latino |
Traduzione
della "Fabula della matrona di Efeso" (Satyricon,
110, 6-8; 111; 112, 1-6)
110 Nel frattempo Eumolpo, che ci aveva fatto
da avvocato in quel momento critico e che era un po' l'artefice dell'avvenuta
riappacificazione, perché il buon umore non scemasse per mancanza di storielle
divertenti, cominciò a dirne di tutti i colori sulla leggerezza delle
donne: che perdono la testa in un attimo, che si dimenticano subito persino dei
li e che non esiste al mondo una donna, fosse anche la più onesta, che
non sia disposta a fare follie pur di buttarsi in qualche avventuretta
fuori di casa. Il suo discorso non si riferiva mica alle antiche tragedie o a
certi nomi arcinoti da secoli, ma a un fatto successo ai suoi tempi, che lui ci
avrebbe raccontato se solo lo avessimo voluto ascoltare. E quando poi tutti
rivolsero occhi e orecchi verso di lui, attaccò così:
«A Efeso viveva una matrona così famosa per la sua virtù, che anche dai paesi vicini le donne venivano ad ammirare un simile prodigio. Quando le morì il marito, non contenta di seguire il feretro - come facevano tutte le altre - coi capelli sciolti e percuotendosi il petto nudo al cospetto della gente, volle seguire il defunto fin dentro la cappella, dove cominciò a vegliare in lacrime giorno e notte la salma deposta nella cripta secondo l'uso dei Greci. Era così disperata e decisa a lasciarsi morire di fame, che né i genitori né i parenti riuscivano a farle cambiare idea. Infine, anche i magistrati vennero rispediti indietro senza aver ottenuto alcun risultato, e ormai tutti piangevano quella donna senza uguali, che non toccava cibo da cinque giorni. Ad assistere la sventurata c'era una sua ancella fedelissima che univa le sue lacrime a quelle della padrona e che ogni qual volta la lampada piazzata sulla tomba accennava a spegnersi provvedeva a riaccenderla. In città non si parlava d'altro e gli uomini di ogni estrazione sociale ammettevano che un esempio tanto fulgido di virtù e di amor coniugale non lo si era mai visto, quando il governatore di quella provincia fece crocigere certi lestofanti proprio accanto alla cappella dove la matrona continuava a piangere il marito sso da poco. E così, la notte successiva, quando un soldato, messo lì di guardia alle croci perché nessuno tirasse giù i corpi per andarli a seppellire, vide il bagliore di una lampada tra le tombe e sentì anche dei gemiti, come se qualcuno stesse piangendo, e per quel vizio che un po' tutti hanno, venne preso dal desiderio di sapere chi ci fosse e che cosa stesse facendo. Scese così nella cripta e quando vide quella donna bellissima, sulle prime rimase di sasso, pensando di essersi imbattuto in un qualche fantasma o in una visione infernale. Ma poi, vedendo la salma lunga distesa e il volto della donna tutto graffiato dalle unghie, si rese conto ,come in effetti era, che si trattava di una giovane vedova incapace di rassegnarsi alla morte del marito, e così si portò giù nella cripta quel poco che aveva per cena e cominciò a esortare la donna tra una lacrima e l'altra, dicendole che era inutile ostinarsi in un vano dolore e che squassarsi il petto a forza di gemiti non serviva granché: tanto la morte era uguale per tutti, come uguale lo era l'estrema dimora e tutte quelle belle frasi di circostanza che si dicono per dare un po' di conforto alle menti lacerate dal dolore. Ma lei, ancora più turbata dall'assurdo tentativo di consolazione di uno sconosciuto, prese a graffiarsi il petto con maggiore intensità, buttando sulla salma del marito le ciocche di capelli che si strappava. Il soldato, però, non si perse d'animo e, continuando a insistere con lo stesso metodo, tentò di far mangiare qualcosa a quella povera donna. Finché l'ancella - conquistata dal profumo del vino - cedette per prima e tese la mano a quell'offerta allettante, e poi, ristorata dalla bevanda e dal cibo, cominciò anche lei a dare l'assalto all'ostinazione della padrona: ½ cosa vuoi che ti serva' le diceva 'lasciarti morire di fame, seppellirti viva e rendere l'anima innocente prima che sia la tua ora?
Credi forse che se ne avvedano i Mani e le ceneri dei defunti?
Vuoi o no tornare alla vita? Vuoi mettere da parte questi scrupoli da donnicciola e goderti l'esistenza fin che ti è possibile? È proprio questo cadavere che dovrebbe convincerti a scegliere la vita'. Siccome chi ci invita a mangiare e a vivere la vita non lo si ascolta mai controvoglia, così anche la signora, sfinita dopo tutti quei giorni di digiuno, lasciò che spezzassero la sua ostinazione, e si rimpinzò di cibo non meno avidamente dell'ancella, che si era lasciata convincere per prima.
Ora, sapete benissimo quali altri stimoli si provino quando si ha la pancia piena. Ebbene, con le stesse lusinghe usate per convincere la donna a vivere, il soldato diede l'assalto alla sua virtù. Agli occhi di quell'esempio di castità il soldato non sembrava per altro né brutto né insipido, tanto più che l'ancella cercava di renderglielo simpatico, continuando a ripeterle:
'Non vorrai mica rinunciare anche a un amore gradito? E non ti ricordi in che paese vivi?'.
Bene, per non farvela troppo lunga, la donna non proseguì il digiuno nemmeno con questa parte del corpo, e il soldato vittorioso la persuase a rompere la doppia astinenza. E così giacquero insieme non solo nella notte che li vide consumare le nozze, ma il giorno successivo e quello dopo ancora, naturalmente dopo aver chiuso la porta della cappella, in maniera tale che chiunque, estraneo o parente, si fosse recato per caso alla tomba, credesse che quella moglie castissima si fosse lasciata morire sulla salma del marito.
Nel frattempo il soldato, trascinato dalla bellezza della donna e dalla tresca segreta, comprava quanto di buono era alla portata delle sue finanze e, appena calava la sera, lo portava giù nella cappella. E così i parenti di uno dei ladri crocifissi, vedendo che la sorveglianza si era allentata, una notte tirarono giù il loro congiunto dalla croce e gli resero gli estremi onori. Il soldato, raggirato mentre si occupava di ben altro, quando il giorno seguente si rese conto che su una delle croci non c'era più il corpo, temendo il supplizio, corse a raccontare alla donna quel che era successo, e aggiunse che non avrebbe aspettato il verdetto del giudice, ma che avrebbe punito da solo, con la spada, la propria negligenza. Poi le chiese di preparare lì nella cappella un loculo anche per lui che aveva ormai le ore contate, in modo che quella tomba fatale riunisse le spoglie del marito e dell'amante. Ma la donna, non meno pietosa che casta, gli rispose così: 'Gli dèi non permettano che io assista a così breve distanza al funerale dei due uomini che ho amato di più nella vita. Preferisco appendere un morto sulla croce, piuttosto che lasciar morire un vivo'. Dopo aver detto queste parole, ordina di togliere dalla bara il cadavere del marito e di inchiodarlo alla croce rimasta vuota. Il soldato mise in pratica la brillante idea della donna e, il giorno seguente, la gente si domandava allibita come avesse fatto un morto a salire sulla croce da solo».
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