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Giulio Cesare
La vita
Caius Iulius Caesar, 100-44 a.C., fa parte del partito popolare, ricopre varie cariche pubbliche, fra cui quella di Pontefice massimo, pretore, governatore della Sna Ulteriore, console nel 59 a.C., e diventa governatore della Gallia Narbonense e della Gallia Transalpina.
Nel giro di 8 anni di guerra occupa l'intera Gallia e sposta il confine di Roma fino al Reno.
Durante la guerra civile condurrà il suo esercito di vittoria in vittoria, fino alla battaglia di Farsalo, in cui scongerà Pompeo.
Al ritorno a Roma viene nominato dal senato dittatore a vita, e per questo motivo viene assassinato da una congiura organizzata da Caio Cassio e Marco Bruto.
Cesare studiò retorica alla scuola di Molone di Rodi, e prese le parti della plebe nella vita politica, e sostenne il suo programma riformatore, che continuava l'opera dei Gracchi, fino al suo assassinio.
La sua coerenza con l'ideale del partito popolare non gli impedì mai di soppesare le sue azioni con realismo, come dimostra la congiura di Catilina, che egli non poteva di certo ignorare, essendo uno degli esponenti più in vista del partito popolare, ma alla quale egli non partecipò.
La camna di Gallia rappresenta una svolta nella carriera politica di Cesare, in quanto egli si trova ormai in possesso non solo di un vasto prestigio politico, ma anche militare.
Ottenuto il titolo di dittatore dopo la guerra civile, cominciò una profonda ristrutturazione dello stato romano, dando vita a una forma di governo che univa il suo potere personale alle vecchie istituzioni repubblicane, il suo programma prevedeva una graduale eliminazione dei privilegi e un abbassamento del carico fiscale che gravava sulle classi meno abbienti.
Tra le opere di Cesare possiamo elencare i Commentarii de bello gallico e de bello civili,
De analogia, opera linguistica in due libri, Anticato, opera contro Catone l'Uticense, e anche varie poesie di cui rimangono pochi versi.
Il de bello Gallico
I commentarii de bello gallico sono il resoconto di otto anni di camne (otto libri, uno dei quali, l'ottavo, scritto dal legato Aulo Irzio) condotte da Cesare contro le popolazioni galliche, scritto per reagire alle accuse delle classi dirigenti avversarie di Cesare, e presenta quindi la conquista della Gallia come un qualcosa di inevitabile e essenziale per la sopravvivenza di Roma, in quanto serviva per controllare il Reno e impedire che i Germani lo oltrepassassero.
Definire i Commentarii un'opera di proanda significa fare un torto al libro e all'autore, il de bello gallico tutto sommato è scritto in maniera abbastanza obbiettiva, anche facendo ricorso alla terza persona, ma anche molto distaccata dagli eventi.
Cesare parla di eventi che accadono in terre lontane da Roma, terre che nemmeno lui conosce a fondo, delle quali ci descrive per sommi capi la geografia, i gruppi etnici che le abitano e le abitudini di questi ultimi.
Il de bello civili
Il de bello civili presenta, rispetto al de bello gallico, una minore obbiettività, dovuta alla diversa situazione.
L'opera è costituita da tre libri, vi sono poi altri tre libri, di cui però non si conosce l'autore, e tratta le vicende legate alla guerra civile fra cesariani e repubblicani, i quali sono comandati da Pompeo.
Come nel de bello gallico alcuni fatti sono omessi e su altri si pone maggiore attenzione, senza con ciò alterare la veridicità del racconto, anche se la situazione spinge Cesare a presentare se stesso e il suo esercito sotto una luce migliore.
Nel primo libro Cesare mostra i suoi nemici, che si atteggiano a difensori delle libertà repubblicane, come persone violente e senza scrupoli, in altri mette in evidenza la falsità dei repubblicani e la loro incoerenza e crudeltà, che paragona sempre alla propria generosità e magnanimità.
Lo stile
Cesare è uno scrittore dallo stile semplice e asciutto, la sua storiografia, che va contro le convenzioni ciceroniane di derivazione ellenistica, è priva degli artifici retorici che di solito si reputano necessari per rendere drammatica la descrizione degli eventi di guerra, in quanto la semplicità del linguaggio permette all'evento stesso di mostrare la drammaticità di cui è portatore.
Di Cesare oratore non sappiamo molto, dato che non ci rimangono le sue orazioni, ma si sa per certo che fosse della scuola attica, e che respingesse gli artifici retorici ridondanti e che fosse invece fautore di un'arte oratoria semplice e chiara che fosse comprensibile per tutti.
I commentarii sono anche privi di arcaismi o neologismi ( Cesare era un analogista) e con un numero di vocaboli piuttosto contenuto, il che dimostra che furono scritti per un pubblico molto vasto, le frasi mostrano una tendenza all'approccio di tipo sintetico, opposto a quello di Cicerone, che è invece un'analisi approfondita di ogni aspetto dell'argomento.
I commentarii furono molto apprezzati da storici come Tacito e Livio, ma non dagli eruditi arcaizzanti del IV scolo, che trovavano il linguaggio di Cesare troppo spoglio.
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