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di Plauto
Analisi del Testo:
o Titolo del dramma: Aulularia
Titolo del dramma nella traduzione italiana: La commedia della pentola
Titolo del modello greco: Probabile derivazione da un originale menandreo
Ricorso alla contaminatio: Il tema principale della commedia è quello dell'avaro beffato. Vi si ritrovano però altri elementi, riferibili ad altre commedie greche, quali ad esempio, la storia degli amanti che non si conoscono, il matrimonio progettato tra un anziano ed una giovane, ma celebrato poi tra due giovani che si amano, l'equivoco verbale nella discussione tra due personaggi.
o Elementi dell'ambientazione e della scena: L'azione si svolge ad Atene. Sulla scena si trovano due case, quella di Euclione e quella di Megadoro; in mezzo sta il tempio della Buona Fede. Gran parte della commedia si svolge all'esterno degli edifici, dove avvengono quasi tutti i dialoghi e gli incontri tra i personaggi.
I luoghi, considerata anche la totale assenza di caratterizzazione degli stessi, hanno valore solo simbolico. Infatti, ai fini dello sviluppo narrativo, il ruolo dei luoghi è indifferente: quasi tutta l'azione si svolge all'aperto; anche il tempio della Buona Fede, luogo in cui Euclione nasconde la pentola, è importante non come luogo di culto, ma solo in quanto nascondiglio.
L'epoca della narrazione non è specificata, tuttavia si può affermare che la vicenda è ambientata nel periodo in cui vive Plauto, ossia tra il III e il II secolo a.C.
Ai fini dello sviluppo narrativo il ruolo del tempo non è determinante. Nell'Aulularia si rileva una sorta di 'sospensione temporale', anche se la narrazione avviene in successione cronologica
Plauto ambienta la commedia nella Grecia a lui contemporanea, perché questo gli fornisce tutta la libertà necessaria per poter criticare indirettamente aspetti e situazioni della vita romana.
Solo alcuni critici attribuiscono a Plauto una posizione politica precisa, mentre sono concordi nel ritenere che lo scopo più evidente della sua opera è divertire il pubblico. La sua posizione a favore dei semplici e della plebe, rispetto ai potenti ed a coloro che si atteggiano in ruoli importanti, è comunque un elemento significativo per definire il suo pensiero sociale.
o Contenuto della vicenda: Euclione è un vecchio avaro che ha trovato nel giardino di casa una pentola d'oro, sepolta da suo nonno, avaro come lui. Dal momento del ritrovamento, la pentola con l'oro diventa l'unico pensiero di Euclione, un pensiero ossessivo che condiziona il suo modo di guardare gli avvenimenti e di comprendere ciò che gli viene detto.
Euclione nasconde dapprima in casa propria la pentola, ma, quando il vicino, Megadoro, consigliato dalla sorella, gli chiede in moglie la lia e gli manda parte dei suoi servi per cucinare il pranzo nuziale, va ad occultarlo nel tempio della Buona Fede.
Liconide, nipote di Megadoro, vorrebbe sposare Fedria, che ha sedotto e che sta per partorire suo lio. Messo in sospetto dall'andirivieni di Euclione lo fa seguire dal servo Strobilo.
Euclione torna a controllare il suo oro nel tempio e s'imbatte in Strobilo; insospettito dal suo atteggiamento furtivo, l'accusa di furto e lo sottopone ad una perquisizione.
Il servo, che non sospettava l'esistenza della pignatta d'oro, ora la intuisce e, certo che il sospettoso Euclione non lascerà il suo tesoro là dove lo ha nascosto, lo spia e scopre la sua intenzione di trasferirlo in un boschetto dedicato al dio Silvano. Decide quindi di precederlo sul posto e di scoprire dove esso verrà nascosto, per poi impadronirsene, cosa che puntualmente avviene. Ritornato con il bottino a casa di Megadoro, il servo nasconde la pignatta.
Nel frattempo gli eventi precipitano: Fedria inizia a gemere per le doglie del parto; Liconide confessa alla madre di aver disonorato Fedria e di essere il padre del bambino che sta nascendo e chiede la sua mediazione nei confronti dello zio Megadoro, perché rinunci al matrimonio con la ragazza.
