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VITA NUOVA di Dante Alighieri
Nel 1290 Dante inizia a scrivere
PROEMIO
Dante utilizza, nella prima riga, la metafora topica del libro della memoria (come nella Divina Commedia - Inferno - Canto II). Nella Vita Nuova vi è costantemente la narrazione (non sempre semplice) accostata a costruzioni simboliche e allegoriche ben precise. Si parla perciò di un libro della memoria diviso in vari moduli, che corrispondono ai periodi della vita di Dante. Nella seconda riga rubrica indica il titolo di un modulo, che sarebbe "Incipit vita nova". I titoli dei libri e dei singoli moduli erano in latino anche nelle opere in volgare. Con il termine "vita nuova" si fa riferimento alla giovinezza. Nel Proemio l'autore dice che il libro contiene fatti (parole r.3) e che Dante vuole attingere alla memoria per scrivere un libro destinato al pubblico: è così espresso il passaggio dal libro metaforico al libro reale. Il Proemio è scritto in prosa in uno stile abbastanza facile e comprensibile che può essere paragonata alla prosa latina (che in questo caso viene presa come modello).
A causa di questa donna schermo (che è un senhal per non
rivelarne l'identità) Dante perde il saluto di Beatrice (il saluto della
donna amata era molto importante per gli stilnovisti). Ciò determina in
Dante una grande frustrazione, che si risolverà nel Cap. XIX con una
svolta di poetica e con
È una canzone dottrinale che inaugura le Nove Rime, che per
Dante sono all'inizio di una vera e propria rivoluzione poetica. Dante afferma
che tutta la poesia d'amore fin lì (dai provenzali al Dolce Stil Novo e
a lui stesso nella Vita Nuova) sia
basata sulla ricerca da parte dell'amante del saluto dell'amata come atto di
accettazione. Però a questo punto Dante dice che l'oggetto importante
è la lode dell'amata in quanto tale e non più quindi la ricerca
di un riconoscimento come amante. La donna deve essere lodata in quanto tale
con tutte le sue virtù senza richiederle nulla in cambio. Dante vede
l'amore disinteressato come forma più alta e pura d'amore. questa
canzone si rivolge a un pubblico ben preciso: le donne che conoscono l'amore puro
e spirituale. Queste donne sono il pubblico privilegiato della Vita Nuova e rimandano al pubblico
borghese, colto e raffinato cui si rivolge Dante. Con le Nove Rime c'è
una rivoluzione poetica; sono due infatti i modelli poetici cui Dante si
rifà: Guido Guinizzelli e Guido Cavalcanti. "Nove" deriva dal latino
novus e in toscano l'esito è o novo (con la "o" aperta) o il dittongo
nuovo. In genere novo si usa in poesia, nuovo per la prosa (il nuovo in Vita Nuova si riferisce alla prosa). Le
Nove Rime segnano la prevalenza del modello più antico di Guinizzelli:
l'amore positivo e beatificante, contrapposto a quello tragico di Cavalcanti.
Alcuni critici vedono questo come una rivoluzione in poesia di Dante e come una
rivoluzione della stessa storia della poesia italiana. Le Nove Rime anticipano
per molti aspetti le poesie di Petrarca. La seconda parte della Vita Nuova è caratterizzata da un
momento in cui Dante ha una forma di preveggenza: prevede infatti la morte di
Beatrice, che avviene poco dopo e sarà rappresentata per analogia con
parole prese dai Vangeli che si rifanno alla morte di Cristo. Dopo la morte di
Beatrice, Dante ha un periodo di traviamento durante il quale mostra amore
verso la cosiddetta donna gentile, una ura complessa e difficile da
identificare, poiché nella Vita Nuova
Dante la fa apparire come un nuovo amore che lo distoglie da Beatrice.
Più avanti, quando termina
Donne che avete conoscenza dell'amore, io voglio parlare con voi della mia donna, non perché io creda dio esaurire la sua lode, ma solo per sfogare il cuore. Io affermo che solo pensando alla sua virtù l'amore mi fa provare una sensazione così dolce che in quel momento, se io non perdessi il coraggio, farei innamorare la gente solo con la mia poesia. Ma io non voglio parlare in un modo così oscuro da diventare vile a causa del timore (di non essere all'altezza), ma parlerò della sua condizione nobile in modo semplice di fronte a voi, donne e fanciulle piene d'amore, perché questa non è materia da trattare con chiunque.
