letteratura |
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Alessandro Manzoni
Manzoni nacque a Milano il 7 marzo 1785,
ufficialmente dal conte Pietro Manzoni e da Giulia Beccaria, ma era probabilmente frutto di una relazione
prematrimoniale della madre con Giovanni Verri.
I suoi genitori si separarono legalmente nel 1792 ed il loro disaccordo
segnò la sua infanzia, che lo vide peregrinare da un collegio religioso
all'altro.
Dall'ottobre del 1791 al settembre del 1798 fu presso i padri Somaschi, in varie sedi delle loro istituzioni (prima a Merate, poi a Lugano).
Quindi, dalla fine del 1798, venne ammesso al collegio Longone
di Milano, un istituto dei padri Barnabiti, dal quale uscì nell'estate
del 1801.
La sua permanenza in questi collegi accese in lui acrimonie e risentimenti. Del
resto sua madre veniva da una famiglia, quella del Beccaria,
di tradizioni razionaliste, che mal si conciliavano con l'ambiente retrivo
della sua educazione.
Durante gli anni dei suoi studi, la madre visse a Parigi, con il nobile Carlo Imbonati.
Manzoni espresse apertamente le sue idee in merito
alle scuole frequentate in un famoso componimento giovanile, il Carme in morte
di Carlo Imbonati, nel quale condannò senza
appello i suoi maestri ed i metodi applicati.
Dopo aver tollerato per anni il rigore degli esercizi di retorica e di grammatica
tradizionali e la chiusura alle istanze della cultura viva del mondo
contemporaneo, nei suoi primi componimenti, prove poetiche soprattutto, Manzoni si orientò verso i modelli neoclassici e
prese a maestro Vincenzo Monti, il cui influsso è evidente negli altri
suoi due poemetti più noti, Il trionfo della libertà (1801) e
Urania (1809).
L'ambiente culturale milanese
Nel 1801 Manzoni tornò nella casa paterna
a Milano e si immerse nel vivo della cultura cittadina del tempo. Negli
ambienti letterari l'impostazione era ancora quella illuminista, dato che nel
secondo Settecento Milano era stata in Italia uno dei centri promanatori delle idee di questo movimento di pensiero.
Il vate ed il mito della cultura illuminista milanese, Giuseppe Parini, era morto appena qualche anno prima, nel 1799, e la
potente suggestione della sua poesia, i cui echi erano forti nei versi del
Monti e del Foscolo, ancora plasmava i giovani delle nuove generazioni.
Fra i contemporanei dominava la personalità di Vincenzo Monti, che
esprimeva i più autentici valori classici e nello stesso tempo era
portavoce delle istanze letterarie recenti.
ure di spicco nell'ambiente politico erano due esuli napoletani rifugiati a
Milano dopo il fallimento della rivoluzione della repubblica partenopea,
Vincenzo Cuoco ed il suo amico Francesco Lomonaco,
che ebbero la funzione di mediatori tra la cultura illuminista napoletana e
quella lombarda.
A Francesco Lomonaco il giovane Manzoni
dedicò un sonetto, ed in un altro sonetto tratteggiò anche il proprio
ritratto di giovane poeta.
Il soggiorno a Parigi
Nel 1805 il Manzoni si recò a Parigi, la
cui vivace vita culturale contribuì non poco a sprovincializzare
le vedute del giovane poeta lombardo, mettendolo in contatto con i
rappresentanti del movimento romantico.
Egli divenne amico del letterato Claude Fauriel, che lo introdusse nel circolo dei filosofi
sensisti, soprannominati 'ideologi', i quali certamente esercitarono
su di lui una certa influenza, ma di gran lunga dominante per la formazione del
pensiero manzoniano dovette essere la lettura dei grandi illuministi,
soprattutto di Voltaire, che formò in Manzoni
l'attitudine al pensiero concreto e rigoroso.
A Parigi egli si riconfermò nelle idee che gli venivano dalla famiglia
materna, quei principi che rimasero parte imprescindibile della sua etica di
scrittore e di uomo.
