latino |
PENE CONTRO I LADRI
Draco Atheniensis vir bonus multaque esse prudentia existimatus est iurisque divini et humani peritus fuit. II. Is Draco leges, quibus Athenienses uterentur, primus omnium tulit. III. In illis legibus furem cuiusmodicumque furti supplicio capitis poeniendum esse et alia pleraque nimis severe censuit sanxitque. IV. Eius igitur leges, quoniam videbantur impendio acerbiores, non decreto iussoque, set tacito inlitteratoque Atheniensium consensu oblitteratae sunt. V. Postea legibus aliis mitioribus a Solone compositis usi sunt. Is Solo e septem illis inclutis sapientibus fuit. Is sua lege in fures non, ut Draco antea, mortis, sed dupli poena vindicandum existimavit. VI. Decemviri autem nostri, qui post reges exactos leges, quibus populus Romanus uteretur, in XII tabulis scripserunt, neque pari severitate in poeniendis omnium generum furibus neque remissa nimis lenitate usi sunt. VII. Nam furem, qui manifesto furto prensus esset, tum demum occidi permiserunt, si aut, cum faceret furtum, nox esset, aut interdiu telo se, cum prenderetur, defenderet. VIII. Ex ceteris autem manifestis furibus liberos verberari addicique iusserunt ei, cui furtum factum esset, si modo id luci fecissent neque se telo defendissent; servos item furti manifesti prensos verberibus adfici et e saxo praecipitari,
GELLIO
L'ateniese Dracone, uomo
probo e considerato assai prudente, fu esperto nel diritto divino e umano. Egli
per primo fra tutti diede agli Ateniesi quelle leggi di cui essi si valgono. In
quelle leggi stabilì e sancì che il furto, di qualsiasi
importanza esso sia, deve essere punito con la pena capitale, e aggiunse altre
pene eccessivamente gravi.
Ma le sue leggi, poiché apparivano troppo severe, vennero a decadere, non in
base a un decreto o una ordinanza, ma per un tacito verbale consenso degli
Ateniesi. Dopo di allora si valsero di leggi più miti, redatte da Solone. Questi fu uno dei famosi Sette Savi. Dalla sua
legge i ladri non erano condannati a morte, come da quella di Dracone, ma a are il doppio del valore dell'oggetto
rubato.
I nostri decemviri poi, che dopopo l'espulsione dei
re dettarono le leggi delle Dodici Tavole, alle quali si attiene il popolo
romano nel punire ogni specie di furto, non usarono né una così grave
severità, né una così eccessiva remissività. Infatti il
ladro colto in flagrante era consentito venisse ucciso se, mentre compiva il
furto, era notte o se si era opposto con le armi all'atto dell'arresto. Ma per
gli altri furti, pure flagranti, prescrissero che, quanto agli uomini liberi,
fossero fustigati e aggiudicati a colui che aveva patito il furto, sempre che
fosse avvenuto alla luce del sole e non si fossero opposti con le armi; quanto
agli schiavi colti in flagranza di furto, che fossero fustigati e fatti
precipitare dalla rupe[Tarpeia];
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