Un angelo del cielo si lamenta con Dio e afferma: "Signore, sulla Terra si vedono atti miracolosi nel comportamento che si manifestano in un'anima, il cui valore risplende fin quassù". Il cielo, che non conosce altra mancanza se non quella d'averla (fra i santi), la chiede a Dio e ciascun santo chiede la grazia d'averla in cielo. La sola pietà che si manifesta in Dio prende le nostre difese, Dio che comprende bene il valore della mia signora: "Oh miei amati sopportate in pace che la vostra speranza rimanga per quanto tempo mi piace là sulla Terra dove c'è qualcuno (Dante) che si aspetta di perderla e che una volta giunto all'Inferno dirà: <<Oh anime dannate, io ho visto la speranza di coloro che sono beati>>".
La mia signora è desiderata in Paradiso: ora voglio parlare con voi (donne) della sua virtù. Affermo che qualunque donna voglia mostrarsi nobile deve camminare con lei, che quando cammina per strada l'amore getta nei cuori villani una freddezza che fa ghiacciare e morire ogni loro pensiero, e chiunque desidera di contemplarla a lungo o diviene un essere nobile o è destinato a morire. E quando incontra qualcuno che sia degno di vederla, questa sperimenta la sua forza straordinaria, perché tutto ciò che ella perdona si trasforma in salvezza e lo rende umile a tal punto che dimentica ogni offesa. Dio le ha dato un potere ancora maggiore perché non può morire dannato colui che ha parlato con lei.
Afferma di lei Amore: "Un essere mortale può essere così nobile e puro?" Poi la guarda e fra sé stesso giura che Dio vuol fare per mezzo di lei una cosa straordinaria. La sua carnagione ha il colore delle perle in misura tale quale una deve avere, non in forma eccessiva: ella è quanto di bene può creare la natura; la bellezza si misura prendendola ad esempio. Dai suoi occhi, a seconda di come li muove, escono degli spiritelli infiammati d'amore che colpiscono gli occhi di chiunque la guardi e penetrano in modo tale che ciascuno di essi va a finire nel cuore. Voi le vedete Amore stesso rafurato nello sguardo, proprio là dove nessuno può guardare fissamente.
Canzone, io so che tu andrai parlando a molte donne quando io ti avrò finita. Io ti ammonisco, dato che ti ho cresciuta come lia d'Amore, giovane e musicale, che là dove tu arrivi dica pregando: "Insegnatemi la strada perché sono mandata da colei delle cui lodi io sono adornata". E se non vuoi muoverti nel mondo vanamente, non fermarti dove c'è gente villana: cerca, se puoi, di mostrarti solo a uomini e donne nobili che ti condurranno là (da Beatrice) per la via più breve. Tu troverai Amore con lei (Beatrice); raccomandami a lui nel modo migliore che puoi
Donne ch'avete intelletto d'amore è, come già detto, una canzone dottrinale in endecasillabi che presenta molte caratteristiche principali del Dolce Stil Novo. Lo stile è altissimo o tragico. Nella prima strofa si introduce l'argomento con un impianto dialogico e drammatico. Appare al v.1 l'interlocutore diretto: le donne che conoscono l'amore. Queste donne simboleggiano un pubblico borghese e colto, che ama le poesie d'amore e favorisce la nascita del Dolce Stil Novo. Fin dall'incipit si evidenzia la prima differenza con la poesia cortese tradizionale: in quest'ultima infatti spesso era presente un interlocutore, o la donna amata (di cui si chiedevano i favori) o il componimento stesso. Qui la donna non è più l'interlocutore diretto ma l'oggetto della lode. La donna qui è la materia stessa della poesia perché è la suprema incarnazione dell'amore.
