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Nell'elegia premiale Properzio si presenta subito nella situazione tipicamente elegiaca dell'innamorato infelice: e sin dal primo verso l'aggettivo miser , che convenzionalmente qualifica chi soffre per amore. Egli fa un amaro bilancio di un anno di passione: perduta ogni dignità e ragionevolezza, è schiavo di una padrona (domina) crudele; chiede aiuto, per liberarsi, alla magia (tema caro agli alessandrini e accolto anche da Virgilio) e poi agli amici, ma sa che la sua soggezione all'amore è irrimediabile. Egli afferma più volte il nesso inscindibile e vitale fra le sue sofferenze amorose e la sua produzione poetica, che proprio dall'amore e dalla sofferenza trae alimento. La poesia è per Properzio sfogo al dolore e al tempo stesso mezzo, l'unico di cui egli dispone, per cercare di conquistare i favori della donna amata.
Nel II libro ribadisce la sua scelta, della vita e della poesia d'amore, indicando nella puella l'unica fonte della sua aspirazione. Dominano i temi erotici(la bellezza di Cinzia; lamenti, proteste e accuse per la sua infedeltà; esplosioni di gioia per la felicità piena dell'amore apato; amore, morte . ) con grande ricorso al mito.
Nel carme 7 ancora una volta viene subordinata all'amore ogni altra esigenza, nel rifiuto totale dei valori sociali e patriottici propugnanti dalla tradizione e, dunque, in clamoroso contrasto con gli orientamenti ideologici del regime augusteo.
Nel III libro ai temi erotici si affiancano altri temi: il poeta non è più esclusivamente dedito a Cinzia, ma si accosta a nuovi argomenti, forse per un certo esaurimento della topica erotica, già ampiamente utilizzata, ma indubbiamente anche per le forti sollecitazioni, che gli vengono da Mecenate, ad orientare la sua attività poetica in direzioni diverse e più impegnative.
Il libro si chiude con le due elegie dette discidium ("rottura, separazione"), in cui il poeta da l'addio alla donna amata. E' evidente che con questi componimenti Properzio vuole comunicare ai lettori la sua intenzione da abbandonare la poesia d'amore; e ciò vale indipendentemente dal problema (insolubile) se la rottura definitiva con Cinzia fosse avvenuta davvero o si debba considerare soltanto una finzione letteraria. Vengono dunque smentite le solenni promesse tante volte ripetute da Properzio di continuare ad amare Cinzia fino alla morte e oltre, e sembra disciolto anche il nesso vita-amore-poesia: l'epilogo del III libro, al di là delle sue implicazioni, sembra segnare una svolta fondamentale nell'itinerario poetico del nostro autore.
Nel IV libro troviamo alcune elegie che appartengono al filone erotico, ma presentano tutte importanti aspetti di novità e di originalità rispetto alle esperienze precedenti.
Nel carme 7 il fantasma di Cinzia appare in sogno al poeta poco dopo la morte, lo rimprovera di averla tradita e dimenticata, afferma di essergli sempre stata fedele e gli detta le sue ultime volontà. In questo componimento Properzio riprende il grande tema di amore e morte, già sviluppato in numerose elegie dei libri precedenti. Nel carme 8 Cinzia appare, viva e vitale, impegnata in un'avventura amorosa fuori Roma; il poeta tenta di reagire organizzando una serata in comnia di due cortigiane, ma il suo piano va a monte per l'improvviso ritorno della donna che, dopo una violenta scenata di gelosia, accetta di riconciliarsi con l'amante solo a patto d'imporgli dure condizioni. L'episodio è narrato vivacemente, con numerosi particolari attinti alla vita quotidianaà vena realistica.
Come poeta d'amore Properzio è più intenso e appassionato di Tibullo: nei primi libri la folle passione per Cinzia, pur fonte di sofferenza e d'infelicità, è presentata come l'unica ragione di vita per il poeta e come insostituibile alimento della sua poesia. Anche il personaggio della donna amata è assai più vivo e concreto rispetto alle donne tibulliane: bellissima e spregiudicata, dotata di una forte personalità e di notevoli qualità intellettuali e culturali, oltre che fisiche, ella suscita con il suo fascino e con le sue stesse infedeltà un amore violento e travolgente di cui il poeta descrive ed esprime le gioie esaltanti e le amarezze brucianti, i conflitti, le ansie e le delusioni, le crisi e le riconciliazioni.
Properzio trova nel mito un repertorio inesauribile di exempla con cui mettere a confronto la propria situazione. Egli ricorre al mito non soltanto per far sfoggio di erudizione, ma anche e soprattutto per sottrarre la sua storia dalla banalità. Il mito diventa così parte integrante della concezione properziana dell'amore.
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