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Analisi del Principe
I |
n sintesi rivediamo le caratteristiche fondamentali del Principe di Machiavelli,
nato a seguito dell'interruzione della preparazione dei 'Discorsi', e completato di getto in un periodo di 8 mesi:
G TITOLO: De principatibus, tradotto impropriamente con 'Il Principe' da A. Baldo, che curò la prima edizione a stampa dell'opera (Roma, 1532), e noto a tutto il mondo con tal titolo. Per un certo lasso cronologico il testo circolò manoscritto, per opera di copisti; Baldo trasformò il titolo sulla base dei moduli dedicati al modo di condursi del Principe. Il manoscritto originale è irreperibile; Machiavelli stese due copie autografe: una per sé, detta dell'Albergaccio; una rivolta al dedicatario del manoscritto, Lorenzo de' Medici il giovane. Il testo fu rielaborato linguisticamente da Baldo per livellar la spontaneità dell'originale, senza però adottar alcuna forma di censura ideologica; tal lesione nel senso autentico del testo avvenne in seguito, nel 1559; un buon testo critico è quello a cura di Giorgio Inglese.
G DATA: 1513
G SUDDIVISIONE: Machiavelli stesso autorizza in qualche modo la bipartizione dell'opera
I-XI CAPITOLO: PRINCIPATI
XII-XIV CAPITOLO: MILIZIE INTERMEZZO
XV-XXIV: IL PRINCIPE
XXV CAPITOLO: FORTUNA-VIRTU'
XXVI CAPITOLO: ESORTAZIONE UTOPICA A L. DE MEDICI A PORSI A CAPO D'UN MOVIMENTO NAZIONALE CHE LIBERI LA PENISOLA DAL POTERE STRANIERO
Il Principe è un'opera che rappresenta un ideale spartiacque fra le concezioni politiche medievali, e la visione realistica del pensiero politico occidentale che contempla la natura reale dello Stato nella sua complessità.
Machiavelli ha una visione della politica come DOMINIO all'interno della struttura statale.
Dal punto di vista esegetico l'opera prima di Machiavelli ha vissuto alterne fortune: taluni hanno giudicato fosse un manuale per tiranni; altri che possa essere moralmente giustificabile. Fra quest'ultimi Foscolo, che, da romantico qual'era nella sensibilità, ne 'I Sepolcri', volendo celebrar le più illustri menti d'Italia . non può certo trascurare Machiavelli . Pur nel riconoscimento del reale merito, non giunge a accettar il crudo realismo; egli mostrerebbe nella su opera di che sangue e lagrime grondino i troni!
Sul Principe inoltre fiorì una ricca anedottica, fra cui un particolare che può giustificar l'esegesi del Principe qual manuale per tiranni, visto che Stalin ne teneva una copia sul comodino!!!!!
TUTTE le interpretazioni del Principe vengono inficiate dal contesto storico e culturale in cui han avuto genesi, e la nostra non esula da tal criterio di discernimento . L'interpretazione contemporanea, però, è forte delle precedenti, quindi, a rigore di logica . Potrebbe aver un marcia in più rispetto alle altre!
Il Principe ha una struttura complessa, divisa in due parti: Machiavelli autorizza a considerarla tale.
Dopo aver parlato dei Principati, ora resta da analizzar la condotta che un principe deve portar avanti!
Quali siano le arti del governo.
Machiavelli nell'espor le proprie idee, esplica quello che può esser considerato il manifesto del suo realismo politico.
E' necessario secondo l'intellettuale fiorentino fondar la propria visione sulla realtà!
XV CAPITOLO
Il modulo in questione rappresenta uno dei passi più criticati del Principe, visto che presenta una sorta di pragmatismo amoralistico, dettato dall'etica del potere, del mantenimento del governo, dell'imperio sulle popolazioni.
Il Principe deve imparar a comportarsi NON secondo criteri morali MA secondo necessità.
Etica del potere: valutazione delle cose-condotta necessaria per mantener
Ciò vuol dir che il principe talora deve saper esser non buono.
Il potentato non dev'esser cattivo, m a volte compie azioni non giustificabili moralmente; v'è però una etica del potere, che non risponde ai criteri valutativi comuni,e che ha come fine il mantenimento del potere, implica perciò il sacrificio a quella che Bodero chiama ragion di stato degli interessi particolaristici dei sudditi.
Discrimine concezioni medievali/moderne
Una peculiare caratteristica del pensiero medievale può esser analizzato a partir da un intellettuale dell'epoca: Giulio Romano. Il Principe dev'esser buono, un esempio morale per i sudditi. Lo specchio di perfezione a cui riferirsi!
In Pontano abbiamo un'evoluzione del pensiero medievale. Egli ritiene che non è necessario che il principe SIA buono, per esser eticamente valido come modello per i subordinati, è sufficiente che SEMBRI moralmente ineccepibile. Essere per mostrarsi, insomma!
Machiavelli sviluppa ulteriormente quest'idea, ponendo l'apparenza come movente fondamentale delle azioni eticamente valide, politically correct, del governante.
Medioevo: essere per apparire.
Machiavelli: apparire anche se non s'è.
Il Principe deve fuggir due sentimenti che potrebbero costargli il potere e la fedeltà del popolo.
L'odio
Il disprezzo
Il principe disprezzato suscita facilmente il sentimento di insubordinazione fin nel suo entourage, il principe odiato ancor più. Il solo consenso del popolo però non basta: l'esempio di Savonarola è esplicativo.
Le folle cambiano opinione. Ciò dovrebbe condurre il governante a equilibrar i due sentimenti di AMORE e TIMORE.
Il timore reverenziale non deve trasformarsi in paura che facilmente genera odio.
Il XV modulo c'autorizza a contemplar la possibilità di suddivisione in due parti del Principe, giacché muta argomento, pur mantenendo la medesima area semantica nel corpus dell'opera letteraria.
