letteratura |
CONSIDERAZIONI PRELIMINARI
L'Enciclopedia del sapere si può definire la prima grande impresa editoriale moderna.
L'opera però non ha valore soltanto come l'espressione pratica della concezione generale del sapere di un'epoca, ma anche e soprattutto per l'aperto significato polemico e critico nei confronti della cultura tradizionale (e particolarmente degli istituti religiosi del tempo) che aveva esplicitamente buona parte del contenuto. Questi due aspetti ,quello teorico-sistematico e quello critico , sono cosi intimamente connessi tra loro che non è possibile scindere nell'opera tali componenti. Infatti ,se l'enciclopedia appare o può apparire essenzialmente come un efficace veicolo di proanda e di azione politica,lo strumento con il quale gli enciclopedisti condussero la loro battaglia contro il conservatorismo culturale, religioso e politico della società francese del tempo, occorre rilevare che tale azione di proanda si basava su una concezione generale che, proprio per quel richiamo, implicito o esplicito, alla natura veniva ad avere un chiaro significato di rottura nei confronti della tradizione, e che l'enciclopedia doveva appunto realizzare in forma più concreta e sistematica. L'essere ad un tempo opera teorica e politica è forse l'aspetto più tipico dell'Enciclopedia: è comunque l'elemento che meglio la caratterizza rispetto alle numerose opere analoghe, contemporanee e antecedenti. In effetti i numerosi dizionari ed enciclopedie del tempo avevano un carattere prevalentemente linguistico o specifico (Dictionnaire des arts et des sciences, Dictionnaire economique).Le enciclopedie nel senso proprio del termine, cioè come opere teoriche, si rifacevano a moduli tradizionali, artificiosi e scolastici (esempio tipico è l'Enciclopedia di J. H. Alstedius, 1630) , oppure non erano nulla più che mere enunciazioni programmatiche. La preoccupazione di creare un'opera che fosse ad un tempo dizionario ed enciclopedia, e quindi dotata di organicità e completezza, ben viva in Diderot e d'Alambert, si riscontra peraltro anche nel Dizionario universale delle arti e delle scienze di Ephraim Chambers , opera che si riconnette direttamente all'Enciclopedia, in quanto è noto che la grande impresa editoriale francese all'origine non doveva essere che una traduzione del dizionario inglese. Orbene Chambers, nella prefazione della sua opera, considera l'esigenza di organicità l'elemento caratterizzante e originale del suo lessico rispetto a quelli precedenti, ma nello stesso tempo sottolinea i grandi vantaggi che presenta l'ordinamento del contenuto sotto forma di dizionario;"quella forse è la sola strada, onde l'intero circolo o corpo di scienza, con tutte le sue parti e dipendenze, si possa altrui ben porgere". Nel Prospectus dell'Enciclopedia, in cui Diderot analizza criticamente l'opera di Chambers, riconosce allo studioso inglese il merito di aver posto in rilievo i vantaggi della sistematicità e della concatenazione organica delle conoscenze , ma censura la realizzazione dell'opera. Questo difetto di realizzazione è , a giudizio di Diderot, strutturale e non soggettivo, una naturale conseguenza del piano dell'opera troppo angusto, per cui le numerose lacune e omissioni appaiono ovvie e scontate. Ma se l'omissione di un articolo rende semplicemente imperfetto un dizionario comune, in una enciclopedia infrange la connessione intera dell'opera, nuoce al contenuto e alla forma. Qui implicitamente, Diderot mostra la precisa consapevolezza della novità della sua opera, in cui ad un progresso nella realizzazione, concepita non in termini dilettantistici; è noto che l'Enciclopedia è la prima opera del genere in cui le voci siano redatte da specialisti e secondo criteri specialistici, cioè ampie e dotate di una considerevole precisione di linguaggio.
COLLABORATORI E LETTORI
Alcuni studiosi hanno tentato di situare in modo preciso l'Enciclopedia all'interno della società francese considerando la provenienza sociale sia dei collaboratori che dei lettori. La cosa più rilevante emersa da queste ricerche è l'estrazione borghese dei collaboratori dell'Enciclopedia: gli enciclopedisti derivano da una frazione limitata della borghesia; erano principalmente rappresentanti della piccola e media borghesia: medici, tecnici, funzionari, insegnanti, ecc.
Questi collaboratori si trovavano per lo più integrati entro le strutture feudali della società francese del tempo, soprattutto perché le loro fonti di reddito (di origine fondiaria o derivanti da cariche pubbliche) erano tradizionali; però spesso svolgevano funzioni tecniche ed economiche che li portavano in direzioni nuove e ciò li caratterizzava come membri di quella frazione dinamica e progressiva della borghesia che determinerà l'affermarsi del capitalismo industriale.
