latino |
Avere dignità di fronte al dolore
in
hoc ita flectendi sumus, ut omnia vulgi vitia non invisa nobis, sed ridicula uideantur,
et Democritum nos iuvet potius
quam Heraclitum: hic enim, quotiens
in publicum processerat, flebat, ille ridebat;
huic omnia quae agimus miseriae, illi ineptiae uidebantur.
Eleuanda ergo omnia et
facili animo ferenda sunt: humanius est deridere uitam quam deplorare, humanum quoque genus melius
adiuvat qui ridet illud quam qui luget: ille aliquid
sperat, hic autem stulte deflet
quae corrigi posse desperat. Satius autem est publicos mores et humana uitia
placide accipere nec ea ridere nec nimis
flere: nam aliena mala
dolere aeterna miseria est, alienis
malis gaudere uoluptas inhumana. In suis quoque oportet
sapientem ita se gerere ut dolori tantum det
quantum natura poscit, non quantum consuetudo. Plerique enim
lacrimas fundunt ut ostendant, et
totiens siccos oculos habent, quotiens spectator defuit, turpe iudicantes non flere quae omnes fleant. Etiam res simplicissima, dolor, venit in simulationem.
In questa cosa (in ciò) dobbiamo essere persuasi in
modo che tutti i vizi del popolo ci sembrino non odiosi, ma ridicoli, e che a
noi sia più gradito Democrito che Eraclito:
infatti questo, ogni volta che si mostrava in pubblico, piangeva, quello
rideva; a questo tutte le cose che noi facciamo sembravano miserie, a quello
sciocchezze. Perciò dobbiamo alleviare e sopportare ogni cosa con animo
sereno: è più umano deridere la vita che , e perciò
è più utile al genere umano colui che lo deride piuttosto che
colui che lo piange: quello spera in qualche cosa, questo invece stoltamente si
lamenta delle cose che dispera che possano essere corrette. Infatti è
sufficiente accettare tranquillamente i costumi pubblici e i vizi umani e non
deriderli né troppo : infatti dispiacersi dei dolori altrui è un'eterna
angoscia, godere dei mali altrui è una gioia inumana. Anche nelle
proprie disgrazie è necessario che il saggio si comporti in modo tale da
concedere al dolore quanto la natura richiede, non quanto la consuetudine.
Infatti i più piangono per far vedere, e tutte le volte che manca lo
spettatore hanno gli occhi asciutti, ritenendo turpe non ciò che tutti
piangono. Anche la cosa più semplice, il dolore, viene finto.
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