La seconda strofa rappresenta il primo passo della trattazione e
c'è un secondo e un terzo dialogo: il primo è quello tra il poeta
e le donne, il secondo è fra un angelo e Dio e il terzo fra Dio e i
beati. I beati gli dicono che l'unico difetto del Paradiso è il non
avere Beatrice (la donna-angelo). La stanza inizia con
Nella terza stanza si celebra il concetto di donna-angelo come colei
che con il suo semplice saluto trasforma la natura di chi
La quarta stanza rappresenta la fine del trattato e vi è un
ulteriore esempio di dialogo fra il poeta e le donne. Color di perle ha quasi (v.47) è una metafora che
sarà ripresa anche da Petrarca per celebrare Laura. In questa stanza vi
è la celebrazione massima della donna-angelo come mediatrice fra cielo e
terra. ½ è una serie di concetti tradizionali dello Stil Novo portati
al massimo grado e ordinati. Questa stanza inizia con
La quinta stanza è il congedo, anche dal punto di vista del trattato filosofico. Viene introdotto un nuovo dialogo: quello tra Dante e la canzone stessa [già visto in Perch'i' no spero di tornar giammai di Guido Cavalcanti]. Tostana (v.68) significa "più breve". La conclusione di questa poesia è più tradizionale: nel colloquio tra il poeta e la sua canzone c'è l'esortazione ad andare da Beatrice e di rivolgersi solo a persone nobili e non ai villani.
Il prosimetrum si diffonde già all'inizio del Medioevo con Manlio Anicio Torquato Severino Boezio
(Roma 480 - Pavia 526), con De
consolatione philosophiae, e Marziano
Capella (Martianus Capella) (Madaura secolo IV-V), con Le nozze di Mercurio con la filologia (De nuptiis Mecurii et Philologiae). Boezio influenza fortemente
Dante nella ricerca di un significato filosofico legato all'amore. un altro
testo che influenza fortemente Dante sono le Confessioni (Confessiones)
di Sant'Agostino, un testo in prosa della tarda latinità e la prima
autobiografia spirituale dell'Occidente. In questo testo Agostino narra le
tappe che lo portano alla conversione al Cristianesimo. Dante ha in più
di Agostino l'elemento allegorico accentuato, non presente nelle Confessioni. Inoltre per
Il Cap. XXVI è centrale nella Vita Nuova perché contiene un prosimetrum molto famoso di Dante: Tanto gentile e tanto onesta pare, che si inserisce nella poetica della lode per Beatrice. Questa lode si manifesta dopo il presagio che Dante ha in sogno circa la morte imminente di Beatrice. Questo presagio è narrato in questo sonetto sopraccitato, molto complesso e che riprende come tematiche quelle di Guido Cavalcanti, sebbene si avverta anche una costruzione analogica. Infatti Dante si rifarà alla morte di Cristo per narrare quella di Beatrice. Nel Cap. XXVI quindi sfocia la poetica della lode dopo lo smarrimento di Dante. Il sonetto Tanto gentile e tanto onesta pare è al vertice della poetica della lode ed è preceduto da un brano in prosa in cui l'autore descrive i modi in cui Beatrice cammina per strada e gli effetti che ha sulle persone. È quindi una spiegazione che anticipa il contenuto della poesia.
Nell'introduzione accennata Dante si propone di scrivere un sonetto su di lei. Dalla riga 15 all 17 il sommo poeta dice che grazio a questo testo tutti ora possono avere testimonianza della magnificenza di Beatrice. Qui Dante si rifà al Vangelo di Giovanni (Betsaida I secolo - Efeso I secolo d.C.), che dice alla fine "beati quelli che crederanno anche senza vedere", in cui si rimarca un'analogia con questo episodio (e anche a quello di San Tommaso).