I parte
I modulo: distinzione principati
Questo modulo, di appena 10 righe, presenta una suddivisione, classificazione, delle forme di Stato, secondo questo schema
REPUBBLICHE [Machiavelli asserisce d'averne già parlato, in riferimento ai Discorsi, sicché non approfondirà ulteriormente quest'argomento esposto in precedenza]
STATI EREDITARI [Discendenza d i sangue]
COMPLETAMENTE NUOVI [Milano-Francesco Sforza]
PRINCIPATI
Il principe è un individuo che si
è imposto e ha acq. quel dominio!
NUOVI
MISTI [Domini
aggiunti, Napoli alla Sna]
II modulo: i principati ereditari
III modulo: parzialmente atipico.
IV modulo: prosegue il discorso dei principati misti con esempi.
VI-XI modulo: principati nuovi; acquisiti da un soggetto ch' antecedentemente non aveva posizioni di potere.
Condottiero Designato al principato dai sudditi (designazione popolare)
Classificazione principati nuovi
XV-XXIV Modo di condursi del Principe
V CAPITOLO
Esaltazione libertà. ATIPICO
Il Principe si colloca a livello cronologico in un breve periodo in cui l'autore interruppe la vergatura de 'Discorsi' per dedicarsi allo scriver di getto l'opera da noi studiata.
Il Machiavelli repubblicano par esprimer un'eco dei Discorsi in quest'atipico modulo.
IN CHE MODO SI DEBBAN GOVERNAR CITTA' O PRINIPATI CHE PRIMA DI ESSER ACCORPATI VIVEVANO CON PROPRIE LEGGI
Ovviamente i principati di cui si parla son quelli misti!
Vi son tre modi per governar con esiti soddisfacenti le suddette lande
G Ruinarle
G Abitarvi
G Farle viver con le proprie leggi
a) ruinarle
I principati o città che vivevan con leggi consuetudinarie presentan i problemi più complessi per un principe:
timore+desiderio di conservar la precedente forma giuridica
il principe ha diverse possibilità; la prima è quella di ruinare, ovvero di fare tabula rasa delle istituzioni precedenti per imporre un nuovo ordine.
Un esempio calzante è quello estrapolabile dalla storia sarda, quando nel 1817 il Cardinale Alberini volle recuperare per la Sna il possesso della Sardegna.
Con un flash back nella storia della Sardegna è possibile comprendere pienamente l'esplicazione!
Nel tredicesimo secolo Bonifacio VIII, il pontefice posto da Dante nell'inferno, al fine di stabilizzar il potere politico dello Stato della Chiesa, decretò la appartenenza della Sardegna e della Corsica allo Stato da lui governato, e l'affidò al patrocinio della Sna. Infeudò come si suol dire la Sardegna!
Ne' Genova ne' Pisa in quel periodo, che si contendevano il predominio dell'isola, furono in grado di protegger la Sardegna dalle incursioni piratesche.
Così, nel 1305, le prime incursioni snole, presso villa di Chiesa Iglesias attuale, furono coronate da successo.
Nel periodo precedente s'era affermato n regno, il giudicato d'Arborea, con capitale Oristano. Anche a Cagliari v'era un giudicato, con capitale S. Iggia, distrutta da Pisa!
Il re d'Aragona inizia l'insediamento, riesce a aver il dominio della Sardegna, e chiede aiuto all'unico comune della Sardegna formalmente libero: Sassari.
I sassaresi ipotizzavano che, facendosi ausiliatori della corona snola, questa avrebbe lasciato permanere le leggi e la libertà della loro città.verso il 1400 la Sardegna fu snola, come regno autonomo, con 'parlamenti' che si riunirono a intervalli regolari fino al 16898.
- 13 Guerra di secessione snola.
1708 - 17 Dopo la Guerra una squadra angloolandese con truppe di sbarco austriache presero il controllo dell'isola, dopo che il viceré cedette, nel periodo peggior della sua storia lungo interminabili anni la Sardegna fu governata dall'Austria, che vide nella terra sarda fonte di risorse di rapina.
Il Cardinale Alberoni, primo ministro della Sna, nel 1717, 8 agosto, decise di riacquisire la Sardegna come parte del regno snolo.
Senza problemi la Sna acquista nuovamente il potere sulla Sardegna. Ma .
Il Cardinale Alberoni optò per la tattica del 'ruinar' le vecchie leggi della Sardegna, vedendo l'isola come prima tappa per acquisir nuovamente anche il Regno di Napoli!
Imponendo un governo militare la Sna guadagnò l'odio dei sardi, e, non essendo presente sull'isola un esercito forte per controbattere le rivolte, il dominio ispanico sulla Sardegna ruinò!
b) stabilire la corte
Anche in questo caso le vicissitudini politiche sarde posson esser tratte come esempio.
Nel periodo in cui Napoleone col suo esercito attraversò le Alpi, il re di Sardegna fuggì con la corte in Sardegna. I sardi auspicavano che la venuta del sovrano sarebbe stata principio di un equo svolgimento del potere politico e esecutivo nell'isola. Ma il re fece il proprio interesse, non curandosi delle richieste dei sudditi!
Teoricamente il trasferimento del monarca nel luogo del domini potrebbe esser utile perché il governo avvenga rendendosi conto delle reali problematiche della popolazione, vivendo a stretto contatto con loro; in pratica d'altronde per il sovrano è utile perché tale sistemazione permette un controllo capillare dei tentativi di rivolta, e dei sentimenti della popolazione nei suoi confronti.
c) oligarchia
L'ultimo modo di governar un principato nuovo secondo Machiavelli è quello di affidare l'esercizio del potere a una oligarchia locale che avesse già prima qualche particolare incarico di governo, che conservi la popolazione amica del sovrano, e che, pur avendo potere, non si potrebbero sostenere in tal carica senza l'aiuto del principe!
VII CAPITOLO
Distinzione fra crudeltà bene usate e male usate; il principe non deve farsi odiare, ma talora è necessario che susciti nei sudditi un senso di timore, e per tal cagione è opportuno che talvolta compia delle crudeltà, secondo l'autore.