Nello spiazzo tra le due case Liconide ed Euclione s'incontrano. Euclione si lamenta, disperato, del grave torto subito, della violazione del suo bene più prezioso. Liconide interpreta, erroneamente, che egli si dolga per la lia e si accusa di essere l'autore del torto subito da Euclione. I due si scambiano una serie di battute basate sull'equivoco. L'avaro, preso solo dal suo oro, non si è neppure accorto che la lia era incinta e prossima al parto e fatica a capire la confessione del giovane. Quando finalmente comprende l'equivoco, entra in casa a verificare di persona il parto della lia.
Appare sulla scena Strobilo che, comunicando al padrone di essersi arricchito, gli chiede di scioglierlo dalla schiavitù. Liconide allora ordina al servo di restituire l'oro al legittimo proprietario.
Su questa discussione s'arresta la vicenda teatrale, incompiuta, la cui conclusione però si conosce grazie al prologo. Lo scopo per cui la pentola, rimasta celata per due generazioni, è stata fatta ritrovare ad Euclione dal Nume tutelare della casa è quello di favorire il matrimonio tra la lia ed il giovane che l'ha sedotta, ma di cui lei non conosce il nome.
o Personaggi principali: I personaggi presenti nella commedia sono numerosi: il nume protettore della famiglia, Euclione e sua lia Fedria, Stafila, Eunomia, Megadoro, Strobilo, Liconide, i cuochi, alcune flautiste e personaggi minori che non parlano.
Il protagonista è Euclione che, anche se per avarizia vive miseramente, appartiene alla classe dei piccoli borghesi, in quanto possiede anche una schiava, Stafila. Euclione è un vecchio avaro, sospettoso ed iracondo, talmente preso dalla sua avidità da non curarsi nemmeno della lia, al punto che non si accorge che questa è in procinto di partorire. È dominato dal desiderio di possedere, a prescindere dal valore delle cose; dappertutto vede una minaccia ai suoi averi e perciò è preso continuamente dalla paura, che lo conduce ad essere frenetico nell'agire, impegnato in continue verifiche ed ispezioni, ed imprudente nel parlare, rivelando ciò che vorrebbe tenere segreto. È inoltre bisbetico, sgarbato, perfino violento, con le parole e con le azioni, coartato com'è dai suoi sospetti. Nel colloquio con Megadoro, che gli chiede in moglie la lia senza alcuna dote, rivela tutta la propria grettezza. Lascia al futuro genero tutto l'onere di organizzare il pranzo nuziale, provvedendo alle stoviglie, al personale ed alle cibarie. Si reca al mercato per comprare qualcosa, ma non trova niente di abbastanza economico per le sue intenzioni. Rispetta gli dei solo formalmente, come già nel prologo viene affermato dal nume della casa, e si rivolge loro solo per interesse personale, non per vera fede, come emerge chiaramente al termine della seconda scena del quarto atto, quando egli afferma: 'O Buona Fede, t'offrirò un vaso da un congio di vin melato. Sì, te l'offrirò; ma, quando te l'avrò offerto, me lo berrò io'. L'avarizia, difetto comune, è da Euclione condotta all'esasperazione, all'estremo. Dalle parole di Euclione si delineano anche le sue idee sulla vita, idee che girano intorno all'unico argomento che lo interessa: i suoi averi. Egli ritiene stupido spendere, pensando, che se nel giorno di festa si sperpera, bisognerà tirar la cinghia in quelli feriali; inoltre generalizza il suo modo di pensare, credendo che tutti mirino ad impossessarsi delle sue ricchezze. È, infatti, così sospettoso da cogliere allusioni alla sua pentola in ogni frase che gli altri gli rivolgono, sebbene i suoi interlocutori ignorino l'esistenza del tesoro. Euclione appare come un personaggio negativo, anche se alla fine si presume che darà il tesoro in dote alla lia. Plauto, attraverso il personaggio di Euclione, affronta la tematica dell'avarizia, di come l'avaro possa giungere a comportamenti estremi e illogici, divenendo così ridicolo.
Tutti i personaggi della commedia ruotano attorno al protagonista, tranne Eunomia, sorella di Megadoro, che non ha contatti con il vecchio. Spinge Megadoro a trovar moglie, e dimostra, parlando, di amare il fratello. Rappresenta la donna intelligente e affettuosa che non pensa solo al proprio bene, come fa Euclione, ma anche a quello dei suoi cari.
