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LA DISFATTA DELL'ESERCITO PERSIANO

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LA DISFATTA DELL'ESERCITO PERSIANO



Il re Dario,dopo aver coperto con la fuga una grande distanza, giunse quasi a mezzanotte ad Arbela. Chi potrebbe immaginare nel suo animo ad esprimere a parole tanti scherzi della fortuna, la strage così grande dei comandanti e delle truppe, la fuga degli sconfitti, le uccisioni ora dei singoli ora di tutti? Ahimè, la sorte accumulò quasi in quel solo giorno gli eventi di un secolo! Alcuni si dirigevano dove il cammino appariva loro il più breve,altri verso strade fuori mano e sentieri ignoti agli inseguitori. Fanti e cavalieri alla rinfusa,senza una guida, uomini inarmi si mischiavano agli inermi, i feriti ai sani. In seguito, mutata la misericordia in paura, che non avevano potuto inseguire, si erano abbandonati tra lamenti silenziosi. La sete soprattutto tormentava gli uomini stremati e i feriti e disordinatamente abbandonavano le membra su ogni riva, cercando di raccogliere a bocca aperta l'acqua che scorreva via; e poiché l'avevano bevuta, benché torbida subito le loro viscere si tendevano per la pressione del fango,e con le membra intorpidite e rilassate venivano risvegliati da nuove ferite, essendo sopraggiunto il nemico.






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