Machiavelli propone l'esempio di Cesare Borgia, il Valentino, che assoldò Ramiro de Lorqua, crudelissimo, per sedare una rivolta a Urbino. Questi infatti occupò la città, eliminò fisicamente i responsabili, i capi, e sedò la rivolta.
Il Borgia, in seguito, entrò nella città, e, ricevute lamentele per il comportamento del Lorqua, lo fece presentare al suo cospetto, lo fece imprigionare, e squartare, esponendolo poi sulla pubblica piazza. In tal modo egli si guadagnò il timore e l'amore dei cittadini . Liberati dalla crudeltà del de Lorqua, ma timorosi di far la stessa fine.
Il fine di tali azioni è sempre il mantenimento del potere.
Non bisogna dimenticare, sentendo tali atrocità, che ci si riferisce al XVI secolo, e che, all'epoca, tali risoluzioni erano <<normali>>; per esempio a Cagliari la testa del Marchese di Cea, ribelle verso la corona snola, restò appesa per 17 anni sulla Torre dell'elefante, finché nel 1688, dietro petizione dei parlamenti, il teschio venne rimosso.
Il principe deve sapere discerner fra le crudeltà bene usate e quelle male usate; le prime infatti non infieriscono mai sulla popolazione, ma colpiscono i colpevoli, inculcando il timore ma non l'odio nei popolani.
XII modulo
Machiavelli affronta il problema delle milizie mercenarie, che sentì sempre profondamente; anzitutto esse sono inutili e pericolose, poi non sono fedeli; agendo unicamente per denaro, i mercenari non hanno disposizioni e motivazioni adeguate per rischiare la vita per il proprio padrone effimero, e son pronte a cambiar campo di battaglia giudicando il ricavo supposto.
Inoltre le milizie mercenarie sono sempre foriere di rapina, furto, stupri e quant'altro possono compiere nel loro cammino: per usar un termine machiavelliano, la loro avanzata è fonte di NON ORDINE!
XVIII modulo
Qui è contenuto uno dei passi che maggiormente ha provocato scandalo presso i moralisti e i lettori postumi di Machiavelli: s'asserisce, infatti, che il Principe deve sapere usare dell'uomo e della bestia, dev'essere forte e astuto, considerar il rapporto potenzialmente conflittuale fra governati e governanti, e agire di conseguenza secondo quanto una considerazione realistica delle cose suggerisce, non temendo di usare quando NECESSITATO della bestia. Il concetto è espresso mediante il mito del Centauro Chirone, paideuta di Achille.
XIX modulo
Machiavelli sviluppa le proprie teorie sulle modalità da seguir per evitare l'astio e l'odio dei sudditi verso il Principe.
Secondo Machiavelli il mezzo più efficace per conseguire tale scopo è evitare di ricorrere a pressioni particolarmente intense sulle popolazioni, avendo cura di colpire i pochi oligarchi che all'occasione susciterebbero l'impeto rivoluzionario della folla.
Digressione
Robert Michels: autore italo-tedesco che ha lavorato con Nosca; Poretto; Weber.
Definizione dello Stato data da Weber: Stato come impresa, i cui apparati amministrativi esercitano con successo il potere monopolistico di coercizione fisica legittima.
Robert Michels incentrò la propria ricerca in particolare sul fenomeno del partito politico [Gramsci riprese e rielaborò alcune sue teorie] e studiando tale estrinsecazione sociale formulò la legge ferrea delle oligarchie, secondo cui in ogni organizzazione, anche nei partiti di massa, soprattutto in questi, anzi, e nelle democrazie, si creano generalmente delle oligarchie, che, per competenza e professionalità, si auto legittimano.
Proprietà transitiva
Democrazia=organizzazione=oligarchia
Perciò ogni democrazia è in realtà un'oligarchia!
Inoltre il nostro autore individuò anche il meccanismo di perpetuazione delle oligarchie.
Constatazione della nascita di individui emergentià Espulsione degli stessi / cooptazione a altri incarichi, allontanandoli dalla base!
Il medesimo meccanismo viene spiegato da Machiavelli per cui: colpir i pochi che emergono per mantener salda la base.
S'ottiene così l'eliminazione del problema, pur mantenendo lungi l'odio dei subordinati.
Efficace esempio storico di tale meccanismo è la vicissitudine di Masaniello: da pescivendolo napoletano, di vivace ingegno, si pose a capo d'un moto di rivolta contro il potere monarchico snolo; il Viceré, d'ingegno ancor più vivace, l'invitò a Corte, attribuendogli incarichi d'elevata responsabilità, carrozze, bei vestiti, ecc.. Assaporato il gusto del potere e della agiatezza, il giovane napoletano attirò su di sé le ire della folla, che, rovesciatolo dalla carrozza, lo sottopose al linciaggio. La rivolta fu sedata!
XXI modulo
Un importante brano del Principe, nel presente modulo, contiene un elogio di Ferdinando il Cattolico, tanto sentito, che indusse taluni a supporre che il vero ispiratore e modello del Principe sia proprio lui.
1513 - Ferdinando viene incoronato re d'Aragona e reggente di Castiglia in vece di sua lia Giovanna la pazza.
La politica di Ferdinando è analizzata da Machiavelli dall'istante in cui diviene praticamente re di Sna: il compimento della Riconquista fu la base del suo potere successivo, giacché, senza dare impressione di mire espansionistiche, ebbe il concorso dei feudatari nell'impresa militare; coi mezzi finanziari della Chiesa Cattolica, inoltre, poté creare quell'esercito che diverrà il reale fondamento del suo potere; un ulterior motivo di sostegno da parte della Chiesa venne a Ferdinando dalla cacciata degli Ebrei (!!!); operando per una 'giusta causa' i baroni non ebbero il tempo ne' possibilità d'operare controlli sulla gestione del potere da parte del monarca, e gradualmente si videro esautorati delle proprie prerogative di governo.
