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Marco Tullio Cicerone
La vita
Nacque ad Arpino nel 106 a.C. da un'agiata famiglia equestre, potremmo dire dell'alta borghesia, e cioè spiega la sua posizione di conservatore in politica e la sua azione tesa a salvare le istituzioni repubblicane dall'assalto di forti personalità. Perfezionò la sua educazione a Roma, approfondendo soprattutto il diritto e la retorica. Quindi intraprese un viaggio in Asia minore e in Grecia, nel corso del quale affinò soprattutto le sue conoscenze in filosofia presso i più rinomati maestri di Atene. Tornato a Roma iniziò il suo cursus honorum con l'elezione a questore in Sicilia, acquistando larga popolarità tanto che i siculi lo nominarono loro avvocato nella causa che mossero contro Verre, che aveva governato la Sicilia in modo disonesto e crudele. Cicerone lo costrinse a scegliere l'esilio dopo aver pronunziato una sola orazione delle famose Verrine. Dopo di che fu eletto edile, pretore e infine giunse all'apice della carriera politica con l'elezione a console. Durante il suo mandato egli sventò un tentativo di colpo di stato tramato da Catilina, pronunciando in senato le celebri Catilinarie. Poco dopo Pompeo, Cesare e Crasso costituirono il primo Triunvirato, un attacco mortale per le istituzioni repubblicane. Cicerone ovviamente era d'ingombro. Col consenso dei tre Triunviri, il tribuno Clodio Publio fece approvare una legge che prescriveva l'esilio per coloro che avevano fatto condannare a morte persone senza processo e senza la possibilità dell'appello al popolo. La legge non faceva nomi, ma era implicito il riferimento a Cicerone a cui non rimase che rassegnarsi e trasferirsi a Tessalonica, in Grecia, dove scontò un esilio che durò più di un anno. Tuttavia con l'appoggio di Pompeo il senato lo richiamò in patria, dove fu trionfalmente accolto dalla popolazione e dove riottenne il terreno sul Palatino, confiscatogli prima dell'esilio. La su attività oratoria negli ani seguenti fu rivolta principalmente contro Clodio e in particolare difese in tribunale Milone accusato di averlo ucciso (Pro Milone). Fu poi coinvolto nella guerra civile tra Pompeo e Cesare, seguendo naturalmente il primo, difensore dell'aristocrazia e del Senato, sino alla sua disfatta. Con il trionfo di Cesare, cadeva la repubblica, il suo ideale politico. Si ritirò quindi a vita privata ma, dopo l'assassinio di Cesare tornò con coraggio alla vita pubblica lottando per la restaurazione della repubblica. Si scagliò soprattutto contro Marco Antonio, erede della dittatura di Cesare, lanciandogli contro le quattordici tremende Filippiche, chiamate così per analogia con le orazioni che qualche secolo prima Demostene aveva pronunciato contro Filippo il Macedone. Ma spietata fu anche la vendetta di Antonio: il nome di Cicerone fu in testa alle sue liste di proscrizione. Egli tentò la fuga ma, raggiunto dai sicari di Antonio, fu decapitato nel 43 a.C..
Le opere
Orazioni
In Verrem: sono le famose Verrine, contro Verre ex pretore della Sicilia accusato dai Siciliani di averli sottoposti a razzie e illegalità di ogni sorta, furti, estorsioni, sacrilegi etc. Viene accusato di concussione per essere tornato a Roma con un patrimonio immenso e una collezione di capolavori d'arte tutti rubati. Il processo si presentava difficile poiché Verre era difeso dal più celebre avvocato del tempo, Ortensio. Cicerone girò la Sicilia dove raccolse le prove da esibire in una sola orazione con un vigore tale che Ortensio rinunciò alla difesa e Verre se ne andò in volontario esilio a Marsiglia. Cicerone però gli rovesciò contro altre cinque orazioni in cui puntualizzava i misfatti di cui Verre si era macchiato nel corso della sua carriera.
In Catilinam: sono le quattro celebri Catilinarie, con le quali Cicerone attacca Catilina come nemico della patria, cospiratore e sovvertitore dell'ordine costituito. Con queste ottenne che Carlina fuggisse in Etruria e che i sui seguaci rimasti a Roma fossero arrestati e condannati a morte.
Pro Milone: Cicerone pronunciò in difesa di Milone un discorso sconnesso e trasandato tanto che l'accusato fu condannato e andò in esilio a Marsiglia. In seguito Cicerone scrisse l'orazione quale avrebbe voluto allora pronunciare, vero modello di abilità oratoria e di stile tanto che Milone quando la lesse esclamò "se tu avessi parlato così io non sarei qui a mangiare le buone triglie di Marsiglia".
Philippicae: quattordici orazioni rivolte verso arco Antonio e la sua politica, così chiamate per ricollegarle alle invettive pronunciate da Demostene contro Filippo di Macedonia. Spietata è la seconda, nella quale Cicerone mette a nudo i crimini e la politica ingannatrice di Antonio. Forse fu quella che gli costò la vita.
Opere retoriche
De oratore: Discute ampiamente delle molteplici doti necessarie all'oratore, è in tre libri e in forma di dialogo fra Marco Antonio e Licinio Crasso. Il primo sostiene la tesi che oratore si nasce, il secondo che oratore si diventa soprattutto mediante una ricca cultura.
Brutus: Trattato storico critico sull'eloquenza latina, dedicato all'amico Bruto è in forma di dialogo. Può considerarsi una storia dell'eloquenza romana, dalle origini sino all'autore, passando in rassegna circa duecento oratori.
Orator: Dedicato ancora una volta a Bruto, non ha lo scopo di dare consigli pratici in vista dell'eloquenza ma di tracciare il profilo dell'oratore ideale le cui caratteristiche sono di adattare lo stile alle circostanze, parlare fondandosi su una cultura filosofica e dialettica e curare la forma.
3. Opere filosofiche
De Repubblica: Diviso in sei libri, sotto forma di dialogo, discute dello stato perfetto e dell'arte di governo. A noi sono giunti solo 3 libri che affrontano il tema delle diverse forme di governo, giungendo alla conclusione che il governo ideale è quello romano nel quale si fusero in modo mirabile le forme monarchiche, aristocratiche e democratiche. Il Somnium Scipionis tratta della felicità eterna riservata a chi si è prodigato per la patria.
De Legibus: Nei tre libri a noi pervenuti Cicerone affronta il tema dell'origine e del valore delle leggi, indicando nelle dodici tavole un ottimo esempio di legislazione. Nel primo libro dimostra che il diritto si fonda sulla legge naturale che è la suprema ragione divina. Nel secondo tratta delle leggi religiose, anch'esse ricondotte al criterio dell'eterna divina legge naturale. Il terzo libro tratta dell'antichità dei magistrati e dei doveri dei cittadini tra cui ura il non accettare i doni.
De finibus bonorum et malorum: Cinque libri in forma di dialogo in cui si discute su ciò che è bene e ciò che è male secondo le principali correnti filosofiche. Nel primo dialogo Cicerone confuta la dottrina epicurea che faceva consistere il bene nel piacere e il male nel dolore; nel secondo espone la dottrina stoica per cui il bene è dato dalla virtù e dal vivere secondo natura; nel terne, infine, espone l'indirizzo peripatetico che indicava il bene nella virtù, nella sapienza e nella verità.
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