso sono ricondotte da Svevo non a ragioni esterne, sociali, ma interiori, a un suo modo di essere. Alfonso è sconfitto da qualcosa che ha dentro, anteriore ad ogni suo incontro con gli altri.
Spesso ritorna, nei momenti chiave, una parola: 'lotta'. Alfonso non sa lottare, è un inetto. Un'altra tematica fondamentale dell'opera sveviana, strettamente legata al tema precedente, è la malattia; Svevo sostiene che i veri malati sono coloro che hanno delle certezze immodificabili su cui basano la propria esistenza e che non sanno analizzare se stessi, pertanto il confine fra sanità e malattia si assottiglia notevolmente, in un clima di malattia universale, in cui tutto è soggetto ad una generale degradazione, e questo atteggiamento è sintomo della crisi delle certezze che caratterizza l'inizio del '900.
Altre tematiche sveviane sono la morte e il suicidio, visti come una liberazione dalle sofferenze del mondo; Svevo parla anche di degenerazione, cioè vede ogni realtà della natura soggetta a crescita, decomposizione e morte, e di molteplicità dell'individuo, perché nelle sue opere mostra di essere cosciente della pluralità dei piani della psiche, dell'esistenza nell'individuo di aspetti di cui neanch'egli è pienamente cosciente, tutto ciò rende il soggetto "multisfaccettato".
LA DONNA E L'AMORE
Una delle caratteristiche principali della ura dell'inetto è l'incapacità di provare sentimenti verso gli altri. I personaggi rappresentati da Svevo non riusciranno mai ad avere una relazione duratura, anche perché vogliono evitare quelle ovvie responsabilità derivanti da un matrimonio. Per esempio, l'amore di Alfonso per Annetta in 'Una vita' è semplicemente un'occasione per elevarsi da quella condizione di inferiorità a cui il protagonista deve sottostare fin dalla nascita.
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