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Non ci sono dati certi in merito alla data di nascita e morte del poeta, perciò ci si rifà generalmente alle informazioni indirette, soprattutto di S. Gerolamo e Svetonio. Il primo, vissuto nel quarto secolo e segretario di Papa Damasio, fu autore della Vulgata, traduzione in latino dall'ebraico dell'Antico e del Nuovo Testamento; egli studiò autori le cui biografie erano poco conosciute. Lui stesso però si rifà a Svetonio, vissuto intorno al 120 e segretario dell'imperatore Adriano, che scrisse le vite di 12 imperatori, da Augusto a Domiziano e, tra esse, anche qualche accenno a quella di Catullo. I due storici sono concordi nell'affermare che morì giovane, e l'anno di nascita è identificato con l'87 a.C.. Certa è anche la sua origine: il padre, che ospitò Cesare di ritorno da una sua camna militare, proveniva dalla Gallia Cisalpina (odierna Italia settentrionale). Catullo conobbe poi anche Gaio Memmio che, pretore nel 58 a.C., lo portò in Bitinia quando ne divenne questore; fu affidato a Catullo l'incarico di segretario, che egli accetta solo per i vantaggi economici che ne derivavano e approfitta del viaggio nell'Asia Minore per visitare la tomba del fratello morto nella Troade (odierna Issalick). Cicerone, nel Brutus, elogia le qualità oratorie di Memmio e lo designa salvatore della repubblica dal potere dei triumviri; compositore di poesie licenziose, e perciò molto vicino ai neòteroi, egli possedeva la casa che era stata di Epicuro e la fece radere al suolo per disprezzo.
Catullo celebra soprattutto il suo amore per Clodia, la sorella del tribuno Clodio, lo stesso che promulgò la legge che costò l'esilio a Cicerone; quest'ultimo ce ne lascia un ritratto nel Pro Caelio, in cui difende un amico accusato dalla donna, della quale era l'amante, di aver tentato di avvelenarla. Essa è descritta come adultera, incestuosa, collezionista di amanti che poi si divertiva a mettere nei guai. Catullo sceglie di chiamarla Lesbia in riferimento all'isola di Lesbo, nel Mar Egeo, patria di Saffo, poetessa greca circondata da un alone mistico, rievocando così la cultura classica, con la sua importanza e finezza. Lesbia, pur essendo sposata, ha molti amanti, tra cui lo stesso Catullo, che però rimane fedele al foedus (patto) perché vede la loro relazione come un legame matrimoniale e perciò distingue nettamente l'amare (soprattutto sensuale) dal bene velle (fatto anche di rispetto reciproco). Le sue poesie sono state raccolte, probabilmente più tardi e non da lui, nel Liber e ordinate, secondo la metrica, in tre parti:
polimeri: 60 componimenti brevi in vari metri;
carmina docta: 6-7 poesie di argomento un po' più impegnato;
epigrammi: componimenti scritti in distici elegiaci (un esametro e un pentametro).
Le poesie sono brevi e sembrano essere state scritte di getto, dettate da situazioni e sensazioni momentanee, ma in realtà sono state rielaborate su modello greco, rifacendosi soprattutto a Callimaco. Sono ricche di riferimenti alla cultura classica, ma trattano di argomenti frivoli, quotidiani e spesso erotici; anche se a quel tempo le questioni politiche non mancavano ed erano anzi molto rilevanti, Catullo non se ne cura. I suoi componimenti sono contraddistinti da un grande sfoggio di erudizione e dall'uso di forme metriche molto difficili, tuttavia l'effetto non è di pesantezza grazie alla freschezza dei contenuti, che li rendono più leggeri. Si tratta di una novità in quanto fino a quel momento l'amore era considerato frivolo e tollerato solo nella giovinezza oppure come lusus, cioè motivo di evasione letteraria per chi non era impegnato nei negotia, ma comunque sempre connesso con l'immagine della donna tradizionale, prima di tutto una buona moglie e madre, ricca di pudicitia e pietas. Donne con atteggiamenti più licenziose erano rappresentate solo nelle commedie ambientate in Grecia, considerato appunto ambiente con mollezze. I cambiamenti del primo secolo investono anche la morale: Cicerone afferma che i giovani, nella moderna società, non possono più seguire il mos maiorum perché i tempi sono radicalmente cambiati e ci si deve adattare alla degenerazione graduale dei costumi. Anche l'amore è quindi visto diversamente: la sensualità, prima assente, ora è messa in evidenza; l'amore di Catullo per Lesbia è un amore cortigiano, adultero, al di fuori del matrimonio, quindi tutto è permesso, ha delle regole diverse dall'amore tradizionale perché deve dare sfogo agli istinti sessuali. L'erotismo era bandito, perciò Catullo si trova in contrasto con la morale tradizionale, e costituisce il primo esempio di poeta che voglia affidare ad un canzoniere la propria relazione con una donna sposata, appartenente all'alta società. Per questo suo coraggio, Catullo rappresenta un rovesciamento dei rapporti convenzionali, accordando ad una donna cortigiana il ruolo centrale e dandole una dignità che era sconosciuta fino a quel momento.
