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BELLEZZE DELLA TERRA
Terra locata est in media sede mundi, solida et globosa, vestita floribus, herbis, arboribus, frugibus, quorum omnium incredibilis multitudo insatiabili varietate distinguitur. Adde huc fontium gelidas perennitates, liquores perlucidos amnium, riparum vestitus viridissimos, speluncarum concavas altitudines, saxorum asperitates, impendentium montium altitudines immensitatesque camporum; adee etiam reconditas auri argentique venas infinitamque vim marmoris. Quae vero et quam varia genera bestiarum vel cicurum vel ferarum! Qui volucrium lapsus atque cantus! Qui pecudum pastus! At vero quanta maris est pulchritudo! Quae species universi! Quae multitudo et varietas insularum! Quae amoenitates orarum ac litorum! Quot genera et quam disparia partim submersarum, partim fluitantium et innatatantium beluarum, partim ad saxa inhaerentium! Quid de hominum genere dicam? Qui, quasi cultores terrae constituti, non patiuntur eam nec immanitate beluarum efferari nec stirpium asperitate vastari; quorum operibus agri, insulae litoraque collucent distincta tectis et urbibus.
Cicerone
La terra è situata al centro dell'universo, solida e rotonda, ricoperta di fiori, di erba, di alberi, di raccolti: l'incredibile moltitudine di tutti questi si distingue per l'infinita varietà di colori. Si aggiunga a ciò la fredda inesauribilità delle fonti, le acque cristalline dei fiumi, il lussurreggiante rivestimento delle rive, le profondità incavate delle grotte, le asperità delle rocce, l'altezza dei monti scoscesi e l'immensità dei terreni pianeggianti, si aggiunga anche i luoghi nascosti dell'oro e i filoni di argento e l'infinita forza del marmo. Oltre a ciò quali e quanto vari tipi di bestie sia domestiche sia selvatiche! Che voli e canti di uccelli! Che meravigliosi pascoli di animali! Q quanto grande è la bellezza del mare! Quale la bellezza dell'universo! Che abbondanza e varietà di isole! Che bellezza delle spiaggie e delle coste1 Quanti tipi di animali in parte sommersi, in parte che nuotano e galleggiano e in parte vivono attaccati ai sassi! Che cosa posso dire del genere degli uomini? E questi costituiti come coltivatori della terra, non sopportano che essa venga resa selvaggia né dalla ferocia delle belve né dalle male erbe; e grazie all'opera di costoro, i campi, le isole e i litorali si distinguono per il loro splendore da tetti e città.
CICERONE ENUMERA LE SUE OPERE
Tusculanis disputationibus editis, tre libri perfecti sunt "De natura deorum" in quibus omnis quaestio continetur. Quae ut e esset perfecta, "De divinatione" ingressi sumus his libris scribere; quibus, si "De fato" adiunxerimus, ut est in animo, erit abunde satisfactum toti huic quaestioni. Atque his libri adnumerandi sunt sex "De re publica", quos tum scripsimus, cum gubernacula rei publicae tenebamus. Magnus locus philosophiaeque proprius a Platone, Aristotele, Teophrasto totaque Peripateticorum familia tractatus uberrime. Nam quid ego "De consolatione" dicam? Quae mihi quidem ipsi sane aliquantum medetur, ceteris item multum illam profuturam puto. Interiectus est etiam nuper liber is, quem ad nostrum Atticum "De senectute" misimus; in primisque, quoniam philosophia vir bonus efficitur et fortis, Cato noster in horum librorum numero ponendus est. Cumque Aristoteles itemque Teophrastus, excellentes viri cum subtilitate, tum copia, cum philosophia dicendia etiam praecepta coniunxerint, nostri quoque oratorii libri in eundem librorum numerum referendi videntur. Ita tres erunt "De oratore", quartus "Brutus", quintus "Orator".