Il culto della libertà e della giustizia sono già elementi
portanti del Carme in morte di Carlo Imbonati, ma il
contatto con gli amici parigini svelava l'urgenza di una loro applicazione
politica.
Nello stesso tempo andava maturando in Manzoni il
concetto di un'arte aristocratica, che non si lasciasse invischiare nelle
pastoie di una società corrotta e volgare, condizionata da vuoti
formalismi come erano stati quelli che avevano imperversato nella sua
formazione scolastica.
La conversione
Manzoni tornò a Milano nel 1807 e qui
sposò, nel 1808, Enrichetta Blondel, di fede
calvinista. Il matrimonio venne celebrato inizialmente secondo il rito della
moglie e nel febbraio 1810 venne convalidato secondo quello cattolico.
Marito e moglie vissero una fase di profonde meditazioni spirituali, finchè Enrichetta, nel maggio del 1810,
abiurò e Manzoni, nel settembre,
manifestò la sua conversione al cattolicesimo, accostandosi alla
comunione per la prima volta.
E' famoso l'episodio che si pone all'origine della conversione manzoniana.
Per le vie di Parigi, durante i festeggiamenti per le nozze tra Napoleone e Maria Luisa d'Austria, Manzoni
perse la moglie tra la folla e, frastornato, entrò nella chiesa di S.Rocco per chiedere aiuto a Dio. Uscito, ritrovò
facilmente la sposa.
Nella vicenda Manzoni vide un segno divino.
Certamente questa non fu l'unica causa a determinare la conversione di Manzoni, che già da tempo si era rivolto a persone
di fede per approfondire la sua ricerca interiore. Fu determinante la scoperta
di un cristianesimo diverso da quello che gli era stato imposto nella
fanciullezza e nella giovinezza.
Il problema forse era originato dalla inconciliabilità che Alessandro
scorgeva tra i principi astratti del cristianesimo convenzionale, al quale si
appoggiava il privilegio, e le sue idee di giustizia sociale e libertà.
Questo contrasto venne conciliato dalle conversazioni con il padre Degola, un colto sacerdote di tendenza giansenistica,
che portò Manzoni a scoprire le istanze
sociali che si celavano nel messaggio cristiano.
La conversione manzoniana non fu comunque un fenomeno sentimentale, si
fondò piuttosto sulla lettura dei maggiori pensatori cattolici come Bossuet e Pascal e sull'analisi
dei testi sacri.
Alla conversione corrispose un profondo ripensamento quanto al ruolo dello
scrittore nella società. Al tempo dei suoi carmi giovanili egli aveva
ispirato la sua opera a modelli neoclassici ed aveva avuto come scopo il
raggiungimento della fama, dopo il 1809 la sua attenzione si concentrò
sulle vicende storiche viste come lo sfondo della lotta e del travaglio degli
umili ed il suo modello divenne la tradizione didascalica lombarda del '700. Manzoni diveniva così uno scrittore di impronta educativa,
che intendeva rivolgersi non ai pochi eletti che condividevano i suoi nobili
ideali, ma ad un pubblico di lettori quanto più vasto possibile.
Così nella sua nuova concezione il soggetto della poesia, pur essendo
tale da poter rivolgersi alle persone dotte, doveva anche avere in sè quanto è necessario per interessare un
largo pubblico e deve contenere elementi che siano nati 'dalle memorie e
dalle impressioni giornaliere della vita.'
Gli anni fra il 1810 ed il 1820
Quando nacque la polemica fra classici e romantici, Manzoni
non vi partecipò direttamente scrivendo articoli per il
'Conciliatore', ma scrisse una lettera a Cesare D'Azeglio intitolata
Sul Romanticismo (1823) ed ebbe una parte notevole nelle discussioni e nei
dibattiti degli uomini che ne formavano la redazione, come Di Breme, Visconti, Berchet.
La sua posizione di sostegno alle loro idee si manifestò più
concretamente con la composizione delle tragedie Il Conte di Carmagnola (1816-l819) e Adelchi (1820-l822), in cui
metteva in pratica i principi romantici.
