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LIVIO: 'LA SECONDA GUERRA PUNICA'

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LIVIO: 'LA SECONDA GUERRA PUNICA' libro XXI cap.4

Giunto Annibale in Sna subito al suo primo apparire attirò tutto l'esercito verso di sé: i soldati anziani credevano che Amilcare fosse tornato (da) giovane, di vedere lo stesso vigore in volto, la stessa espressione, la stessa forza negli occhi e gli stessi lineamenti. In seguito in breve fece in modo che la sua somiglianza con il padre fosse di pochissima importanza per conciliare all'approvazione verso di sé. Mai ci fu una stessa indole più adatta a cose tra loro opposte, l'ubbidire e il comandare. E così non si sarebbe potuto stabilire facilmente se fosse più caro al comandante o all'esercito: né Asdrubale preferire preporre qualcun altro, qualora si dovesse prendere con forza e con coraggio qualche impresa, né i militi erano più fiduciosi e animosi sotto il comando di un altro. Possedeva molta audacia nell'affrontare i pericoli, molta saggezza nei pericoli stessi. Nessuna fatica poteva affaticare il corpo o vincere l'animo. La capacità di resistere al caldo e al freddo era uguale; la misura del cibo e del bere era determinata dal bisogno naturale non dall'ingordigia, i tempi di veglia e del sonno non erano determinati per lui né dal giorno né dalla notte: concedeva al riposo il tempo che gli avanzava; la quiete non era conciliata né da un letto soffice né dal silenzio; molti spesso lo videro mentre era coricato a terra coperto dal mantello tra i corpi di guardia e i distaccamenti dei soldati. Il vestito non superava per nulla quelli di pari grado, attiravano invece lo sguardo, le armi e i cavalli. Allo stesso modo era primo di gran lunga dei cavalieri e dei fanti, per primo andava in battaglia, per ultimo si allontanava a battaglia finita. Enormi vizi pareggiavano queste così grandi virtù di uomo: una crudeltà inumana, una malafede peggiore di quella cartaginese, non aveva nulla di vero, nulla di santo, nessuna paura degli dei, nessun rispetto del giuramento, mancanza assoluta di ogni scrupolo. Con questa natura mista di virtù e di vizi, durante il triennio di comando di Asdrubale meritò i tributi senza mai trascurare nulla, da parte di uno che era destinato a diventare un grande generale.







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