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Il termine satira etimologicamente risale, forse, all'espressione satura lanx che indicava, nella Roma arcaica, un piatto di primizie offerte agli dei, di qui l'etimologia del procedimento giuridico detto lex per saturam, che riuniva stralci di vari argomenti in un singolo provvedimento legislativo, è quindi probabile che il valore di 'mescolanza, varietà' fosse quello originario, Lo sviluppo della satira presuppone un pubblico, interessato alla poesia scritta, desideroso di una letteratura aderente alla realtà contemporanea e capace di afferrare i riferimenti letterari, le allusioni, le parodie.
Gli autori più rappresentativi
del genere elegiaco latino sono Gallo, Tibullo, Properzio ed Ovidio. La seconda
metà del I secolo AC è il periodo di massima fioritura
dell'elegia, che a Roma assume soprattutto la connotazione della poesia d'amore
fortemente soggettiva. Il termine 'elegia', nell'antica letteratura
greca, indicava un componimento poetico il cui metro era il distico elegiaco
(esametro + pentametro dattilico), il vocabolo deriva forse dal nome orientale
del flauto, il cui suono accomnava la recitazione dei componimenti poetici.
Dal VII secoloAC in poi, l'elegia è usata per celebrare molteplici
occasioni della vita pubblica e privata: accanto a componimenti di carattere
guerresco, esortatorio, polemico (Archiloco)
vi sono elegie politiche, moraleggianti e marcatamente erotiche. L'elegia era
usata anche come espressione di lutto, nelle lamentazioni funebri, infatti,
l'associazione dell'elegia al pianto divenne un topos (Orazio, Ars
poetica - Ovidio, Amores).
Tracce cospicue di tale uso sono presenti in Antimaco di Colofone (V-IV secolo
AC), la cui opera ha grande importanza nello sviluppo di questo genere
letterario: la vicenda personale, cioè la morte della donna amata, gli
offre l'occasione di rievocare e narrare diversi miti di amore tragico,
istituendo la connessione fra autobiografia e mito. Il mito, nell'elegia
latina, illumina la situazione personale e la nobilita. Inoltre Antimaco
introdusse nell'elegia un elemento costante e caratterizzante, è infatti
sul modello della 'Lide' (raccolta elegiaca, che prende il titolo dal
nome della donna amata), di Antimaco che alcuni poeti ellenistici riunirono i
loro componimenti elegiaci sotto il titolo di un nome di donna. L'elegia greca
ha un tono oggettivo, generalmente non autobiografico, mentre il tratto
distintivo dell'elegia latina è l'impostazione fortemente soggettiva ed
autobiografica, che non ha precedenti in nessuno dei poeti elegiaci
ellenistici. Callimaco, esclude ogni elemento autobiografico dalle elegie
riservandolo agli epigrammi, però, anche se la caratterizzazione in
senso soggettivo dell'elegia latina, di fronte al tono oggettivo, non
autobiografico, di quella greca, è innegabile, il soggettivismo non era
assente del tutto in quella greca né arcaica né alessandrina. L'elegia
mitologica conteneva tuttavia elementi autobiografici e collegamenti velati,
tra le peripezie degli eroi del mito e le vicende personali del poeta. L'elegia
latina sviluppò tale aspetto, conservando però alcuni tratti
oggettivi, che generalizzano la storia personale. Inoltre l'elegia latina diede
spazio ad elementi assorbiti da altri generi letterari, come la commedia,
l'epigramma, la tragedia, la lirica e la bucolica. La lirica elegiaca latina si
conura, come poesia dichiaratamente e, spesso, polemicamente autobiografica,
che rivendica la sua origine dalla concreta esperienza soggettiva del poeta,
però, tende ad inquadrare le singole esperienze in forme e situazioni
tipiche e secondo modalità ricorrenti, creando un universo elegiaco, con
ruoli e comportamenti convenzionali, un suo codice etico ed un'ideologia
relativa ai suoi valori di base. Infatti, l'elegia è poesia d'amore, perché
l'amore è per il poeta elegiaco esperienza unica e assoluta, che riempie
l'esistenza e le dà senso; è la 'perfetta forma di
vita' da lui scelta, che contrappone orgogliosamente agli altri modelli
etici. La vita del poeta, tutta dedita all'amore, si conura come servitium, come schiavitù alla domina, capricciosa e infedele. La
relazione è fatta di rare gioie e di molte sofferenze (oltre a tradire e
ingelosire l'amante, gli si concederà a fatica: è un topos
l'innamorato respinto che si duole, di fronte alla porta chiusa, per la
crudeltà dell'amata). Il poeta, vinto dalla passione, si abbandona ad
una compiaciuta accettazione del dolore e solo occasionalmente arriva alla renuntiatio amoris. Le amarezze e le
continue delusioni lo portano a proiettare la propria vicenda nel mondo del
mito o nella felice innocenza dell'età dell'oro, assimilandola agli
amori eroici della letteratura, trasferendola in un universo ideale ed
apante. Prigioniero di una passione irregolare, alienante e infamante, anche
socialmente, il poeta pratica una vita di 'degradazione' e di
'dissipazione', che tutti giudicano priva di qualità positive,
ripudia i doveri ed i valori gloriosi del cittadino-soldato e contrappone alle
durezze della guerra le mollezze dell'amore e a tale sfera trasferisce il suo
impegno morale. L'elegia, dichiaratamente ribelle ai valori consolidati della
tradizione, di fatto li recupera e ne resta prigioniera, trasferendoli nel
proprio universo. Come già in Catullo, la relazione d'amore,
istituzionalmente irregolare (coinvolge solo cortigiane o donne
'libere'), tende a conurarsi come legame coniugale, vincolato
dalla fides, salvaguardato
dalla pudicitia, diffidente
della luxuria e delle
raffinatezze cittadine. Nella 'bohème' che è la vita
del poeta elegiaco, le ragioni dell'amore e dell'attività poetica
s'identificano. Infatti, la poesia che nasce dall'esperienza diretta del
poeta-amante, serve come mezzo di corteggiamento, seducendo l'amata col
miraggio della fama e di una gloria immortale. Ne consegue una precisa scelta
di poetica, consistente nel rifiuto della poesia elevata (secondo il modulo
tradizionale della recusatio,
in cui il poeta giustifica tale rifiuto come scelta obbligata, dovuta alla sua
incapacità) in favore di una poesia leggera, caratterizzata da toni e
contenuti ispirati all'immediatezza della passione. La poesia elegiaca, quindi,
deve moltissimo a Catullo ed alla lirica neoterica, con la quale condivide la
raffinatezza formale e l'eleganza concisa, mentre da Catullo l'elegia media il
significato della rivolta morale, il gusto dell'otium, della vita estranea
all'impegno civile e politico, tesa a coltivare gli affetti privati ed a farne
l'oggetto dell'attività poetica. L'elegia trova in Catullo anche
l'abbozzo della nuova forma compositiva (soprattutto nel carme
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