Nel frattempo in questo decennio si andava maturando in lui un cristianesimo
integrale, che lentamente pervase tutta la sua vita interiore e
determinò anche la ricerca di nuove forme espressive. Ne furono il
portato letterario gli Inni Sacri, che vennero composti fra il 1812 ed il 1822.
L'approfondimento manzoniano della vita e della storia alla luce della fede
cristiana trovò comunque la più completa espressione nelle
Osservazioni sulla morale cattolica, scritte nel 1817. Una seconda edizione,
con una appendice, venne poi pubblicata nel 1855, per contrastare le opinioni
del filosofo ingleseBentham.
In questo scritto Manzoni difende la Chiesa cattolica
dalle accuse del ginevrino Sismondo
Sismondi che, nella sua 'Storia delle
repubbliche italiane' sosteneva che la Chiesa era stata una delle cause
della corruttela d'Italia.
Nella sua difesa Manzoni usa il metodo
dell'argomentazione razionale e rigorosa derivata da Voltaire, per smontare le
accuse che erano state rivolte al cattolicesimo proprio da quelle frange della
società che volevano, in nome di principi illuministici o razionalisti,
ritrarre il cattolicesimo come il terreno della convenzione più retriva.
Intanto matura anche la concezione politica manzoniana. Già nel 1815,
con la canzone Aprile 1814, il poeta aveva festeggiato la fine della
dominazione francese e nello stesso anno, con il Proclama di Rimini, aveva
esaltato l'azione di Murat in favore della
libertà italiana. Il suo liberalismo diventa ora un principio che
trascende il riconoscimento della giustizia della libertà per il popolo
italiano, per estendersi al concetto che la libertà è bene
inalienabile di ogni popolo ed è garantito da Dio.
Manzoni capovolge così il concetto che voleva
il cattolicesimo alleato dei regnanti e dei tiranni contro il popolo, per dare
invece alla Chiesa il ruolo di promotrice degli ideali di libertà dei
popoli, ideali asseriti dalla legge divina.
Questo riavvicinamento della Chiesa ai valori liberali fu la premessa del
neoguelfismo che, in politica, divenne liberalismo moderato.
Manzoni favorì quindi il ritorno della Chiesa
nel movimento risorgimentale italiano.
Gli ultimi anni
Nel 1827 Manzoni pubblicò la prima
edizione dei Promessi Sposi. Fra il 1821 ed il 1822, mentre attendeva alla
stesura dell'Adelchi, aveva lavorato ad un romanzo che aveva il titolo
provvisorio di Fermo e Lucia, che venne completato nel 1823 e poi sottoposto ad
una decisa revisione. Il risultato dell'attento rimaneggiamento contenutistico
fu l'edizione del 1827 dei Promessi Sposi, con la quale, però, il lavoro
manzoniano non si concluse, tanto che l'ultima edizione, quella definitiva, che
rivedeva profondamente il linguaggio usato nelle stesure precedenti, venne
pubblicata nel 1840-42.
Gli anni successivi al 1827 non sono anni creativi, ma sono piuttosto dedicati
al problema della lingua. Questa rinuncia manzoniana all'arte viene motivata
nel saggio Del romanzo storico e, in genere, de'
componimenti misti di storia e d'invenzione, che venne scritto nel 1828 e
pubblicato nel 1845.
In questi anni Manzoni seguì con interesse gli
sviluppi politici che accomnarono il Risorgimento. Nel 1848 firmò
l'indirizzo dei milanesi a Carlo Alberto e, dopo i fatti del 1848, sperò
nella unificazione italiana ad opera del Piemonte.
Ammirò la politica del Cavour e, quanto ai rapporti fra Chiesa e Stato,
fu favorevole alla condanna del potere temporale della Chiesa.
Con la seconda edizione dei Promessi Sposi apparve la Storia della Colonna
Infame, che seguiva un filone di analisi storica iniziato nel 1822 con il
Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica
in Italia.
Manzoni si dedicò anche agli studi filosofici,
ai quali venne in certo modo invogliato dalla sua amicizia col Rosmini, che portò i suoi frutti nel trattato
Dell'Invenzione, del 1850.