Significativo è il giudizio di Robespierre nei confronti dell'enciclopedia: "L'Enciclopedia racchiudeva un gran numero di ciarlatani ambiziosi.[ . ] I suoi capi declamavano talvolta contro il dispotismo ed erano pensionati da despoti, facevano ora dei libri conto la corte, ora delle dediche ai re, dei discorsi per i cortigiani e dei madrigali per le cortigiane; . "
La censura dei giacobini è rivolta essenzialmente contro il carattere non popolare dell'Enciclopedia; gli enciclopedisti, infatti, avevano scarsa fiducia e considerazione per il popolo: per esempio, nonostante la descrizione delle attività manifatturiere ed artigiane occupi gran parte dell'enciclopedia e molti operai abbiano collaborato alla stesura degli articoli e delle tavole, la maggior parte degli operai e degli artigiani non viene nominata.
Lo stato sociale a cui appartenevano i collaboratori dell'Enciclopedia è anche quello stesso da cui proveniva buona parte dei lettori dell'opera, che furono moltissimi. Si tratta pertanto di una frazione della borghesia legata alle strutture del potere tradizionale.
Le vicende della pubblicazione
L'Enciclopedia nacque dall'iniziativa commerciale di un libraio parigino A.F. Le Breton, il quale aveva accolto la proposta che uno studioso tedesco, G. Sellius, abitante allora a Parigi, gli aveva fatto nel gennaio 1745 relativamente alla traduzione francese dell'opera di Chambers. A tal fine si associò con un gentiluomo inglese, J . Mills, con il quale lo stesso Sellius lo aveva messo in contatto. Fu stipulato un contratto per una traduzione ampliata che doveva comprendere 4 volumi di testo e 120 tavole, fu ottenuto il privilegio per la stampa e diffuso il Prospectus dell'opera. L'associazione durò solo qualche mese: sorsero ben presto dei contrasti tra Mills e il libraio parigino, che alla fine riuscì a liquidare il socio inglese e poi anche Sellius, al quale spettava l'onere della traduzione. Vista però la favorevole accoglienza che il progetto aveva avuto presso il pubblico, Le Breton prese l'iniziativa di fondare, per la pubblicazione dell'opera, un sindacato comprendente gli stessi finanziatori, con i quali si era associato in precedenza per la traduzione del Dizionario di medicina di R. James, cui aveva collaborato Diderot. La direzione del lavoro venne affidata all'abate Gua de Malves, studioso di matematica e di varie altre scienze, mentre d'Alambert e Diderot vennero assunti come collaboratori. I rapporti tra gli editori e il direttore si deteriorarono quasi subito a tal punto che poco più di un anno dopo fu rotto il contratto; Diderot e D'Alambert si assunsero l'onere di continuare l'opera, di cui presero la direzione. Il cambiamento nel piano e nella collaborazione del lavoro fu progressivo; il passaggio dai cinque volumi primitivi ai 28 finali avvenne attraverso varie tappe, che costituiscono altrettanti momenti fondamentali della tormentata e complessa vicenda della pubblicazione dell'Enciclopedia. A partire dal 1747 d'Alambert e Diderot si misero con grande zelo e fervore al lavoro, ma fu soprattutto Diderot, il quale s'interessava più alla parte ampia e gravosa dell'opera, quella relativa alle arti e ai mestieri, che si assunse le maggiori incombenze, tanto che, arrestato a causa della lettera Lettre sur les aveugles à l'usage de ceux qui voient nel luglio 1749, la preparazione dell'opera dovette essere sospesa quasi del tutto. Furono per tanto gli stessi librai a rivolgersi al vicecancelliere conte d'Argenson e al luogotenente generale di polizia Berryer per sollecitarli a porre in libertà Diderot, ponendo in rilievo la necessità dell'attiva presenza del philosophe per il proseguimento dell'impresa da loro iniziata.
Diderot fu liberato il 3 novembre 1749 e si dedicò quindi con il massimo impegno alla stesura dell'Enciclopedia; nel novembre dell'anno seguente fu distribuito il Prospectus dell'opera, scritto dallo stesso Diderot e si cominciarono a raccogliere le sottoscrizioni che furono numerose. Il successo dell'iniziativa appariva lusinghiero, ma già in occasione del prospetto Diderot ebbe una prima polemica con i gesuiti del " Journal de Trevoux " e particolarmente con il padre Berthier (che doveva in seguito dirigere il periodico ed essere il principale avversario degli enciclopedisti) a proposito del piano dell'opera e dei suoi rapporti con il programma baconiano.