Determinate azioni politiche hanno una effettiva durata nel tempo, osservate a distanza di secoli.
1812 - Benjamin Constant scrive due opuscoli che poi fonderà in un libro: 'Dello spirito di conquista e di usurpazione', testo anti-napoleonico; l'autore analizza la politica del generale corso, che, focalizzando l'attenzione del paese nelle interminabili e continue guerre imperialiste che la popolazione non poteva non approvare, esautorava gradualmente il popolo della sovranità dei diritti liberali che nella Rivoluzione erano stati conquistati a fatica.
George Orwell in '1987', un incubo letterario, descrive una scena di tortura del protagonista, che, ribelle al sistema, reitera incessantemente la richiesta di chiarimento sul significato della sententia: 'la guerra è pace!' incisa nell'edificio del Ministero della pace. La replica è illuminante: una guerra esterna è pace intestina.Tutti coloro che vogliono pace all'interno di un paese tendono a focalizzar le energie del popolo in guerre esterne.
Conseguentemente, in modo analogo, Machiavelli asserisce che il principe, per restare saldo nel potere, deve convogliare, come Ferdinando fece, morendo 'sul trono', l'attenzione dei subordinati all'esterno, in modo che non s'avvedano delle reali intenzioni del sovrano.
XV-XVI secolo
Affermazione di poteri forti in collettività unite solo nominalmente, ma in realtà frammentate.; unità identificata con la corona, in realtà priva di potere . Questo è lo scenario caratterizzante dell'epoca in cui Machiavelli visse.
Da parte delle monarchie europee iniziò un processo d'accentramento del potere, a danno delle oligarchie locali; il potere concentrato nelle mani dei sovrani divenne rapidamente un potere forte, e il confronto-scontro tra le monocrazie, gli stati monarchici, fu presto reale.
Il confronto talora veniva posto in essere a tutela dell'ordine interno; i sobillatori delle rivolte popolari erano puniti esemplarmente.
Il fenomeno in questione, la nascita dello Stato moderno, recò con sé anche l'affermarsi del 'monopolio della violenza legittima', secondo la celebre quanto inveterata asserzione del sociologo M. Weber.
Stato= 'impresa istituzionale di carattere politico il cui apparato amministrativo avoca con successo e vede riconosciuto il monopolio legittimo della coercizione fisica';
da questo la possibilità di introdurre ordinamenti validi entro un certo territorio, e la nascita di un composito corpus amministrativo .
Suggerimento per l'approfondimento P.P. Portinaro, 'Stato', Il Mulino
Di questo fenomeno dell'affermarsi dello Stato determinati intellettuali preser coscienza; fra questi Machiavelli e Guicciardini.
G Machiavelli
o 'Relazione delle cose di Francia'
o 'Relazione delle cose di Magna'
G Guicciardini
o 'Relazione dell'ambasciata in Sna'
Universalmente è riconosciuta ai due scrittori fiorentini la paternità e la massima esponenza del realismo politico, espresso nelle proprie opere.
Tale consapevolezza e conoscenza mosse il desiderio di Machiavelli, nell'utopico sogno di veder attuato un simile tipo d'istituzione anche nell'Italia cinquecentesca!
Ciò che fu realizzabile in Francia e Sna difficilmente era trasponibile nel contesto italiano del '400-'500, a causa della presenza di un soggetto spirituale e politco, lo Stato della Chiesa, saldamente nelle mani del Pontefice romano, individuato da Machiavelli e particolarmente da Guicciardini come avversario della unità politica italiana.
Nel libro 'Ricordi' Guicciardini esprime il suo desiderio d'unità politica italiana, e l'ambizione di veder estinta l'entità politica dello Stato della Chiesa; ma, mosso dal suo 'particolare', egli accettò l'incarico papale di governo della Romagna, al fine di dimostrar ch'era capace di governar . E i suoi moti ideali svanirono dinanzi all'egoistico desiderio di affermazione.
L'affermazione del ceto amministrativo risale a questo periodo.
L'affermazione dei burocrati e funzionari, Machiavelli si colloca fra questi, come segretario della Repubblica Fiorentina, consentì un acquisto di potere non irrilevante!
Milizie-> Sotto il controllo dei burocrati!
XXVI CAPITOLO
si tratta d'un'esortazione utopistica a Lorenzo de'Medici
Machiavelli trascorse diverso tempo presso gli 'Orti Oricellari', assieme a altri uomini di cultura, amanti della 'bella vita', uniti dall'odio verso gli uomini in scatola, i soldati mercenari.
Fra gli intellettuali di conoscenza di Machiavelli vi fu anche Pietro Bembo, Vescovo Cardinale, di dubbia moralità evangelica, essendo stato, fra l'altro, uno degli amanti di Lucrezia Borgia, e avendo vissuto fra lo sfarzo più sfrenato, e un impegno costante nell'umanesimo filologico fiorentino.
Tutto ciò fu reiteratamente e fortemente condannato da un umanista olandese, uno dei più celebri e validi dell'Europa rinascimentale, chiamato Gerardo di Gerardo.
ERASMO DA ROTTERDAM (1466-l536)
Gerardo di Gerardo (Gerr Gerrit), meglio noto col nome Desiderio Erasmo (da Rotterdam), fu testimone, assieme a Thomas More, suo amico intimo, e a vari altri umanisti intrisi di spiritualismo, delle trasformazioni profonde dello Stato, e della corruzione delle istituzioni ecclesiastiche; fra tali studiosi l'epistolare scambio d'informazioni era fitto e assiduo: alcune lettere di Pietro Bembo e Erasmo presentano concettosi trattati filologici, politici, letterari, nonché narrazione dei principali eventi inerenti alla propria area culturale e politica; le epistole erasmiane sono oltre 3000, volte a oltre 1200 corrispondenti, fra cui principi, monarchi, vescovi, papi, ministri, che attendevano dall'intellettuale agostiniano una opinione autorevole e colta!