In questo ambito è importante anche la lettera al filosofo francese Cousin sui rapporti fra linguaggio e conoscenza, del 1829.
Manzoni morì a Milano il 22 maggio 1873, dopo
aver votato nel 1861 a favore della legge che proclamava Vittorio Emanuele re
d'Italia.
Gli ultimi anni li aveva trascorsi in famiglia, con il conforto di una
ristretta cerchia di amici.
In tutte le opere del Manzoni
è presente una profonda religiosità, perchè
vede dovunque la presenza della Provvidenza divina e considera la vita come una
missione perchè ognuno di noi dovrebbe pensare
a fare del bene. Ancora, la sua religiosità si dimostra con l'amore
verso gli umili, i deboli e gli infelici. Il Manzoni,
ed in questo è romantico, vede la vita come dolore, però mentre
il Foscolo crede nelle illusioni il Manzoni crede in
DIO, e quindi, il Manzoni, vede nel dolore la
necessità che serve all'uomo per diventare migliore. (Il cristianesimo
del Manzoni è stato detto 'Cristianesimo
democratico', perchè grazie al fatto che
ognuno di noi è lio di Dio, tutti siamo uguali nello
spirito.[provvida sventura , dolore - provvidenziale - necessario) Il Manzoni si può considerare romantico sia perchè lui stesso scrive a favore del romanticismo e
sia per la sua religiosità. Però abbiamo anche altri aspetti come
quello classico e illuminista che si vedono nella chiarezza della lingua ed
anche nelle idee sulla rivoluzione francese che lo rieducarono allo spirito di
fratellanza e all'amore verso gli umili. Oltre alla religiosità, abbiamo
in lui una grande moralità, cioè l'amore verso una letteratura
che, utile, serve ad educare.
Gli scritti che ci fanno vedere la sua poetica romantica sono: La lettera a Chauvet sulle unità della tragedia in cui il Manzoni condanna le tre unità e ama il vero, la
verità storica, la storia, che è tutto ciò che succede,
mentre la poesia ci aiuta a capire i motivi, i sentimenti più profondi
dell'uomo. (Per Manzoni un'opera letteraria deve
avere come scopo l'utile; come mezzo l'interessante e come contenuto il vero).
In cui si dice che il romanticismo non vuole la mitologia ma
vuole, invece, la verità. Però Manzoni
non accetta il sentimento lugubre del romanticismo. Le opere prima della
conversione ci fanno soprattutto vedere la sua bravura nello scrivere e i primi
interessi dello scrittore ci fanno capire la sua moralità e il suo amore
verso la verità. Ricordiamo In morte di Carlo Imbonati
in cui il Manzoni vede già la letteratura come
qualche cosa che deve educare al vero, ai sentimenti onesti e liberi.
Le sue opere principali sono: Gli inni Sacri (liriche, poesie), Le tragedie, Il
Conte di Carmagnola, L'Adelchi, Le Odi : Marzo 1821,
il 5 Maggio, e il romanzo 'I Promessi sposi'. La lirica del Manzoni non è come quella del Petrarca,
dialogo intimo con se stessi, ma parla con una realtà oggettiva che
riguarda tutta l'umanità, quindi non è una lirica autobiografica.
Di conseguenza la lingua è molto concreta.
Sono la Resurrezione, Il Nome di Maria,
Il Natale, La Passione e La Pentecoste. In questi inni il motivo più
importante è la discesa di Dio in mezzo agli uomini. L'inno sacro
più importante è 'La pentecoste', perchè
riesce a rappresentare in modo completo l'unione dell'aspetto religioso e di
quello umano, appunto per la profonda umanità che c'è; quest'inno
è più poetico. Pentecoste significa cinquantesimo giorno dopo la
Pasqua quando lo Spirito Santo discende sugli Apostoli, i quali da quel giorno
iniziarono la predicazione delle dottrine di Cristo. Manzoni
nello scrivere questa lirica pensò al Nuovo testamento. Nella Pentecoste
il poeta chiede alla Chiesa dove lei si trovava dopo la crocifissione di
Cristo, infatti la Chiesa allora era perseguitata e dimenticata fino a quando
lo Spirito Santo discese sugli Apostoli che fanno conoscere la verità
cristiana, per cui tutti gli uomini conoscono una nuova vita, fatta non di
potenza, d'invidia, ma di amore e libertà spirituale. Alla fine
dell'inno, Manzoni prega lo Spirito Santo affinchè scenda su tutti gli uomini. In quest'inno
è presente il cristianesimo democratico, perchè
di fronte a Dio siamo tutti uguali anche se in terra non c'è
uguaglianza, quindi quella che dice il Manzoni non
è un'uguaglianza sociale, rivoluzionaria, ma soprattutto spirituale.