Il primo volume apparve il 28 giugno con l'approvazione dei censori, ma suscitò subito delle polemiche. Il più duro attacco, ma anche il più serio, veniva dai gesuiti, e particolarmente ancora dal padre Berthier che pubblicò nel suo periodico, già fin dall'ottobre, numerosi articoli che contenevano un'analisi accuratissima sia del Discours preliminaire che delle varie voci del primo volume; egli si era reso conto, infatti, dell'importanza dell'opera e del pericolo che rappresentava come strumento di diffusione delle nuove idee eversive. Lo strumento di cui si servì per condurre la sua lotta era particolarmente efficace: consisteva in ripetute accuse di plagio che egli per altro provava in modo minuzioso e dettagliato, lasciando intendere chiaramente che il vero fine della sua battaglia era la difesa della religione e dei suoi istituti su cui essa si basava. Poneva in rilievo come particolarmente pericoloso, tra gli altri, l'articolo Autoritè politique e l'articolo Aius Locotius in cui si rivendicava, la libertà di espressione e sottolineava inoltre l'irriverenza verso la religione e l'autorità politica che traspariva dal particolare tipo di scelta degli articoli e dal risalto dato ad alcuni piuttosto che ad altri. Nella critica dell'Enciclopedia si ebbe la singolare convergenza con i gesuiti dei giansenisti; il loro intento era palesemente quello di inasprire la polemica contro gli enciclopedisti dei gesuiti, gareggiando con questi ultimi, loro tradizionali avversari, in intransigenza. I gesuiti del resto non si limitarono soltanto ad esercitare una critica violenta e dura, ma cercarono ben presto di esercitare le più forti pressini sulle autorità perché l'opera fosse soppressa. Furono essi a creare in funzione chiaramente antienciclopedica il caso dell'abate de Prades, un giovane collaboratore dell'Enciclopedia al quale fu confessata l'ortodossia di alcune affermazioni contenute nella sua tesi di teologia, che aveva già presentato e brillantemente discusso alla Sorbona. La condanna di de Prades era in effetti, una condanna contro l'Enciclopedia. Ancora, fu un ecclesiastico molto vicino ai gesuiti, F.Boyer, ad intervenire presso il re contro l'Enciclopedia e a far sì che il 7 gennaio 1752 fosse emanato il decreto di soppressione dei primi due volumi dell'opera. Le conseguenze di tale ordine non furono però molto grave: i volumi sequestrati furono pochi e d'altra parte Diderot e i librai poterono salvare dalla confisca preventiva i manoscritti degli altri volumi perché avvertiti in tempo proprio dallo stesso directeur de la librairie, Malesherbes, favorevole ai philosophes, che doveva far eseguire l'ordine. Il benevolo appoggio di Malesherbes ebbe un ruolo determinante anche nel rendere possibile la continuazione della pubblicazione dell'Enciclopedia. Assicurò che tre teologi della Sorbona avrebbero rivisto tutta l'opera (un espediente abituale dei primi due volumi era stato quello di inserire le espressioni meno ortodosse dal punto di vista religioso in voci che non avevano nulla a che fare con la teologia) e sostenne inoltre d'Alambert nella sua vittoriosa polemica con il " Journal des Savants" circa il contenuto irreligioso del suo Discours preliminaire, contribuendo a far sì che il matematico desistesse dai suoi propositi di abbandonare l'Enciclopedia. Non senza ragione quindi d'Alambert poteva scrivere un'Avvertenza al terzo volume pubblicato nel 1753 in cui traspare chiaramente la fiducia nell'assenso indiretto delle autorità all'opera anche nell'orgogliosa sicurezza che mostra nella confutazione delle varie critiche che erano state mosse all'opera. In effetti, l'Enciclopedia superò bene questa prima crisi e il lavoro proseguì alacremente; i volumi vennero pubblicati al ritmo di uno all'anno; nel novembre 1757 apparve il settimo volume. I violenti attacchi da parte degli oppositori non erano però mai cessati; essi ricevettero un rinnovato impulso nel 1757, a seguito dell'attentato di Damiens al re Luigi XV e del conseguente decreto regio che introduceva misure più severe nel controllo della stampa di opposizione. I libelli e gli scritti polemici e satirici si moltiplicarono; tra questi divennero famosi i Memoires sur les cacouacs in cui gli enciclopedisti (cacouacs) venivano dipinti come degli esseri spregevoli che irretivano chi cadeva nelle loro mani ma che potevano facilmente essere combattuti. Questa ben orchestrata camna di stampa contro l'Enciclopedia, nonché le polemiche e le proteste suscitate dall'articolo Gèneve, ebbero come conseguenza l'immediato ritiro dell'Enciclopedia di d'Alambert, autore dell'articolo in questione. La decisione di d'Alambert, alla quale per la verità non furono estranei motivi di contrasto economico con gli altri editori, fu irrevocabile nonostante le insistenze di Diderot e di