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LA SCUOLA A ROMA
Fino a tutto il II secolo a.C. erano di solito i genitori che curavano personalmente l'educazione e la cultura dei li, insegnando loro a leggere, scrivere e far di conto, e accomnandoli alle cerimonie
ufficiali (civili e religiose), in modo da far loro conoscere le usanze e i valori degli antenati.
All'inizio del I secolo a.C, in seguito ai crescenti contatti con la superiore civiltà greca, i Romani delle classi sociali più agiate dal punto di vista economico, iniziarono ad assumere uno schiavo istruito, detto paedagogus, ossia un precettore privato - quasi sempre un greco - cui veniva affidato il compito della formazione intellettuale dei li fino a 16 anni d'età circa. Comunque la scuola pubblica - chiamata in latino ludus o anche ludus litterarius - esisteva a Roma già in epoca repubblicana ed era organizzata in tre cicli. In quella che oggi corrisponderebbe alla scuola primaria un ludi magister (maestro) o diversi maestri specializzati facevano lezione a un gruppo di allievi e fornivano loro l'istruzione di base. I metodi didattici erano basati soprattutto sulla memoria. L'aula poteva essere una veranda aperta su un giardino (detto pergula), una sala o anche una taberna, ossia un negozio modesto e con poca luce, e poteva offrire sussidi didattici più o meno completi e costosi, come sectiune geografiche e rilievi. Il maestro sedeva sulla cathedra, una sedia con schienale, mentre gli alunni su sgabelli, tenendo sulle ginocchia tutto l'occorrente per le lezioni, la charta, i rotoli di papiro, le tavolette cerate (pugillares) su cui si scriveva con l'estremità appuntita dello stilus, di legno o di metallo (con l'altra estremità, piatta, si cancellava). Per i calcoli si usava l'abaco, una tavola in cui venivano segnati i numeri in colonne verticali; gli alunni si aiutavano con piccoli sassolini (calculi) che disponevano sopra i numeri.
L'anno scolastico iniziava a marzo ed erano previsti giorni di festa e di vacanza estivi. La disciplina era molto severa ed erano frequenti le punizioni corporali per coloro che non studiavano:erano all'ordine del giorno colpi di bacchetta sulle dita o frustate sulla schiena nuda.
La seconda fase, che durava fino ai 16 anni, era costituita dalla scuola del grammaticus. I programmi prevedevano lo studio della lingua e della letteratura latina e greca, la lettura e recitazione di testi e le nozioni fondamentali di geografia, storia, astronomia.
L'ultimo livello dell'istruzione romana, il massimo cui un cittadino colto potesse aspirare, era costituito dalla scuola del rhetor, il maestro di eloquenza che insegnava diritto, i classici greci e latini e, soprattutto, l'arte di parlare in pubblico e di convincere l'uditorio, e perciò preparava i giovani allievi all'ingresso nella vita politica e nell'attività di avvocato. In quest'ultimo ciclo di studi si affrontava anche lo studio della filosofia, della matematica e in seguito della medicina. Chi desiderava un ulteriore perfezionamento e apparteneva a una famiglia benestante frequentava solitamente le scuole filosofiche e scientifiche più famose del mondo antico, come quelle di
Atene, Alessandria, Rodi o Pergamo.
I ceti poveri, invece, non potevano permettersi tutto questo, e la madre si occupava dei li fin dalla nascita. Verso i sette anni, i bambini venivano mandati in scuole elementari, gestite da un maestro, scarsamente ato dai genitori. Queste scuole accoglievano bambini, maschi e femmine, d'età compresa fra i sette e i dodici anni. Si trattava molto spesso di luoghi malsani dal punto di vista igienico, dove veniva impartito un insegnamento prevalentemente nozionistico ed essenziale, in modo da terminare in fretta l'istruzione dei li e poterli inserire il più presto possibile nel mondo del lavoro.
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