In quest'ode è importante l'aspetto religioso perchè tutto ciò che succede in terra viene
sentito come voluto dalla provvidenza. Quest'ode è rivolta alla vita di
Napoleone Bonaparte, che passò dalla gloria
alle sconfitte e ora dopo la morte di Napoleone, Manzoni,
si chiede se la gloria di Napoleone fu vera, questo lo diranno i posteri. Il Manzoni dice che nelle azioni di Napoleone vede il segno di
grandezza divina e che Dio, nel momento della morte quando tutti lo
abbandonarono, fu con lui. In quest'opera il Manzoni
loda soprattutto la grandezza e la misericordia divina.
In quest'ode il poeta parla dei piemontesi e delle loro
speranze di vedere l'Italia unita. Ma è soltanto una speranza, perchè i movimenti del '1821' falliscono.
Questa è un'ode patriottica.
Nelle tragedie il Manzoni segue la
verità e rifiuta le unità aristoteliche e un'altra novità
delle tragedie è che Manzoni vuole mostrare
soprattutto la verità più profonda, morale che la storia non
racconta e cioè i pensieri, l'ansia dei grandi uomini. (Questa è
la differenza fra poesia e storia). I cori delle tragedie servono al Manzoni per parlare delle sue idee.
Il Conte di Carmagnola fuggito da Milano a Venezia perchè perseguitato, deve ora combattere contro
Milano prima da lui difesa; vince Venezia e poichè
il Conte permette ai nemici di prendersi i prigionieri viene considerato
traditore e condannato a morte. In questa tragedia vi è il sentimento
della Patria e dell'unità del popolo italiano ed anche il sentimento
religioso perchè per il Manzoni
è un delitto che italiani uccidano altri italiani, perchè
tutti gli uomini sono fratelli, perchè li
di Dio. Il Manzoni vuole dimostrare l'innocenza del
Conte.
L'Adelchi: Carlo Magno Re dei Franchi rifiuta la sposa Ermengarda dopo una lite
con il padre di questa, Desiderio, Re dei Longobardi che non vuole dare al Papa
un territorio occupato. Adelchi, lio di Desiderio anche se capisce che il
padre ha torto, combatte lo stesso la guerra che finisce con la sconfitta dei
Longobardi; Desiderio è fatto prigioniero e Adelchi muore. Ermengarda,
addolorata perchè ripudiata dal marito muore
in un monastero. Adelchi ed Ermengarda sono i personaggi che meglio ci fanno
capire il pessimismo di Manzoni e sono anche
personaggi romantici; essi sono puri nel cuore e pur essendo degli infelici
sulla terra, credono in un mondo migliore oltre la terra. Adelchi è un
eroe romantico perchè è pieno di ansia
fra il desiderio di ubbidire al padre e l'odio verso la guerra.
Il concetto della provvida sventura lo vediamo nel coro di Ermengarda morente.
Questa tragedia è superiore a quella del Conte di Carmagnola,
perchè mentre il Conte parla della tragedia di
tutta una gente, l'Adelchi parla di un'anima che è lui stesso. La
critica a volte ha visto alcuni punti negativi nelle tragedie perchè vi è troppa rassegnazione.