Megadoro appare, nel colloquio con la sorella, un personaggio influenzabile e che non ha proprie idee sulla direzione da dare alla propria vita. Parlando al pubblico, però, egli enuncia un suo pensiero molto particolare, riguardo alle donne ed alla vita sociale e politica. Dapprima riflette sul vantaggio che ha l'uomo che sposa una donna priva di dote. Non avendo nulla, essa sarà docile, grata al marito per tutto quello che riceverà, non pretenziosa o bisbetica. Poi egli generalizza ed amplia la sua riflessione e sostiene la bontà dei matrimoni tra poveri e ricchi, come una risorsa per accomunare gli interessi delle diverse classi sociali che, nel tempo finirebbero per sire, per amalgamarsi, facendo cessare ogni ragione di conflitto.
Stafila è la schiava di Euclione; serve il padrone nonostante egli non sia mai soddisfatto della sua opera. È il simbolo della persona sottomessa e consapevole di non poter cambiare la propria posizione, mancando in lei un qualsiasi slancio di ribellione ai soprusi del vecchio. È fedele alla padrona, solidale con lei nei suoi guai, ma incapace di offrirle un aiuto risolutivo.
Strobilo, devoto servo di Megadoro, fa di tutto per organizzare il matrimonio senza far alterare il vecchio avaro, chiedendogli utensili o quant'altro possa servirgli per preparare i festeggiamenti. Cerca di servire il padrone al meglio delle sue capacità e per questo è molto esigente con i suoi sottoposti. Egli è però anche servo di Liconide, che di Megadoro è il nipote, in quanto lio di Eunomia. Rispetto al giovane egli è più complice e meno sottomesso di quanto non sia rispetto allo zio. E' un uomo furbo e pronto a cogliere al volo l'occasione di arricchirsi e di rendersi libero dalla schiavitù, ma non può fare a meno di essere sincero col proprio padrone. Strobilo si attiene alle caratteristiche che all'epoca di Plauto si attribuivano al tipo del servo.
Liconide è un giovane romantico, piuttosto debole di carattere, che cerca di rimediare alla violenza usata su Fedria, decidendosi a compiere i passi necessari per sposarla quando questa già sta partorendo. È il simbolo dell'uomo che, maturato, cerca di porre rimedio agli errori fatti in precedenza.
Fedria è un personaggio passivo nella vicenda, citato e pensato dagli altri, ma che non appare mai in primo piano.
I due cuochi rispondono al modello teatrale del servo furbo, scansafatiche e ladro; potrebbero anche arrecar danno a Euclione, ma non ne hanno la possibilità, data la totale assenza, nella casa del vecchio avaro, di oggetti da rubare. Il loro ruolo serve ad aumentare l'effetto comico dell'azione.
Ogni personaggio minore, nel corso della vicenda, compie delle azioni in base alla propria indole ed al fatto che rappresenti un valore positivo o negativo.
o Tipologia della commedia: La commedia si può ricondurre alla tipologia prevalente della beffa; la narrazione si snoda sulla base di due equivoci: il primo si verifica quando il cuoco Congrione chiede una pentola più grande per cucinare ed Euclione crede che egli voglia rubargli il tesoro. Il secondo accade alla fine della commedia, nel momento in cui si incontrano Euclione e Liconide. I due iniziano a parlare, ma mentre il secondo confessa la sua colpa verso Fedria, il primo crede che stia confessando di avergli rubato la pentola. L'equivoco si chiarisce poco dopo e introduce la lieta conclusione della vicenda.
La beffa ha più aspetti. L'oro è ritrovato, difeso, protetto da Euclione, ma non è destinato a lui. La pentola viene rubata proprio perché Euclione, avendo paura del furto, ha perquisito Strobilo rendendolo sospettoso e creando le condizioni perché potesse impadronirsene. L'avaro è così miope nella sua grettezza da essere lo zimbello di tutti, non accorgendosi di ciò che sta succedendo nella sua casa.
o Scelte stilistico - espressive: Il linguaggio dei personaggi, data la loro estrazione sociale relativamente popolare, è un linguaggio quotidiano, a tratti addirittura volgare e violento, condizionato dalla tensione e dai rapporti tra i personaggi che stanno parlando. Quando si rivolge a Stafila, ad esempio, Euclione è fortemente rude, offensivo, mentre quando parla a Megadoro utilizza un tono rispettoso, complimentoso; quando
parla con il servo di Liconide e con il cuoco Congrione, egli è arrogante, iroso ed offensivo.
