Hecyra
«La suocera». Panfilo ama la meretrice
Bacchide, ma, per volontà del padre Lachete, sposa Filumena. I primi
tempi è freddo e duro con la moglie indesiderata, che tuttavia lo
ricambia con dolcezza e remissività. In Panfilo comincia a farsi strada
una rispettosa tenerezza nei confronti di Filumena, quando la morte di un
parente lo costringe a recarsi ad Imbro, isola dell'Egeo nordorientale, per
un'eredità. Partendo lascia sua madre Sostrata in casa con Filumena, ma
al ritorno apprende che Filumena è tornata dai suoi: si sospetta, per
colpa della suocera. Panfilo scopre che Filumena, di cui è ormai
innamorato, sta per partorire: prima del matrimonio, una notte, uno sconosciuto
l'ha violentata e le ha portato via un anello. Messo a parte del segreto, noto
soinora alla sola Mirrina, madre di Filumena, Panfilo promette di non svelarlo.
Ma perché nulla trapeli, Filumena non può tornare col marito e questi
è costretto a rompere definitivamente il matrimonio: il nascituro
sarà esposto. La chete, padre di Panfilo, e Fidippo, padre di Filumena,
insistono invece perché il matrimonio si ricomponga. Panfilo adduce come scusa
l'incompatibilità di carattere tra suocera e nuora, proclamando che,
dovendo scegliere con chi vivere, sceglie la madre. Filumena partorisce un
bambino, Fidippo crede che sia legittimo e decide comunque di tenerlo. Intanto
Sostrata, generosa e intelligente, per allontanare da sé ogni sospetto, decide
di andare a vivere in camna. Lachete approva, Panfilo si oppone, quando
arriva Fidippo con la notizia della nascita del piccolo: Lachete e Fidippo
insistono più che mai per la riconciliazione. Credendo, infine, che
causa dell'ostinato rifiuto di Panfilo sia il vecchio amore per Bacchide,
Lachete prova a parlarne con la meretrice, ma questa svela che non c'è
più nulla tra lei e Panfilo. A conferma di ciò, Bacchide si reca
da Filumena per indurla a tornare con Panfilo. Qui Mirrina riconosce al dito
della meretrice l'anello che aveva Filumena la notte della violenza. Poiché si
tratta di un regalo di Panfilo, Panfilo deve essere lo sconosciuto
violentatore. Tutto torna a posto. Dall'omonima commedia di Apollodoro di
Caristo (che forse a sua volta ha utilizzato Menandro). È la commedia
terenziana più lontana dal vivace e improbabile mondo plautino: problemi
e sentimenti appaiono molto interiorizzati, con grande finezza e verità
di toni. Basata, in sostanza, su una gara di generosità tra i vari
personaggi, sulla loro capacità di capire e perdonare, era una commedia
difficile, che stentò infatti a farsi apprezzare.