latino |
HECYRA
PERSONAE
Syra, vecchia ruffiana
Parmeno, servo di Panfilo e Lachete
Laches, vecchio
Sostrata, moglie di Lachete
Phidippus, vecchio, suocero di Lachete
Pamphilus, lio di Lachete
Sosia, servo di Panfilo e Lachete
Myrrhina, moglie di Fidippo
Bacchis, cortigiana
TRAMA
Panfilo è un adulescens che frequenta assiduamente una cortigiana, Bacchide e suo padre Lachete non vede affatto di buon occhio, tanto da costringere il lio a sposarsi. La sposa "contattata" è Filumena, che non è gradita nei primi tempi da Panfilo, che la tratta freddamente e duramente. Ciononostante Filumena sopporta i continui tradimenti del marito, replicando con affetto: tutto ciò porta Panfilo a tagliare i fili con Bacchide e ad amare la moglie, finché non viene inviato dal padre a Imbro, dove un parente, morto, ha lasciato un'eredità.
Durante la sua assenza nasce il caso Sostrata: Filumena inizia ad evitare la suocera e questa cosa viene vista come un sordo odio non sfociato, però, da alcuna lite fra le due donne. Lachete individua subito la colpevole in sua moglie, mentre ormai Filumena ha fatto ritorno alla casa dei genitori e non vuole alcun chiarimento, nascondendosi dietro a una presunta malattia.
Intanto giunge di ritorno Panfilo, che viene subito messo al corrente della situazione familiare dallo spiritoso servo Parmenone. Recatosi in casa dei suoceri, trovata impreparata Mirrina, scopre il segreto di Filumena e sua madre: la ragazza, una notte prima del matrimonio, è stata aggredita e violentata da uno sconosciuto che nella lotta le ha rubato perfino un anello. Così adesso è incinta, senza che abbia mai avuto rapporti intimi con il marito.
Panfilo è disperato perché non può tenere con sé la moglie e ha promesso di non svelare il segreto. In questo modo il problema ufficiale è il fatto che nuora e suocera non vanno d'accordo e Panfilo, per rispetto filiale, sceglie di stare dalla parte della madre. I due consuoceri tentano in tutti i modi di ricomporre il matrimonio e Sostrata, accusata duramente e ingiustamente dal marito, accetta di uscire di scena per amore del lio e per generosità, andando a vivere in camna con il marito.
Fidippo scopre il lio nato e Mirrina gli dice che è lio di Panfilo, quando invece lo avrebbe voluto esporre. Ora anche Fidippo accusa la moglie di aver voluto nascondere il parto perché ostile a questo matrimonio e informa Lachete della nascita di un nipote. Contenti per l'apparente soluzione del problema, incontrano Panfilo che, senza dare spiegazioni precise, rifiuta di netto il lio. Pensando che la colpa sia della cortigiana Bacchide, Lachete si reca in casa sua per convincerla a lasciar perdere Panfilo.
La donna si mette generosamente da parte e per dimostrare la sua buona fede, va persino da Filumena e Mirrina a giurare la sua buona condotta, mentre Fidippo arriva accomnata da una nutrice per il bambino.
Adesso accade un fatto clamoroso: Filumena riconosce al dito di Bacchide l'anello rubatole durante lo stupro e così si svela tutto l'intreccio: Panfilo, una notte in cui si era ubriacato con degli amici, aveva violentato una giovane e dopo, spaventato e ansimante, si era rifugiato da Bacchide, alla quale aveva regalato l'anello rubato: si scopre che questa giovane era Filumena.
Parmenone corre ad informare Panfilo che tutto è risolto, mentre lui non ha ancora capito cosa sia successo.
Rispetto a Plauto, Terenzio volta completamente ina: proviene da un ambiente diverso e, soprattutto, scrive in un periodo diverso, di relativa pace (non si hanno notizie di grosse imprese militari fino al 149).
Alla poetica di tipo aristofanesco e dionisiaco alla quale si appoggiava Plauto, sostituisce quella apollinea di Menandro, passata al filtro dei filosofi peripatetici e dal piano del fantastico passa a quello del verosimile, con la conseguenza di una maggiore congruenza sia nell'intreccio delle azioni, sia nella credibilità. Tuttavia rimane ancora qualche residuo, visto il tema dello stupro e del riconoscimento presente nell'Hecyra.
Dunque si giunge a quella che è detta mimesi della vita, che si fa, coerentemente, mimesi della lingua quotidiana: non siamo più di fronte ai termini inventati funzionali alla comicità plautina e a una lingua "aspra", bensì a un linguaggio scorrevole, puro e senza evasioni. Sulla scena si parla come si parla nella vita e alla risata grassa di Plauto si sostituisce un sorriso e, a volte, nemmeno quello.
La lingua di Terenzio, quindi, è una lingua "reale", ma elitaria, di classe (quella dominante) : nell'ambiente scipionico si parlava purissime, perbene e anche l'ideologia è aristocratica, intellettuale, tanto da fare scarsa presa sul grosso pubblico.
