latino |
EPISTULAE AD LUCILIUM (82, 5-8)
Philosophia circumdanda est, inexpugnabilis murus, quem fortuna multis machinis lacessitum non transit. In insuperabili loco stat animus qui externa deseruit et arce se sua vindicat ; infra illum omne telum cadit. Non habet, ut putamus, fortuna longas manus : neminem occupat nisi haerentem sibi. Itaque quantum possumus ab illa resiliamus ; quod solla praestabit sui naturaeque cognitio. Sciat quo iturus sit, unde ortus, quod illi bonum, quod malum sit, quid petat, quid evitet, quae sit illa ratio quae adpetenda ac fugienda discernat, qua cupiditatum mansuescit insania, timorum saevitia compescitur. Haec quidam putant ipsos etiam sine philosophia repressisse ; sed cum securus aliquis casus expertus est, exprimitur sera confessio ; magna verba excidunt cum tortor poposcit manum, cum mors propius accessit. Possit illi decere, « facile provocabas mala absentia : ecce dolor, quem tolerabilem esse dicebas, ecce mors, quam contra multa animose locutus es, sonant flagella, gladius micat ; nunc animis opus, Aenea, nunc pectore firmo ». Faciet autem illud firmum absidua meditatio. Si non verba exercueris sed animum, si contra mortem te praeparaveris, adversus quam non exhortabitur nec attollet qui cavillationibus tibi persuadere temptaverit mortem malum non posse.
Bisogna erigere tutt'intorno la filosofia, muro inespugnabile, che la fortuna non può passare, pur dopo averlo messo a prova con molte macchine da guerra. L'animo prende dimora in un luogo inespugnabile, che ha abbandonato tutte le cose esterne e tutela la sua libertà nella sua rocca, sotto di lui cade ogni freccia. La fortuna non ha lunghe mani come come crediamo, non si inpadronisce di nessuno, se non di chi si aggrappa a lei. Pertanto stacchiamoci da quella quanto più possiamo, cosa che soltanto la cooscenza di se e della natura offrirà. L'uomo sappia dove ha intenzione di andare, dove ha avuto origine, che cosa sia buono e che cosa sia male per lui, che cosa ricerca, che cosa invece è da evitare, quale sia quella dotrina che sia tale da distinguere le cosa che sono da ricercare e quelle che sono da evitare attraverso cui doma il furore delle passioni e tiene a freno la crudeltà dei timori. Alcuni pensano che loro stessi anche senza filosofia hanno vinto queste cose, ma quando una qualche sventura li ha messi alla prova, quando poi sono al sicuro viene espressa una tardiva ammissione, tengono le grandi parole quando il carnefice chiede la mano, quando la morte si è avvicinata. Potresti dire a lui "facilmente sfidavi i mali quando erano assenti, ecco invece il dolore che dicevi che era tollerabile, ecco la morte contro cui hai parlato con tanta fierezza, ecco che risuonano le fruste e brilla la spada, ora c'è bisogno di coraggio, o Enea, ora c'è bisogno di un cuore solido." Ma lo renderà saldo una meditazione assidua, costante se avrai esercitato non la capacità di parlare, ma l'animo; se avrai preparato te stesso contro la morte verso la quale non ti esorterà, ne ti solleverà chi tenterà di persuaderti con dei cavilli che la morte non è un male.
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