Adelphoe
«I fratelli»
Il
vecchio Demea ha un fratello, Micione, e due li, Ctesifone ed Eschino.
Ctesifone viene tirato su dal padre con severità catoniana: in camna,
secondo le più rigide norme del mos moiorum; Eschino, affidato allo zio,
in città e secondo canoni assai più elastici e comprensivi ("alla
greca"). All'inizio dell'azione, Eschino ama Panfila, fanciulla onesta, povera
e in procinto di dargli un lio; Ctesifone ama Bacchide, una meretrice.
Eschino, generoso e sicuro di sé, intraprende un'azione di forza in favore del
timido fratello: va dal ruffiano e gli porta via Bacchide. Le apparenze
accusano Eschino, Panfila vede profilarsi un futuro tutto nero per sé e il
lioletto, i metodi pedagogici di Micione sembrano volgere al fallimento. Un
amico di famiglia, Egione, contribuisce a far luce sulla verità. Le cose
si metterebbero davvero male per Ctesifone, se suo padre, stanco
dell'impopolarità di cui gode, non decidesse di cambiare radicalmente
atteggiamento e metodo. Ma la liberalità -quasi eccessiva - da lui
sfoggiata in questo suo "nuovo corso" non è del tutto spontanea. Demea
rinuncia infatti ai suoi principi per tattica, non per convinzione, e nel
finale prova una vera ebbrezza nel vendicarsi del troppo popolare fratello:
ingenuamente spalleggiato da Eschino, costringe Micione, sin qui scapolo
convinto e incallito, a prendere in moglie la vecchia madre di Panfila, a
regalare un vasto podere al povero amico Egione, a dare la libertà al
servo Siro e alla sua comna Frigia, ad anticipare sotto forma di prestito
una somma iniziale per le prime necessità dei due nuovi liberti. Alla
fine Micione, alquanto frastornato, non può esimersi dal chiedergli
ragione dell'improvviso mutamento. Demea risponde di aver voluto dimostrare
che è facile riuscire simpatici ai giovani praticando l'arrendevolezza
e l'indulgenza; quanto ai li, che spendano e spandano a loro piacimento, ma
sappiano che lui è sempre pronto a dar loro qualche buon consiglio. La
conclusione è che l'antipatico catoniano ha imparato qualcosa, ma anche
il simpatico fautore del vivere alla greca è chiamato a rivedere i suoi
metodi educativi. Dall'omonima commedia di Menandro, ma, come dichiara il
prologo, con l'inserzione dell'episodio del ratto della meretrice, tratto da
un'altra commedia menandrea, Synapothnéskontes (~Coloro che muoiono insieme»),
che to aveva imitato nei suoi Commorientes, commedia oggi perduta,
tralasciando proprio quel solo episodio.