TANTO GENTILE E TANTO ONESTA PARE
Commento
In questa poesia c'è la sistemazione organica del Dolce Stil Novo. È un sonetto che sembra semplice ma che in realtà i termini che sono usati vengono utilizzati ancora oggi, ma con un significato diverso, perché logicamente la lingua in sette secoli ha subito una profonda trasformazione. Contini ha dedicato uno studio preciso a Tanto gentile e tanto onesta pare ed ha individuato una serie di parole importanti nel testo che nel corso del tempo hanno subito un trasformazione radicale. Lo scopo di Contini è quello di studiare la trasformazione del linguaggio per risalire al pensiero della società di Dante. Per il critico le parole che sono mutate di significato sono tre: gentile, onesta e pare (verbo parere) (tutte al verso 1), delle quali troviamo nel testo alcuni sinonimi, come mostrare (v.8) e mostrasi (v.9). Gentile e onesta sono due doti del comportamento: gentile per Dante vuole dire "nobile d'animo" ma nel corso del tempo perde d'intensità nel significato; onesta per il poeta indica la "nobiltà del comportamento verso gli altri", ovvero regale o solenne; pare per Dante vuole dire "mostrarsi chiaramente", "manifestarsi nel modo più alto", mentre per noi significa "sembrare". Inoltre in questa poesia prevalgono i verbi: a Dante interessa descrivere gli effetti e le reazioni che Beatrice ha sugli altri: non vuole descrivere Beatrice in sé. In questa poesia vi è anche la rappresentazione di Beatrice come miracolo o come creatura miracolosa; questa rappresentazione ci fa capire la mentalità simbolica del Medioevo. Infatti in quest'epoca non era tanto importante descrivere cose e oggetti nel rapporto causa effetto, giacché i fenomeni terreni venivano considerati di secondaria importanza rispetto al rapporto con Dio (quindi la vita ha valore solo perché Dio manifesta con gli oggetti sulla Terra il proprio potere). Nel caso di Dante, la bellezza di Beatrice è tale che Dio si serve di lei per mandare un preciso messaggio divino. Per il sommo poeta infatti le cose sulla Terra non sono semplici oggetti ma messaggi di Dio. Questo rapporto tra le cose della Terra e Dio si complica: in Dante le cose che rappresenta hanno valore in loro stesse e sono costruite in modo realistico e complesso. Si tratta di una mentalità allegorica molto complicata che emerge quando le cose sulla Terra hanno valore in loro stesse sebbene abbiano comunque un legame misterioso con l'Aldilà. Il simbolismo, presente in Tanto gentile e tanto onesta pare, è un rapporto semplice mentre l'allegoria, presente nella Divina Commedia, è maggiormente complesso.
Al verso 4 e al verso 10 ricorre la tematica dell'innamoramento attraverso gli occhi. Al verso 13 Dante riprende la filosofia scolastica parlando dello spiritus fantasticus (spirito v.13).
Poco dopo Beatrice muore e Dante vive un momento di crisi interiore, durante il quale incontra la donna gentile, che mostra pietà verso il poeta che si invaghisce di lei. La donna gentile rappresenta un traviamento momentaneo poiché alla fine dell'opera Dante ritorna ad amare Beatrice e compone per lei l'ultimo sonetto Oltre la spera che più larga gira, dove l'amata è contemplata in cielo. Nella conclusione Dante afferma di non volere scrivere più nulla di lei finché su ella non sarà possibile scrivere un opera straordinaria: molti hanno visto in quest'affermazione un annuncio della Divina Commedia. Nella Vita Nuova la donna gentile è intesa come donna in carne e ossa mentre successivamente è interpretata in modo allegorico per spiegare il periodo in cui Dante si dedica all'Averroismo e ad altre filosofie eterodosse.
Oltre la spera che più larga gira è preceduta da un commento in prosa dove Dante commenta ogni singola parte. È una premessa di esegesi al sonetto conclusivo, del quale viene sottolineata l'importanza. Probabilmente Dante risponde con questo commento a una critica che gli muove Cecco Angiolieri, suo amico fra l'altro, che sostiene che il sonetto in questione sia eccessivamente complicato. Forse è per questo motivo che Dante inserisce un commento così articolato.
Al verso 14 continua la poetica della lode e Dante continua a rivolgersi a un pubblico femminile. Il sonetto narra di una visione e della contemplazione di Beatrice, in cielo tra i beati, che anticipa il Paradiso della Divina Commedia. Solamente che qui Dante non va in Paradiso con la persona e fisicamente (che all'epoca considerava una sfida eccessiva e un atto blasfemo) ma vi si reca col proprio pensiero con una parte di sé che è intermediaria fra le donne e il poeta: il sospiro generato dall'amore. Le quartine indicano il viaggio di andata dal cuore al Paradiso e sono legate alle terzine da un' anabiblosi, perché mira (v.8) e vedela (v.9) sono sinonimi. Il tema del sonetto è quello della visione e dell'ineffabilità. Visione perché è una capacità ultraterrena che interessa la mens e va oltre le normali capacità umane; ineffabilità (ovvero il voler dire qualcosa che non si riesce ad afferrare e a pronunciare) perché le parole umane non possono esprimere quello che Dante ha visto. Così il poeta anticipa quello che spiegherà nel Paradiso della Divina Commedia, ovvero che le sue parole possono riportare solo un riflesso opaco di quello che ha visto. Ciò viene dunque anticipato in questo sonetto, ad esempio al verso 10 con sottile e al 13 quando Dante comprende solo il nome di Beatrice. Ciò dà alla poesia un valore di verità perché la donna amata conferisce a questo sonetto il valore di una testimonianza che può essere presa per vera.
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