Cicerone
Pubblicate le "Dispute tuscolane", sono stati completati i tre libri "La natura degli dei" in cui è contenuta tutta la questione. Non appena completata del tutto questa, abbiamo cominciato a scrivere questi libri "La dote profetica"; se si aggiungesse a questo "Il fato", come è intenzione, sarà abbondantemente soddisfatta tutta questa questione. E tra questi libri si devono includere i sei "La Repubblica" che scrivemmo allora, quando tenevamo il governo della Repubblica. Grande e caratteristico argomento della filosofia fu trattato assai eloquentemente a partire da Platone, Aristotele, Teofrasto e da tutta la scuola dei Peripatetici. Infatti cosa dovrei dire della "Consolazione"? E questa certo che giova a me stesso davvero così tanto, penso che ugualmente sarà di giovamento agli altri. Recentemente è stato anche inserito quel libro, che mandammo al nostro amico Attico "L'anzianità"; e in primo luogo, poiché l'uomo buono viene formato dalla filosofia, il nostro Catone è da inserire in una parte di questi libri. Questi uomini eccellenti, Aristotele e Teofrasto, con cautezza, poiché hanno unito l'eloquenza con la filosofia e anche l'oratoria, sembra di dover inserire anche i nostri libri di oratoria nel medesimo numero di libri. Tre saranno i libri "L'oratore", il quarto "Bruto", e il quinto "Oratore".
LA BRITANNIA
Britanniae pars interior ab iis incolitur, quos natus in insula ipsi memoria proditum dicunt, maritima pars ad iis, qui predae ac belli inferendi causa ex Belgio transierant et bello illato ibi permanserunt atque agros colere coeperunt. Hominum est infinita moltitudo creberrimaque aedificia fere Gallicis consimilia, pecorum magnus numerus. Utuntur aut nummo aureo aut taleis ferreis ad certum pondus examinatis pro nummo. Nascitur ibi plumbum album in mediterraneis regionibus, in maritimis ferrum, sed eius exigua est copia; aere utuntur importato. Materia cuiusque generis ut in Gallia est praeter fagum atque abietem. Leporem et gallinam et anserem gustare fas non putant; haec tamen alunt animi voluptatisque causa. Loca sunt temperatiora quam in Gallia, remissioribus frigoribus. Omnes vero se Britanni vetro inficiunt, quod caeruleum efficit colorem, atque hoc horridiores sunt in pugna aspectu ; capillosque sunt promisso atque omni parte corporis rasa praeter caput et labrum superius.
Cesare
La parte più interna della Britannia è abitata da quelli che dicono di essere nati sull'isola come tramandato dalla memoria orale, mentre le regioni costiere sono abitate da coloro che si spinsero qui dal Belgio per ragioni belliche o di rapina e, portata la guerra, si insediarono qui e iniziarono a coltivare i campi. C'è un'infinita moltitudine di uomini e di edifici fittissimi simili quasi a quelli dei Galli, un gran numero di bestiame. Usano sia monete di rame sia d'oro, oppure sbarrette di ferro di un determinato peso al posto delle monete: Qui si trova lo stagno nelle regioni mediterranee, in quelle costiere il ferro, ma di questo la quantità è esigua; si usa rame importato. C'è legname di ogni genere come in Gallia tranne il faggio e l'abete. Non possono secondo la leggi divine gustare lepre, gallina e oca; tuttavia allevano queste per piacere dell'animo. Sono luoghi più temperati che in Gallia, con freddi meno intensi. Tutti i Britanni poi si tingono col vetro, che riproduce il colore turchino, e perciò in battaglia il loro aspetto è ancora più terrificante. Portano capelli lunghi e si radono in ogni parte del corpo, tranne la testa e il labbro superiore.