I diversi tipi di linguaggio servono a definire il ruolo e il comportamento sociale dei personaggi e a caratterizzarne gli atteggiamenti. La semplicità del linguaggio ed il suo tono popolare sono voluti: servono ad avvicinare lo spettatore all'attore ed a coinvolgerlo nella vicenda.
o Effetti metateatrali: Diversi personaggi assumono, in alcuni momenti, un ruolo teatrale all'interno della stessa vicenda rappresentata.
Congrione, scacciato dalla casa di Euclione dallo stesso padrone, rivolge un'arringa al pubblico, paragonando la situazione in cui si è trovato ad un Baccanale e chiedendo solidarietà per se stesso, ingiustamente percosso e maltrattato.
Euclione si rivolge al pubblico per raccontare di una presunta complicità del gallo con i cuochi, presunti ladri: l'animale, andando a raspare nel luogo in cui il tesoro era stato sepolto, avrebbe denunciato la sua esistenza ad essi. Più avanti, egli si rivolge ancora agli spettatori per cercare un sostegno morale o addirittura una testimonianza circa la sorte de della pentola piena d'oro che gli è stata rubata.
Megadoro coinvolge il pubblico sulle sue teorie a proposito dei vantaggi di un matrimonio tra un ricco ed una moglie senza dote e, più in generale, di nozze miste, capaci di portare alla pace sociale.
Perfino Strobilo fa il suo discorso teatrale al pubblico, per esprimere le intenzioni di Liconide e per affermare il suo ruolo di spia nei confronti di Euclione.
Tutti questi interventi hanno una doppia funzione: da un lato consentono di dare significato e connessione ai dialoghi che si svolgono sulla scena, ricostruendo la vicenda in modo articolato, dall'altro mantengono vivo l'interesse del pubblico, direttamente chiamato in causa.
2. Contestualizzazione
o Delineare il ritratto della società che sta sullo sfondo della vicenda, facendo emergere i temi nodali della commedia: Il pubblico a cui il teatro romano dell'età di Plauto si rivolgeva non era colto, raffinato e socialmente omogeneo: era prevalentemente plebeo, perché alle rappresentazioni, che erano organizzate dallo stato, potevano accedere tutti, senza distinzioni sociali.
I personaggi della commedia greca, ricchi di vita interiore e portatori di cultura raffinata, non avrebbero avuto presa su un pubblico, come quello romano, così diverso da quello "borghese" e scelto di Atene, per cui erano stati creati. Dovevano essere riadattati alla realtà romana, che preferiva l'intreccio avventuroso, i duelli verbali preferibilmente scurrili, una scena movimentata da ballerini e cantanti.
In più di un'occasione sembra che sia la legge del rovesciamento a dominare nel teatro di Plauto: si tratta di un'inversione dei rapporti normali che fa del testo plautino un "teatro carnevalesco".
o Osservare, attraverso confronti intertestuali, la presenza di corrispondenze tematiche o di differenziazioni: Molte commedie plautine presentano delle tematiche affini e delle trame che si sviluppano in parallelo. Per esempio, l'Aulularia ha un finale simile a quello della Casina ("La ragazza che profuma di cannella" o "La ragazza del caso"), che vede il successo di un giovane su un vecchio che sembrava prevalere su di lui, come accade tra il giovane Liconide e l'anziano Menandro. Infatti, le commedie plautine sono tutte caratterizzate dal lieto fine: esso non è sempre il matrimonio tra due giovani innamorati che, dopo mille peripezie, vedono trionfare il loro amore; se la cortigiana di cui è innamorato un giovane, rimane tale fino al termine della commedia, allora l'amore trionferà senza sfociare nel matrimonio, invece, se la cortigiana verrà riconosciuta di nascita libera, in quanto lia di un uomo libero, allora Plauto preannuncia le nozze della coppia.
Inoltre, sempre nella Casina, è presente il tema della beffa da parte di uno scudiero, paragonabile alla beffa giocata dal servo di Liconide ai danni di Euclione. L'aspetto tipico della commedia plautina è costituito dagli inganni, che possono essere dei servi nei confronti dei padroni, come accade tra il servo di Liconide e Euclione, o dei li nei confronti dei padri.
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