Note biobibliografiche
lio illegittimo di un ecclesiastico, Rotger, e di Margherita, lia di un medico, sofferse per tutta la sua vita della propria origine sociale e dell'assenza obbligata del padre.
Il padre e lo zio paterno fornirono sempre, finché ebbero vita, sostentamento economico adeguato, tanto per la crescita biologica, che culturale, di Gerardo; potè studiare per circa 12 anni presso i Fratelli della Vita Comune; ma, alla morte dei suoi patroni, egli dovette optare per l'ovvia e più accettabile via di vita la cui durezza lo segnò: egli entrò nell'Ordine degli Agostiniani, a Steyn, presso Gouda, e a diciannove anni emise i voti, e, per la sua vasta cultura, anche teologica, venne ordinato Sacerdote nel 1492.
Per i li illegittimi di ecclesiastici, seguire in qualche modo le orme paterne era la via più sicura per poter conseguir uno status sociale che permettesse di evitar lo cherno, a cui Erasmo andò incontro nella sa giovinezza, a maggiore ragione per il suo vivo intelletto, che gli permise di scavalcare senza difficoltà i suoi coetanei, e offrisse potente protezione contro il mondo.
Il monastero non si rivelò accogliente come egli auspicava: la pedante e deplorevole osservanza dogmatica e formale della Regola, priva e vuota dalla vita nello Spirito Santo e nella carità fraterna, rese insopportabile e opprimente lo stato religioso al giovane Erasmo, che però potè esser liberato dagli obblighi concernenti la Regola, unicamente nel , con dispensa papale di Leone X, inizio vero della sua libera, arbitraria, attività intellettuale!
I reiterati tentativi d'uscir dallo stato religioso furono coronati da successo anzitutto dall'incarico in qualità di segretario che ottenne presso un Vescovo poco erudito; scrivendo i discorsi per il Pastore, quest'ultimo in breve ricevette fama, che, naturalmente, si riversò anche su Gerardo, che potè, d'ora in avanti, far sfogar la vena creativa repressa; Erasmo seguì a Parigi il Vescovo, e inoltre potè visitare, in sua comnia, alcune città dell'Italia settentrionale-
L'incarico di produzione per terzi di opere letterarie non apava la creativa e acuta razionalità del nostro umanista, e, causa intolleranza fisica per la vita monastica, vissuta nella esteriorità e ipocrisia del convento agostiniano, in breve, tentò l'emancipazione dallo stato religioso, non frequentando il convento come sarebbe stato d'obbligo per la sua professione di fede.
In Inghliterra, nel 1496, potè incontrar alcuni umanisti, tra i quali John Colet e thomasì More, esponenti e importatori del platonismo nell'isola anglosassone, coi quai trovò e instaurò affinità spirituale intima.
Nel 1497 compose la prima edizione degli Adagia (806), raccolta commentata di massime latine e greche, particolarmente latine.
Divenne poi precettore dei li del medico di Enrico VII, accomnando i quali, nel 1506, ebbe la possibilità finalmente di visitare l'Italia, e in particolare i luoghi Santi (Roma in particolar).
L'evento clou del viaggio fu l'ingresso a Bologna di Giulio II Papa . In cavallo e armatura, uomo in scatola . lui ce avrebbe dovuto rappresentare la cristianità, Cristo in terra! Erasmo inorridì. E la successiva elaborazione intellettuale erasmiana dipenderà dall'esperienza traumatica dell'ingresso trionfale come capo militare in Bologna del Papa, e dalla scandalosa condotta morale e religiosa dei conventuali.
Dopo Bologna il nostro autore visitò Venezia, ospite di Manuzio, il grande tipografo veneziano, presso cui ebbe modo di completar la stesura degli Adagia, integrandoli con determinati proverbi greci, alcuni attinti dalla grande libreria del celebre umanista della laguna, arrivando a raccoglier 3260 proverbi, detti, massime, stavolta soprattutto greche; gli adagia recano un commento erasmiano di lunghezza variabile; 6 Adagia hanno particolare interesse nella ricostruzione del pensiero politico dell'umanista!
1509 Completata la raccolta delle massime, Erasmo attraversa la Pianura Padana, e, attraverso la Francia, giunge in Inghilterra in visita presso Thomas More. Nel corso dello spostamento redasse l''Elogio della follia', (Encomium Moriae, il cui doppio senso suona come Encomio di Moro, dedicatario dell'opera); l'opera suona come una satira sulla vita conventuale, che i frati agostiniani vorrebbero riprendesse (Erasmo vestiva come un borghese, nei suoi viaggi, non rivestito dell'abito religioso); la pazzia dei frati concerne in particolar la cura per il formalismo, e la totale assenza di 'sostanza' nei comportamenti religiosi e morali, degenerati in moralismo ipocrita.
La pazzia, per estensione, è attribuita a tutta la società dell'epoca.
La follia assume però anche una connotazione meno negativa inserita nel contesto della Rivelazione cristiana: sovente, anche nei testi liturgici, la Passione del lio di Dio Incarnato è definita 'follia della Croce', e il modus vivendi del cristiano dovrebbe far eco a questa follia.
Nel 1516 Erasmo dedica a Carlo I di Gand, futuro Carlo V (1517) Imperatore, un'opera di carattere didascalico intitolata 'L'educazione del principe cristiano' (Institutio Principis Christiani). Ritenendo, infatti, che, data la situazione di fatto del governo dei popoli da parte di principi, la soluzione migliore per migliorare le condizioni di vita dei sudditi, sia l'educazione profondamente cristiana del monarca, egli propone tale modello al futuro imperatore, in modo che, il sovrano non diventi un tiranno.
Carlo V dimostrerà la propria gratitudine all'intellettuale olandese nominadolo membro del suo Consiglio, pur, tuttavia, senza mettere concretamente in pratica gl'insegnamenti ricevuti nell'opera!