I NEOTEROI AMICI DI CATULLO
Lutazio Catulo: era un oratore; di lui possediamo solo pochi frammenti, dove tratta l'amore per gli adolescenti.
Levio: il tema predominante è quello erotico, che fa esplicito riferimento alle parti del corpo e agli effetti che la visione di una donna provoca sull'uomo; una sua particolarità era che scriveva i versi cercando di riprodurre un oggetto, come un'ala di gabbiano.
Valerio Catone: originario della Gallia Cisalpina, di grande erudizione, fu un filologo.
Varrone Atacino: la sua è una poesia erotica; ha tradotto anche opere greche, preferendo l'epillio, il genere epico in cui iva l'eros.
Cinna: scrive Zmyrna, la storia dell'amore incestuoso tra una fanciulla e il proprio padre; usava una tale erudizione che era necessario un grammatico per poterlo comprendere (esegesi).
Licinio Calvo: scrive un Epicedio, cioè un canto funebre in onore della morte della moglie; prediligeva le opere mitologiche con metamorfosi.
FINALITA' DELL'USO DELL'ERUDIZIONE NELLA POESIA NEOTERICA
Secondo alcuni critici, quando Catullo inserisce riferimenti sa che non tutti li possono capire, perché lui scambiava le sue poesie con i suoi amici, come se fossero delle lettere; ci sono, infatti, testimonianze che questi poeti si compiacessero di questo scambio, che fosse un lusus, non destinato perciò al pubblico. A volte l'amico è semplicemente il destinatario, ma spesso egli è proprio il centro della poesia, ciò che le dà un senso, e quindi capiamo che i riferimenti sono noti solo a lui e a Catullo. Ma tutto ciò bastava ai poeti neoterici? Essi si sentivano privilegiati per il solo fatto di essere gli unici a parlare d'amore? In realtà, secondo un critico, quando Catullo faceva sfoggio della propria erudizione, era per una sorta di sfida rivolta al pubblico, per esortarlo ad interessarsi a lui, per sembrare educativo: egli fa un uso didattico ed edonistico dell'erudizione, fonte di ammirazione e di cultura. Catullo, infatti, aspirava ad avere un pubblico più ampio, quindi le poesie non devono forse essere intese come uno scambio tra due amici, ma come una ricerca d'apertura con il pubblico, come messaggi fecondi. Quando si traduce, perciò, non si deve usare troppa erudizione, ma nemmeno cadere nella volgarità, perché lui usava il sermo cotidianus, un linguaggio del popolo, ma comunque dignitoso, mai scurrile, anche se i temi di cui tratta portano a quello.
RAPPORTI TRA CATULLO E CICERONE
Catullo, come gli altri neòteroi, i quali, tra loro, si conoscevano quasi tutti, si era disinteressato della vita politica. Pur conoscendosi, non si deve pensare che essi costituissero una scuola o un circolo: hanno caratteristiche in comune quali il labor lime e lo sfoggio dell'erudizione, ma hanno sempre lavorato indipendentemente gli uni dagli altri, a volte nemmeno incontrandosi; alcuni di loro scrivono per un'evoluzione personale, sensibili ai cambiamenti dell'epoca.
Cicerone aveva espresso il suo disprezzo per i neòteroi nelle sue lettere Ad familiares perché promotori di una poesia fortemente anticonformista; coniò in senso dispregiativo il termine poetae novi, che è usato ancora oggi per indicarli. Pur disprezzandoli, da giovane lo stesso Cicerone aveva composto poesie di genere alessandrino, anche se nella sua vita futura ebbe modo di negare a chi glielo fece notare. A noi ne sono giunti solo pochi frammenti, che ci sono stati tramandati da Quintiliano:
O fortunatam natam
me consule Romam
O Roma, fortunata perché sei nata
quando io ero console!
Me consule è un ablativo assoluto. Qui è evidente la vanagloria.
Cedant arma togae,
concedat laurea laudi
Le armi cedano alla toga,
la gloria lasci il posto alla lode
Si noti la ricerca goffa di un'assonanza nelle parole ad inizio versi e tra le ultime due parole; i congiuntivi sono esortativi; la gloria è intesa come militare, la lode civile.
E' noto che Catullo e Cicerone si conoscessero, come accenna il poeta nel Carme 49: qui egli lo chiama Marco Tullio, il che indica una certa confidenza. Inizialmente pare una dedica e un elogio, perché è pieno di superlativi, ma in questo modo si vuole fare riferimento ad un'opera di Cicerone in cui egli stesso ne condanna l'uso, quindi la poesia assume un aspetto ironico. Le stranezze presenti sono:
i superlativi creano una tensione forzata, quasi fossero stati messi per forza;
nei versi dove non compaiono superlativi, i verbi esprimono dei concetti "superlativi" in una sorta di climax.
Tutta questa enfasi, per poter essere presa seriamente dovrebbe confluire in un punto in cui si possa avvertire una certa sincerità ed emozione, invece al centro di questo componimento è gratias maximas, che è una forma colloquiale di ringraziamento ed è perciò troppo fragile per sostenere una seria celebrazione, quindi l'intero concetto è una presa in giro, pervasa di un'enfasi esagerata.
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