VITTORIA DI CONONE
Postquam rex Tissaphernem hostem iudicavit et Lacedamonios bello persequi iussit, Cononi permisit quem vellet eligere ad dispensandam pecuniam. Id arbitrium Conon negavit sui esse consilii, sed ipsius qui optime suos nosse deberet et regi suasit ut negotium Pharnabazo daret. Hinc, magnis muneribus donatus, ad mare est missus, ut Cupriis et Phoenicibus ceterisque civitatibus maritimis naves longas imperaret classemque aret, dato adiutore Pharnabazo, sicut ipse voluerat. Id ut Lacedaemoniis nuntiatum est, non sine cura rem administraverunt, quod magnum bellum imminere arbitrabantur. Nam ducem fortem et prudentem regis opibus praefuturum ac secum dimicaturum videbant, quem neque consilio neque copiis superare possent. Hac mente magnam contrahunt classem et, Pisandro duce, profiscuntur. Hos Conon, apud Cnydum adortus, magno proelio fugat. Qua victoria non solum Athenae, sed etiam cuncta Graecia, quae sub Lacedaemoniorum imperio fuerat, liberata est. Conon Athenas venit: muros dirutos a Lysandro reficiendos curat, quinquaginta talenta, quae a Pharnabazo acceperat, civibus suis donat.
Nepote
Dopo che il re giudicò Tissaferne e ordinò di perseguitare gli Spartani con una guerra, affidò a Canone di scegliere chi volesse per amministrare il denaro. Conone sostenne che questa scelta non spettava a lui, ma ad egli stesso che doveva conoscere i suoi molto bene e persuase il re ad affidare l'incarico a Farnabazo. Di qui dopo essere stato coperto di grandi doni, fù mandato verso il mare a ordinare ai Ciprioti e ai Fenici e alle altre popolazioni marittime di provvedere alle navi da guerra e per allestire la flotta, con l'aiuto di Farnabazo, così come aveva voluto egli stesso. Quando cio fù annunciato agli Spartani, amministrarono non senza cura la faccenda, poiché ritenevano che una grande guerra si avvicinasse. Infatti vedevano che un comandante forte e saggio, che non potevano superare né per saggezza né per mezzi, stava per essere a capo delle truppe del re e combattere con loro. Con questa convizione allestiscono una flotta poderosa e, con Pisandro al comando, si misero in marcia. Conone, assalito presso Cnido, mise in fuga questi con una grande battaglia. E con questa vittoria non solo Atene. Ma anche l'intera Grecia, che era stata sotto il potere degli Spartani, fù liberata. Conone andò ad Atene: si occupò della necessità di ricostruire le mura abbattute da Lisandro, dona ai suoi concittadini 50 talenti, che aveva ricevuto da Farnabazo.
EPAMINONDA E MENECLIDE
Epaminondas fuit disertus, ut nullus Thebanus ei par esset eloquentia, neque minus concinnus in brevitate respondendi quam in perpetua oratione ornatus. Habuit obtrectatorem Meneclidem quendam, indidem Thebis, et adversarium in administranda re publica, satis exercitatum in dicendo, ut Thebanum scilicet: namque illi genti plus inest virium quam ingenii. Is, quod in re militari florere Epaminondam videbat, hortari solebat Thebanos, ut pacem bello anteferrant , ne illius imperatoris opera desideraretur. Huic ille: "Fallis - inquit - verbo cives tuos, quod hos a bello avocas: otii enim nomine servitutem concilias. Nam paritur pax bello. Itaque qui ea diutina volunt frui, bello exercitati esse debent. Qua re si principes Graeciae vultis esse, castris est vobis utendum, non palaestra".
Nepote
Epaminonda fu facondo, al punto che nessun tebano era pari a lui per eloquenza, e non era meno incesivo nella brevità delle risposte di quanto fosse elegante nei discorsi di ampio respiro. Ebbe come maldicente un tale Meneclide, anch'egli di Tebe, e un avversario nel governare lo Stato abbastanza abile nel parlare, per essere un tebano si intende: infatti in quella gente c'è più forza che ingegno. Egli, poiché vedeva che Epaminonda eccelleva nell'arte militare, soleva esortare i tebani a preferire la pace alla guerra, affinchè l'impiego di quel comandante non fosse desiderato. Quello disse a questo. "Con il tuo discorso inganni i toui cittadini, poiché li allontani dalla guerra: infatti procuri loro schiavitù con il nome di pace. Infatti la pace è generata con la guerra. Perciò coloro che vogliono godere di una pace duratura, devono essere abili in guerra. E per questo motivo se volete essere capi della Grecia, dovete usufruire dell'accampamento, non della palestra".
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