Gli eventi bellici che contraddistinsero il XVI secolo mossero il pacifista Erasmo a scriver un'opera sul tema: la 'Il lamento della pace' (Quaerela pacis)
L'evento che scosse la vita di Gerardo di Gerardo, ormai Erasmo, venne proprio dalla sua buona volontà nel tentativo inane di restaurare, nella Chiesa Ortodossa (ovvero Cattolico Romana, prima dello scisma luterano), l'evangelica povertà, purezza, carità, nei costumi e nel cuore dell'uomo, a cui egli riportava la religiosità, non più formale, ma intima e vissuta. Infatti, a seguito dei fatti che, dal 1517 videro Lutero protagonista, nella frattura del mondo cristiano, ormai diviso fra Cattolici Romani e Cristiani Riformati, Erasmo vide, causa le sue opere e le sue idee, la propria persona vittima di tale contrasto: criticato e perseguitato dai protestanti, per non aver compiuto quell'atto di recisione dalla Chiesa, che era, secondo loro, indispensabile, e aver contrastato le critiche luterane al depositum fidei della Chiesa Cattolica (ricordiamo l'antitetica posizione nel 'De libero arbitrio', a cui fece pronta eco l'opera 'De servo arbitrio' del riformatore tedesco); condannato dai Cattolici come ispiratore e sobillatore delle tesi di Lutero sulla Chiesa gerarchica, sulla corruzione dei costumi, sulla esteriorità delle forme di culto Cattoliche.
Erasmo, infatti, condannò reiteratamente e continuamente la Chiesa intesa come STRUTTURA DI POTERE, approvando in tal materia, in parte, la ideologia di Lutero .
Nel 1521 giunse infatti la condanna Cattolica che fece di lui l''eresiarca' della Riforma protestante (determinate opere dell'umanista olandese vennero postea lungo all'Indice dei libri proibiti; a prova della condanna, portuno ricordare che nel 1529 un traduttore di Erasmo fu condannato al rogo come eretico . ); i Protestanti, per contro, l'accusaron di non aver tratto le logiche conseguenze dalla presa di coscienza della corruzione clericale Cattolica.
Il periodo, in cui furono manifeste le prime avvisaglie delle travagliate guerre di religione, fu molto duro anche per il suo amico Thomas More, coinvolto, quale credente Cattolico, nello scisma anglicano, nell'opposizione verso il monarca, espressa mediante il ritiro dalla vita pubblica, interpretato chiaramente dal re Enrico VIII, vero principe machiavelliano, che non esitò a eliminarlo (riconosciuto nel 1935 come Santo Martire dalla Chiesa Cattolica, è dal 2000 Patrono dei politici).
In definitiva Erasmo ebbe sempre a patire dalla sua condizione sociale; prima per il suo status di lio illegittimo di un ecclesiastico, divenuto zimbello dei comni; poi a causa delle sue idee a metà fra il protestantesimo e il cattolicesimo.
Erasmo e la politica
Non è possibile ritrovare nelle opere di Erasmo una trattazione sistematica e ordinata della propria ideologia politica, ma è estrapolabile da svariati testi; il marcato pacifismo, la Fede cristiana, la aspirazione a una unità fra tutti gli europei nel Nome del Signore Gesù Cristo, il potere come servizio, la spiritualità interiore, la difesa dei deboli, sono tutte caratteristiche del pensiero erasmiano che influirono nel pensiero politico, nell'elaborazione a noi giunta.
Fra le opere politiche di Erasmo, ricordiamo particolarmente: sei 'Adagia' 'politici'; l''Institutio principis Chriatiani'; la 'Quaerela Pacis'; in tali opere vi sono in nuce le caratteristiche peculiari del pensiero politico dell'umanista cristiano Erasmo.
Il nucleo è contenuto nei sei Adagia, lo sviluppo, meno vivace, nell'Institutio e nella Quaerela Pacis.
GLI ADAGIA
Raccogliendo proverbi, motti, detti, del mondo latino e greco, Erasmo li trascrisse, e li arricchì d'un commento proprio.
I 6 Adagia politici che a noi interessano
G Re o matti si nasce
G I sileni di Alcibiade
G Far ar gabella al morto
G Or ch'ai in mano Sparta, governala
G Lo scarabeo che divorò l'aquila
G Chi ama la guerra non l'ha vista in faccia
La Einaudi ha edito un'edizione curata dei 6 Adagia politici.
G Chi ama la guerra non l'ha vista in faccia
Il proverbio 'Chi ama la guerra non l'ha vista in faccia', è una condanna della guerra tout court, che verrà ripresa tanto nell'Institutio qual monito all'Imperatore Carlo V, quanto nel Lamento della Pace, che è un'opera incentrata su questo argomento; il contenuto è omologo alle altre opere del pacifismo erasmiano.
Il Principe, in particolar il futuro Carlo V, a cui si rivolge Erasmo, deve essere un servo, il servo del popolo, secondo quanto il Signore Gesù indica esplicitamente nel Vangelo rivolto ai Suoi Apostoli.
Conseguentemente visto che egli deve governare su uomini due volte liberi, in quanto uomini, e perciò liberi di libertà naturale; e a maggiore ragione in quanto cristiani, liberati dall'Amore di Cristo dal peccato.
L'azione di governo, quindi, dev'essere diretta al maggiore bene dei sudditi, tenendo presente che gli uomini e le donne sotto la tutela del principe sono il fine del suo operato e della sua potestà, non il mezzo per conseguir egoistici e vili benefici materiali.
Erasmo è fondamentalmente un realista, e non presuppone come base del proprio pensiero un'utopica realtà d'una nazione governata da dei Santi, ma è cosciente che le nazioni nel suo tempo sono subordinate a dei principi, e quindi lo strumento migliore acciocché il monarca non divenga un tiranno consiste nella sua educazione secondo la Fede cristiana; questo è lo scopo che Erasmo tenta di conseguir con l'Educazione del principe cristiano, che, come si sa, non riuscirà come sperava!
