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Quintiliano (35/40 d.C. - circa 100 d.C.)
Vita
Quintiliano nasce in Sna, a Calagurris fra il 35 e il 40 d.C. e studiò a Roma. Fu maestro di retorica, attività che lo rese famoso, e sotto vespasiano raggiunse l'apice della sua carriera. Domiziano gli affidò l'educazione dei suoi nipoti. Finito l'insegnamento, si dedicò alla composizione dell'"Institutio Oratoria" e al trattato perduto "De causis corruptae eloquentiae". Morì intorno al 100d.C.
Opere
L'Institutio Oratoria è dedicata a Vitorio Marcello, funzionario alla corte di Domiziano, ed è un manuale completo per l'aspirante oratore, diviso il 12 libri. I libri I e II affrontano problemi di natura pedagogica, come la formazione iniziale dell'oratore, il rapporto maestro - allievo e il confronto fra scuola pubblica e privata. Dal libro III al IX, Quintiliano spiega tutti gli aspetti tecnici dell'"ars dicendi". Inizialmente c'è lo studio degli argomenti da inserire nelle cause (inventio) e discute le varie parti del genere giudiziale. Nel X libro, Quintiliano da suggerimenti sulle letture da fare, soffermandosi sulle singole opere degli autori greci e latini. Il libro XI è dedicato alla memoria e all'actio, cioè l'arte di tenere a mente e di porgere i discorsi. Nell'ultimo libro, egli traccia il profilo del perfetto oratore, che deve difendere per il bene e non deve prestare la sua opera ai potenti.
Aspetti di Quintiliano e caratteristiche dell'"Institutio Oratoria"
Nella Roma repubblicana, l'oratoria era stata lo strumento fondamentale della vita politica e si pose presto la necessità di definire i rapporti tra etica e retorica. L'Institutio Oratoria da un lato si pone su questa linea di riflessione, dall'altro risponde ai nuovi bisogni culturali dell'epoca dei flavi.
Quintiliano, con l'Istituto Oratoria, vuole formare un cittadino sia professionista sia un catoniano "vir bonus", legato alle radici morali e culturali di Roma e dominato dal senso del dovere nei confronti dello stato.
L'opera di Quintiliano ha come destinatari i giovani che devono formarsi. Per questo è un testo di piacevole lettura, nella quale si alternano consigli, esortazioni, excursus ecc. Egli vuole dare un iter scolastico completo e formare umanamente e moralmente il bambino con un insegnamento unitario, in cui tutte le materie sono di pari importanza.
Quintiliano sostiene la scuola pubblica in quanto spesso i precettori "privati" sono individui corrotti. Gli insegnanti pubblici sono più stimolati dal consistente numero di allievi e inoltre gli stessi allievi imparano a vivere e relazionarsi in una comunità. Gli insegnati devono essere moralmente ineccepibili e devono inculcare agli allievi l'amore verso l'apprendimento.
Quintiliano si oppone all'uso della violenza, in quanto controproducente. Rivaluta il gioco nell'apprendimento e la musica.
Lo stile di Quintiliano è tendente all'onestà e all'equilibrio perseguita in tutta l'opera. Il suo è un oratore "moderato". È una persona moralmente seria che rifugge dai compiacimenti stilistici e dall'esibizione. Quintiliano utilizza spesso un linguaggio "poetico", ricco di similitudini e di metafore, molto più urato di quello ciceroniano; anche la sintassi che certo è più varia e più concentrata di quella del modello, è ravvivata da iperbati, da ellissi del verbo e dall'uso della costruzione participiale.
Quintiliano critica negativamente Seneca, non tanto per il valore morale dei contenuti, ma per lo stile artificiosamente brillante, e che sui giovani riscuoteva molto successo. Egli definisce lo stile senecano "corrotto" e "corruttore".
Riguardo alla decadenza dell'oratoria, Quintiliano si mostra fiducioso e ottimista. Egli pensa che il modello per ora insuperato dell'oratoria, Cicerone, sia stato corrotto da scuole "sbagliate". La rinascita dell'oratoria è possibile attraverso una scuola rinnovata ed un insegnamento corretto.
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