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Ho provato un dolore grandissimo dalla morte di Giulio Avito, poiché un giovane di cosi straordinaria indole venne a mancare all'inizio della giovinezza dopo avere ottenuto grandissimi onori, destinato ad ottenere cose ancora più grandi se le sue qualità avessero potuto maturare.
Egli in casa mia aveva indossato il laticlavio; mi amava, mi rispettava, si serviva di me come di un maestro.
Ciò è raro nei nostri adolescenti; infatti chi si sottomette all'età e all'autorità di una persona?
Gli adolescenti ritengono di essere subito sapienti e di sapere tutto, e non temono né imitano nessuno.
Ma non Avitio, che voleva sempre imparare e riteneva tutti più saggi di lui.
Egli consultava sempre qualcuno o sugli studi o sui compiti della vita.
Seguì come comno Serviano che passava dalla Germania alla Pannonia in qualità di ambasciatore.
E le sue fatiche e le sue virtù e i nostri discorsi sono presenti davanti i miei occhi.
Sono afflitto da un grande dolore a causa della sua morte ed ora non posso avere nessun altro pensiero che di lui.
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