G 'Re o matti si nasce'
I principi non hanno avuto accesso al potere meritocraticamente, ma perché, per iscrizione, l'Infante di Sna è nominato principe delle Asturie, per esempio, e fin da principio è notorio che egli diverrà il sovrano dello Stato . Conseguentemente i giuramenti di fedeltà al futuro monarca fin dalla culla e la educazione rigorosa. Tal constatazione è tale da identificare la condizione del sovrano con quella del pazzo: entrambi, secondo la concezione clinica antica, devono alla nascita la propria situazione esistenziale; l'accostamento è volutamente provocatorio, e evidenzia la casualità dell'elezione al potere . Forse è possibile mutare tale condizione? Gl'ispanici comuneros vi tentarono, quando l'imperatore aggiunse nuove tasse alla popolazione, ma l'esrecito soppresse tal sommossa, e i capi del movimento furono giustiziati.
Le ribellioni non avevano successo nel periodo in cui Erasmo visse, quindi, è necessario che i principi vengano educati perché, non degenerando in tirannide, il potere non venga contestato, ma sia un giusto mezzo per la gestione della cosa pubblica.
PAIDEIAà STRUMENTO PROPOSTO DA ERASMO
Erasmo è però un utopista in questo contesto . Se pur l'educazione del principe influenzasse il rapporto del monarca col popolo, non potrebbero comunque essere modificati i rapporti di forza, i rapporti di dominio e obbedienza, individuati da Machiavelli, alla base dello Stato!
Erasmo introduce poi un'ulterior critica, al popolo: sovente s'è disposti a ammirare un principe bello, giovane, muscoloso . Dotato di bella voce e maniere gentili; nonché altre virtù e qualità sensibili . Virtù utili in un attore, in uno scaricatore, ma non per un re.
E' opportuno, secondo Erasmo, dare giusta valutazione riguardo le qualità necessarie per un principe.
La condotta, qualora priva della capacità di discernimento, non potrà essere che diretta al fallimento.
G 'I sileni di Alcibiade'
'I sileni di Alcibiade' è un espresso richiamo ai valori antiteticamente anteposti alle qualità estetiche e esteriori.
Il riferimento all'antitesi estetica scadente/intimo bello è ripresa, come tutto il sistema dualistico, da Platone, particolarmente dal Symposium, ove Alcibiade, a proposito di Socrate, lo paragona a un sileno, mostruosa e grottesca statua, che è protezione d'immagini divine, che, come in un armadio, son custodite al suo interno!
Vi son due tipi di sileni, secondo Erasmo:
Sileni negativi
Appaiono attraenti, splendidi, sono ricchi d'ogni bene materiale, e fanno le loro opere per essere apprezzati dagli uomini, ma in sé covano ogni tipo di male, astio, rancore, invidia; mostrano, aprendosi, un intimo lordo abietto.
Sileni positivi
Aspetto smunto, non appariscente, non attraente, ma, appena mostrano l'interiorità, rivelano una bellezza inaspettata.
Non hanno beni materiali, e bellezza esteriore, m nell'intimo custodiscono un tesoro.
Fra i sileni negativi Erasmo cita diversi personaggi famosi.
Per quanto concerne i sileni positivi, Erasmo indica come più importante e bello CRISTO-DIO. Esteriormente era come tutti gli uomini, anzi, più povero e piccolo di tutti gli uomini, senza una casa, artigiano, privo di cibo; analogamente anche gli Apostoli e i primi discepoli. Ma nel Suo intimo Egli era e è l'Eterno Dio!
Perché, si domanda Erasmo, i cristiani, che si gloriano di questo nome, hanno così poco in comune con Cristo? Egli infatti è modello assoluto, per quanto ineguagliabile, di tutti i suoi discepoli.
Erasmo condanna duramente i cristiani che ambivano a onori e ricchezze mondani, come Giulio II, che in armi, uomo in scatola, presso Bologna,.
Erasmo è poi notevolmente ì critico nei confronti dei privilegi ecclesiastici.
Un tempo l'uso dei beni era comune.
G 'Far are gabella al morto'
Il detto permette a Erasmo di sviluppare le proprie idee in materia di gravio fiscale: giacché talora l'esazione fiscale giunge a tassare addirittura i funerali, Erasmo cita questo detto, invitando i sovrani a non imporre gravi fiscali eccessivi sui sudditi, visto che generalmente essi gravano per lo più sulle spalle dei contribuenti più poveri; propone infine che le tasse vengano imposte su base censitaria ai ceti più facoltosi.
G 'Or ch'hai vinto Sparta, abbine cura'
Il proverbio è rivolto a quei principi nuovi, secondo terminologia machiavelliana, che dopo aver conquistato e unito al proprio regno le nuove terre conquistate, non hanno cura di esse, ma le sfruttano al fine di conseguire benefici economici da esse, a guisa di colonie, e non si premurano del bene della popolazione.
G 'Lo scarabeo che divorò l'aquila'
Commentando tale proverbio Erasmo introduce una decisa critica nei riguardi di cortigiani e buffoni, che egli vorrebbe lontani dal principe, i quali metodicamente tentano d'ingraziarsi il futuro monarca, assecondandone i vizi e le negative inclinazioni dell'animo, sicché non v'è da sorprendersi, a detta dell'umanista olandese, dell'abietta anima di taluni potentati.
Non potrà infatti sviluppare la propria libertà interiore, quindi l'anelito al benessere temporale e spirituale dei sudditi, qualora i vizi lo dominino.
Erasmo invita quindi al bando dalle corti di buffoni e cortigiani, che potrebbero essere di grave nocività per la moralità del principe!
G 'Chi ama la guerra non l'ha vista in faccia'
Il pacifismo di Erasmo è in nuce presentato nel commento dell'Adagia contro la guerra; le tematiche che svilupperà nella 'Quaerela pacis' sono già presenti ivi: guerra=OMICIDIO COLLETTIVO.