Il Manzoni nell'introduzione del
romanzo racconta di aver trovato un manoscritto anonimo; questi dice che mentre
i grandi storici parlano solamente delle imprese di grandi uomini lui vuole
parlare delle imprese di persone del popolo. Il Manzoni
dice che la storia raccontata dall'anonimo gli piacque per cui vuole rifarla in
una lingua più nuova. Manzoni fa finta che i
Promessi Sposi raccontino una vicenda vera, raccontata da un anonimo e da lui
tradotta in una lingua moderna. Il Manzoni dice tutte
queste cose perchè vuole far vedere al lettore
che la sua storia è vera e non è una semplice invenzione.
Già nell'introduzione, dietro il pensiero dell'anonimo si nota la
concezione della storia per il Manzoni, cioè
la storia non è fatta solo dai grandi personaggi ma anche dal popolo. La
storia secondo Manzoni è fatta di bene e di
male, del peccato e della salvezza. A proposito di ciò, è molto
importante l'idea cristiana:
cioè la storia, per Manzoni, è
importante perchè nella storia e nella vita di
tutti gli uomini, egli vede sempre la provvidenza di Dio, quindi è una
visione religiosa, provvidenziale, perchè Manzoni nel romanzo vuole parlare soprattutto del bene e
del male. Anche se molte ine storiche del romanzo (per esempio la peste, i
fatti di San Martino, ecc.) sono state considerate poco esatte, bisogna
ricordare che i Promessi Sposi non è un trattato di storia ma un'opera
d'arte, perciò anche le ine storiche sono ricche della
moralità e poesia del Manzoni e queste ine
sono utili perchè danno ai vari personaggi una
realtà concreta.
Il Manzoni conobbe lo scrittore Walter Scott, scrittore di romanzi storici; ma mentre Scott pensava soprattutto a rallegrare gli spettatori, Manzoni parla dell'umanità in modo serio e morale.
Abbiamo tre stesure. Il romanzo, la prima volta si chiamò 'Fermo e
Lucia' e presenta un maggiore pessimismo; poi con il titolo 'Promessi
Sposi' (II e III) il romanzo diventa più sereno ed equilibrato. Il
carattere principale del romanzo è che le persone buone vengono sempre
perseguitate ma alla fine il bene vincerà. I Promessi Sposi sono un
romanzo romantico per l'amore della verità storica, per la grande
religiosità e per l'amore di Manzoni verso gli
umili. Il romanzo è un misto di storia e di invenzione in cui il Manzoni racconta un fatto privato e fatti più
generali; questa unione fra la gente e la piccola storia rappresenta una
novità.
Si parla di un filatore di seta, Renzo, e di una popolana, Lucia, che non si
può sposare perchè un signorotto
prepotente, Don Rodrigo, si è invaghito di lei; ma alla fine i due si
sposano dopo molte vicende dolorose. Oltre a questo fatto privato si parla pure
della Lombardia dominata dagli snoli, della Sna e di altre regioni: si
parla pure della carestia a Milano e della peste. Ha una grande importanza nei
Promessi Sposi la folla che viene considerata la vera protagonista del romanzo;
ma protagonista viene pure considerata la provvidenza: appunto per questo la
differenza fra i Promessi Sposi e tutte le altre opere è che il Manzoni nei Promessi Sposi vede sempre la provvidenza nella
storia e negli uomini.
I personaggi dove meglio vediamo la religione cristiana sono: Fra Cristoforo Borromeo; dobbiamo ancora ricordare la famosa conversione
dell'Innominato, in cui vediamo la presenza di Dio nel cuore di un uomo;
dobbiamo ancora ricordare Don Rodrigo soprattutto nelle ine finali quando
s'ammala di peste e grazie alla sofferenza si salva l'anima. (provvida
sventura). Dobbiamo anche ricordare la famosa Monaca di Monza Gertrude, poichè il Manzoni con
dolore segue la sua sventurata vicenda. Nella ina finale del romanzo, Renzo
e Lucia, i quali cercano di capire il vero significato di tutto ciò che
è successo a loro, capiscono che anche se nella vita si soffre, basta
aver fiducia in Dio e così anche la sofferenza ci aiuta a diventare
migliori (provvida sventura).
