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VALERIO MASSIMO

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VALERIO MASSIMO


In un terreno intermedio tra storiografia e retorica si pone la raccolta di exempla di Valerio Massimo.

Valerio Massimo visse sotto Augusto e Tiberio e operò un'ascesa sociale appoggiandosi a Sesto Pompeo, discendente di Pompeo il Grande. Sesto Pompeo fu console nel 14 d.C. e governatore d'Asia. Al termine dell'opera Valerio Massimo rende omaggio al suo mecenate morto da poco.

L'opera di Valerio Massimo venne pubblicata nel 31 d.C.; in essa Valerio Massimo scredita fortemente la ura di Seiano che, nell'ultimo libro, pone ad esempio supremo di scelleratezza.


I Facta e dicta memorabilia sono una raccolta di oltre mille aneddoti storici in 9 libri. Ogni libro è diviso in moduli, dedicati ciascuno ad un tema, per esempio alla moderazione, alla pudicizia, ecc.

Ogni modulo è diviso in due sezioni: prima gli esempi romani, poi gli esempi stranieri.

La linearità dei racconti rende difficile l'identificazione delle fonti. Quasi sicuramente attinse molto da Livio e Cicerone, ma anche da Sallustio e da altri storici, in genere semplificando.


In Valerio Massimo non c'è l'interesse per l'interpretazione storica degli aneddoti, né per un resoconti e una discussione delle diverse versioni. Il racconto è anzi ridotto ad una linea unitaria, perché l'autore tende ad evidenziare soprattutto il senso morale, che in genere è implicito nella stessa assegnazione ad un determinato modulo e che viene sottolineato solo con pochi cenni dell'autore.

Più ampi interventi di commento morale si trovano nella prefazione ai singoli moduli e libri.

L'esemplificazione delle virtutes, distinta da quella dei doveri (officia) pone l'accento su qualità come fortitudo, patientia, disciplina, severitas, il che non vuole essere una rassegna dei luoghi comuni né una ritratto di un mondo virtuoso che non esiste più. Esse anzi costituiscono un nuovo codice di valori su cui Tiberio sosteneva di fondare la propria azione di governo e di voler rifondare l'intera società romana.




A Tiberio infatti è dedicata quest'opera, in quanto, dopo la morte di Sesto Pompeo, Valerio Massimo si avvicinò all'imperatore. Tiberio è celebrato come reggitore della terra e del mare per consenso di tutte le genti, come garante delle virtù di cui l'opera dà esempio.

Valerio Massimo, come Patercolo, probabilmente non è insincero in questo apprezzamento, perché aveva trovato anche lui un valido mecenate in un personaggio ben inserito nel regime, ne aveva ricavato vantaggi sociali, e non doveva aver motivo di sentirsi estraneo né ostile al nuovo ordinamento statale.


In ultimo è necessario fare un appunto: Valerio Massimo viene convenzionalmente posto tra gli storici, ma abbiamo spiegato che in realtà non è uno storico, come egli stesso ammette. Il suo è semplicemente un repertorio di aneddoti ordinati per tema, molto utile a coloro che, nei discorsi pubblici come orazioni giudiziarie e celebrative, avevano bisogno di aneddoti a cui fare riferimento. Valerio Massimo nel proemio della sua opera dichiara espressamente che il suo intento è risparmiare ai suoi lettori la fatica di andare a cercare gli esempi nei testi tanto vari e tanto vasti degli storici.

Lo scopo è dunque dichiaratamente utilitario per una fascia di pubblico di cultura media come i ceti che si stanno affermando in questo periodo.

Del resto, dice, è ormai del tutto assurdo scrivere un'opera sulla storia universale di Roma dopo che autori come Livio hanno già riportato in un'opera tutte le fonti reperibili.







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