Il punto di vista erasmiano estremizza inoltre il pensiero di S. Agostino e s. Tommaso d'Aquino, i quali distinguevano fra guerra giusta e ingiusta: Erasmo presenta la pace come fulcro del Cristianesimo; conseguentemente ogni guerra non fa altro che esporre le inermi e innocenti popolazioni delle camne ai soprusi delle milizie mercenarie, e ridurre gli esseri umani coinvolti nelle attività belliche a assassini indiscriminati.
La critica a Giulio II è decisa, aperta, inequivocabile.
Erasmo nel vedere Giulio II in armi contro Bologna inorridisce.
Erasmo nel vedere la guerra della Francia contro la Sna, due nazioni cristiane, inorridisce.
Auspicando una utopica repubblica cristiana, egli ricusa la guerra come mezzo di soluzione dei contrasti internazionali, a favore della pace e della nonviolenza.
'Institutio principis Christiani' (1515-l6)
Dedicata a Carlo I di Gand, il futuro Carlo V, l'opera tenta di elaborare una paideia, un modello d'educazione, per il principe cristiano, in cui si presuppone che il potere venga amministrato da un monocrate, pur in una forma, talora, mista.
Il sovrano, secondo Erasmo, deve governare in spirito di servizio, senza spadroneggiare, conscio che la missione di principe gli è stata concessa da Dio, e che a Lui dovrà rendere conto; governando, infatti, su uomini due volte liberi, in quanto caratterizzati dalla libertà naturale, propria di tutti gli uomini, e inoltre di quella di cristiani, redenti da Cristo-Dio dalle catene del peccato.
Sul presupposto che ogni potere si fonda sul consenso, una sorta di contrattualismo tacito fra governanti-sudditi, il monarca deve governare secondo giustizia, e, al tempo stesso, deve adoprarsi al fine di non imporre un fiscalismo opprimente, rendendo poi trasparente il modo d'investir i proventi delle tasse, e utilizzando il gettito fiscale in opere di pubblica utilità; i sudditi, per contro, secondo Erasmo, convinto pacifista, non hanno però diritto di resistenza violenta. Inoltre il principe dovrà guardarsi in ogni modo dagli adulatori.
Infine Erasmo propone che il principe venga educato fra coloro che dovrà governare, pena essere visto come uno straniero, illegittimamente assiso in trono, che avverrà nella realtà a Carlo V, da parte degli snoli.
Le leggi, secondo Erasmo, devono essere modificate con molta prudenza, nel momento in cui risultano manifestamente obsolete.
I principi europei dovrebbero, secondo Erasmo,riuscire a costruire Pace per tutta Europa, in quanto legati dal vincolo della Fede Cristiana.
Ogni retorica bellica è negata dall'umanista olandese, in quanto la guerra,in quanto omicidio collettivo,nega il cristianesimo e l'umanità; Giulio II ha ricusato tutto questo, assediando dei cristiani presso Bologna.
La Quaerela Pacis è il manifesto esplicito del pacifismo di Erasmo, primo pacifista del pensiero politico occidentale moderno.
Le tesi erasmiane, peraltro molto moderne, non vennero mai applicate,a causa della sua consonanza ideologica con alcune posizioni delle Chiese riformate.
IL PENSIERO DI ERASMO: GENESI E ELEMENTI PECULIARI
Il pensiero erasmiano nasce da due componenti fondamentali ovvero l'umanesimo e la sua Fede Cristiana.
Dall'Umanesimo egli mutua l'atteggiamento critico nei confronti del reale, che va sempre applicato, anche in materia religiosa e istituzionale; la Fede Cristiana, infatti, secondo il pensiero di Erasmo, ha ricevuto nel corso del tempo, notevoli apporti sovrastrutturali, che andrebbero rimossi, per vedere rivivere la vera e viva Cristianità; inoltre l'autor degli Adagia ritiene che la riscoperta delle Sacre Scritture, rese accessibili a tutti i fedeli, debba venire messa in atto per potere innovare e rinnovare la Chiesa al suo interno. La viva Fede in Cristo Risorto rende Erasmo un assertore del pacifismo, visto come fulcro del Cristianesimo.
In Erasmo, inoltre è molto forte la critica della corruzione ecclesiastica; del formalismo; dell'abuso della credulità e della superstizione popolare da parte di svariati ecclesiastici. Egli non esitò a condannare perfino la massima carica istituzionale della Cristianità: il Papato; in particolare due Pontefici saliti al soglio di Pietro negli anni coevi a Erasmo, Giulio II e Alessandro VI (Borgia) sono ritenuti da Erasmo dei sileni negativi; il primo per la politica espansionista ai danni di limitrofi Stati Cristiani, da parte del garante in terra della Pace; il secondo, per l'abuso del proprio potere politico e per il nepotismo con cui affidò al lio, illegittimo, Cesare Borgia, l'Emilia-Romagna.
Il vero Cristianesimo, secondo Erasmo, deve essere interiore, spirituale; deve aiutarci a cogliere la natura spirituale dell'uomo, quella vera (notiamo il dualismo:uomo interiore, spirituale; uomo esteriore, materiale). Riprendendo la metafora dei sileni, Erasmo invita a non giudicare secondo le apparenze e i criteri mondani, ma guardando all'interiorità e alla spiritualità, giudicando la sostanza, non quanto appare.
Per quanto concerne la posizione di Erasmo nei confronti delle altre confessioni religiose, l'umanista offrì elaborazione modernissima a un problema che, di lì a poco, avrebbe insanguinato l'Europa: in proposito della possibilità di una nuova imminente crociata, verso gli ottomani che stavano gradatamente acquisendo potere politico e militare, e avrebbero potuto invadere il continente europeo, il monaco agostiniano propone una soluzione che NON utilizzi la guerra come strumento per la soluzione dei contrasti di religione (in realtà politici) con gli islamici, ma l'esempio della vita cristiana, rettamente intesa e vissuta.
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