La didascalia, raccolta dai grammatici latini nel I secolo a.C., ci offre la data della prima rappresentazione di questa commedia, ovvero il 165 a.C., l'occasione della rappresentazione, i Giochi Megalesi, la fonte greca del dramma, Apollodoro e il nome del capocomico, L. Ambivio Turpione. Quest'ultimo inizia il secondo prologo spiegando al pubblico e a noi lettori che la commedia era stata già rappresentata per due volte ma, per vari motivi, non era stata portata a termine.
SOMMARIO
Al grammatico C. Sulpicio Apollinare, cartaginese, nel sommario della commedia si deve la composizione di un "riassunto", sbagliato pure in un dettaglio.
CONSIDERAZIONI
Al contrario di quanto sostiene Donato, il codice Bembino attribuisce il soggetto dell'Hecyra a Menandro e infatti l'impianto della commedia si rifa' agli Epitrepontes. Apollodoro avrebbe poi ripreso la trama menandrea nella sua Ekura, inventando però il personaggio della suocera, che non e invece in Menandro.
Nel confronto Menandro-Terenzio ci sono notevoli differenze, sia per quanto riguarda la trama e la tecnica drammaturgica, sia per la profonda diversità di ispirazione fra la visione del mondo greca e la sua rimeditazione latina. Per Menandro teatro significa soltanto guardarsi allo specchio, vedersi vivere sulla scena e non c'è più il tentativo di chiarire attraverso l'arte i motivi del singolo e della società, poiché questo è già stato fatto in Grecia e conoscere se stessi non aveva aiutato a salvare le sorti della polis e della civiltà ellenica. Adesso non resta che ridere di sé sulla scena. Invece l'uomo di Terenzio è ben lontano da quello greco, è un uomo segnato dalle frequenti guerre e dall'instabilità della società in cui vive, ancora alla ricerca della propria dimensione. Ciò che si rappresenta non è un lusus, ma l'occasione di conoscere più a fondo l'uomo, la sua vita, le sue debolezze, le sue inquietudini e forse da questo deriva l'iniziale incomprensione del pubblico di Terenzio.
La trama dell'Hecyra presenta una strana vicenda di stupro (simbolo di modernità e di mentalità aperta) e riconoscimento e fa da base all'esame delle diverse reazioni individuali dei personaggi di fronte ai medesimi casi della vita. Il pubblico dunque non deve fare attenzione all'incastro e alla sorpresa degli eventi, ma all'intreccio psicologico, che è molto sviluppato in questa commedia: ogni personaggio ha una personalità ben definita e può darci unb insegnamento, può darci modo di vedere quali siano i nostri errori nei fatti di ogni giorno. Il messaggio di critica dei luoghi comuni che inficiano i rapporti tra gli uomini e il loro adattarsi alle regole morali della società era molto forte.
PANFILO: la sua ura rappresenta la debolezza umana, il tipico giovane in balia di conformismi e di regole nel campo sentimentale e, confuso da tutto ciò e con una personalità poco affermata, decide di appoggiarsi alla morale tradizionale e al flusso degli eventi. Non mortificare le proprie aspirazioni e i nostri sentimenti e non abbandonarsi a una tacita ipocrisia sembra essere il messaggio che Terenzio racchiude in Panfilo. In tutta la commedia la sua volontà non si impone mai e il suo personaggio resta quello del perdente.
BACCHIDE: spetta a questo personaggio, dal tipo di vita molto più libero e meno incline alle regole tradizionali, sconvolgere la cappa di debolezza e di incapacità che ricopre quasi tutti i personaggi della commedia. Bacchide è l'unica che reagisce agli schematismi della vita e che riesce a modificare se stessa.
SOSTRATA: un'altra ura femminile che afferma il marchio di un'humanitas più autentica e fremente, riscattando il suo personaggio dall'immagine di grettezza ed egoismo: accetta di calpestare i suoi diritti di madre in nome di una spiegazione chiara dei fatti.
Questi due personaggi femminili, stagliandosi da uno sfondo di ottusità e di cecità per quanto riguarda i problemi sentimentali con la loro anti-convenzionalità, sconvolgono i totem di una società "vecchia", della quale magnifici interpreti non sono altro che i vari Lachete, Fidippo e Mirrina e rivalutano enormemente la ura femminile (come dice espressamente Sostrata: "Lascia, ti prego, che io mi sottragga alla brutta opinione che generalmente si ha delle donne").
Dunque possiamo concludere dicendo che i veri protagonisti dell'Hecyra sono i sentimenti, che vivono in Terenzio in una vera e propria sinfonia di azioni e reazioni, analizzati con maestria e modernità dall'autore: la violenza su Filumena genera un intreccio e delle riflessioni culturali che trovano ampio respiro tutt'oggi. Scegliendo nodi "duri" della vita sociale rischia sì un fallimento , ma ottiene un'eccezionale affermazione anche a contatto con i millenni che scorrono sulle ine di questa commedia.
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