Questo concetto è il 'sugo di tutta la storia', cioè lo
scopo. Per capire questa idea si pensi all'addio ai monti del modulo VIII, in
cui si dice che Dio non toglie mai una gioia se non per dare agli uomini una
gioia più grande. Nei Promessi Sposi è pure presente il motivo
della giustizia presente sia in terra che in cielo. Lucia, prima, era giudicata
negativamente come un personaggio senza forza (De Sanctis)
mentre Russo vede in Lucia una ura con una forza delicata che lotta con
dolcezza. Riguardo alla politica del romanzo Manzoni
fa capire che condanna la politica, perchè
vede in essa la forza e l'astuzia e quando la condanna lo fa in modo ironico.
Nel romanzo si hanno vari tipi di cultura, quella di Don Abbondio che non ha
nessun amore verso la povera gente come Renzo e Lucia.
(Renzo: la ura di Renzo si ricorda perchè
è impulsivo e spesso focoso ma sempre in lui c'è un sentimento
fresco e sincero). Poi abbiamo Fra Cristoforo in cui vi è una cultura
religiosa; il Dottor Azzeccagarbugli, che si serve della cultura per fare i
propri comodi; il Cardinale Federico Borromeo, la sua
cultura profonda gli serve per far conoscere la verità cristiana:
è proprio questo tipo di cultura che il Manzoni
ama, infatti la cultura deve servire a migliorare gli uomini e a far conoscere
la verità. Si ricordi pure Don Ferrante che rappresenta la cultura del
'600, piena di scienze inutili. Il periodo storico di cui i Promessi Sposi
parlano è il '600: il Manzoni sceglie questo
secolo perchè è un periodo in cui si ha
soprattutto il contrasto fra la ricchezza e la miseria, tra la schiavitù
e la libertà, tra il bene ed il male; infatti come nel '600 gli italiani
erano oppressi dagli snoli, così nell'800 (periodo del Manzoni) gli italiani sono oppressi dagli austriaci.
Una grande importanza del romanzo è l'umorismo, che serve al Manzoni per dare un carattere medio giusto al suo racconto;
cioè quando un fatto sta per diventare troppo tragico, il Manzoni con l'ironia e l'umorismo lo riporta a una certa
normalità, facendo perdere a quel fatto l'eccessiva tragicità;
per esempio: quando nel castello dell'Innominato abbiamo la ura di Lucia
sofferente c'è anche la ura un po' comica della vecchia, la quale
serve a rendere meno drammatica tutta la scena. Si ricordi il suo scritto
'Della lingua italiana'. Manzoni, mentre si
preparava a scrivere, cercava una lingua popolare e nello stesso tempo
letteraria; decide di usare la lingua fiorentina parlata dalle persone colte, poichè in Italia solo Firenze, dice Manzoni, ha una lingua nazionale, perchè
vi sono poche parole straniere ed è già stata usata dai grandi
trecentisti ( Dante, Petrarca, Boccaccio).
Il romanzo, quindi, è romantico anche per la lingua che è
popolare pure se in modo moderato. A proposito della lingua, non ci sono
espressioni parlate come ci saranno, invece, nel Verga. Un'altra differenza dal
Verga e dai 'veristi' è questa: tutti i personaggi parlano
allo stesso modo di come parlerebbe il Manzoni,
cioè il Manzoni non fa parlare i personaggi
come parlerebbero veramente nella realtà, non si abbassa lui ai
personaggi come farà Verga ed i veristi, ma li innalza a lui; per
esempio, nell'addio ai monti le espressioni non sono certo quelle di due
popolani. Bisogna anche dire che c'è ancora nel Manzoni
un certo paternalismo, cioè lui tratta gli uomini come un padre tratta i
li, poichè crede che non sanno decidere da
soli e hanno sempre bisogno di qualcuno, mentre nel Verga i personaggi sono
più liberi.
Anche se prima veniva criticata la presenza eccessiva dell'aspetto religioso,
ormai i Promessi Sposi vengono giudicati opera di grande poesia e anche,
soprattutto, per gli aspetti religioso, morale e sociale.
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