Voltaire; essa arrecò un danno notevole all'opera, poiché provocò la defezione di altri collaboratori e fece cadere interamente su Diderot la responsabilità della pubblicazione. La rinuncia di d'Alambert costituì un effettivo indebolimento dell'Enciclopedia e fu più grave in quanto avvenne proprio nel momento in cui si venne maturando la crisi più seria che l'Enciclopedia non avesse mai avuto. L'opera fu, infatti, coinvolta nello scandalo che sorse a seguito della pubblicazione del libro di Helvetius De l'esprit; l'Enciclopedia fu condannata insieme allo scritto di Helvetius e ad altre opere da un decreto del Parlamento redatto il 6 febbraio 1759. L'opera fu quindi interrotta, la vendita dei volumi proibita e fu fissato anche il rimborso da rendere ai sottoscrittori. Di fatto, però, l'opera non venne sospesa; fu raggiunto un compromesso nel senso che si diede corso alla stampa delle tavole mentre la pubblicazione dei rimanenti volumi fu solo9 rimandata.La pubblicazione degli 11 volumi di tavole fu relativamente sollecita dati i problemi enormemente complessi che essa implicava, si protrasse per 10 anni, dal 1762 al 1772 e diede luogo anch'essa ad una lunga polemica, sebbene solo di carattere letterario. Si trattava di un'accusa di plagio, avanzata da più parti, nei confronti delle tavole relativi alle arti e ai mestieri in corso di elaborazione sotto la guida di Reamur da parte dell'Academie des sciences. La denuncia, raccolta dall'Annè litteraire da E. Freròn, irriducibile avversario dell'Enciclopedia, partiva dall'incisore Patte e venne poi ribadita dallo stesso Reamur. Diderot sconfessò a più riprese il plagio ed anche una commissione dell'Academie des science incaricata di appurare la cosa, si pronunciò in modo negativo, redigendo un attestato in tal senso che venne stampato nei volumi delle tavole dell'Enciclopedia. È certo comunque che l'accusa era infondata: una parte anche se non rilevante, delle decisioni dell'Enciclopedia furono composte utilizzando, in misura maggiore o minore, le tavole di Reamur, ed è molto probabile che anche considerazioni esterne (il fatto che d'Alambert ed altri membri dell'Academie avessero collaborato all'Enciclopedia, nonché il desiderio di non interrompere ancora una volta la pubblicazione dell'opera nove abbiano avuto un certo peso nel giudizio liberatorio della commissione dell'Accademia. L'Enciclopedia poté quindi essere completata; nel 1763 si era dimesso Malesherbes, ma il nuovo directeur de la librairie, Sartine, amico di Diderot, continuòla politica del predecessore, e non vi furono quindi ulteriori eccessivi intralci nella pubblicazione.
La pubblicazione dell'ultimo volume dell'Enciclopedia avvenne nel 1772.
L'opera aveva avuto un successo strepitoso, ma presentava anche difetti evidenti a chiunque. Il critico più severo fu del resto lo stesso Diderot il quale affermò che l'Enciclopedia era un abisso in cui erano gettate alla rinfusa " un infinità di cose mal viste " mal digerite, buone, cattive, detestabili, vere, false, incerte e sempre incoerenti e disparate " e osservò che quasi tutte le sezioni devono essere rimaneggiate e rifatte. Gli ulteriori sviluppi dell'Enciclopedia sono quindi determinati dalla duplice esigenza di continuare da un lato lo sfruttamento commerciale dell'opera, e dall'altro di eliminare le deficienze più vistose sia del testo che delle tavole. Il libraio Panckoucke già dal 1768 si era interessato presso i librai associati per una seconda edizione dell'opera che però non fu iniziata per le sfavorevoli accoglienze che ebbe il Prospectus.
Stampò invece il supplemento (due volumi furono pubblicati nel luglio 1776, due altri nel 1777 con un volume di tavole e poi due altri volumi contenenti la tavola analitica e ragionata degli argomenti) che presentava l'aggiornamento, la correzione, la revisione e l'ampliamento delle varie voci: oltre ai vecchi collaboratori scrissero per il supplemento anche altri studiosi, tra cui Condorcet (per la matematica), Lalande (per l'astronomia) ecc.
Furono questi alcuni dei più noti collaboratori dell'Encyclopedie methodique ou par ordre de matiers, opera monumentale in 166 volumi, pubblicata tra il 1782 e il 1832, che costituisce la prosecuzione più naturale e immediata dell'Enciclopedia, e un serio sviluppo di essa.
Fu lo stesso Panckoucke che si assunse l'onere della pubblicazione sfruttando il materiale dell'opera precedente e del supplemento, la stampa iniziò sotto favorevoli auspici ma sin protrasse poi a lungo in mezzo a difficoltà di ogni sorta.
Il richiamo diretto all'opera di Diderot e D'Alambert è programmatico: l'Enciclopedia metodica, infatti, più che una cosa nuova, voleva essere una trasformazione in senso funzionale della vecchia enciclopedia della quale voleva correggere gli errori, aggiungere tutti gli articoli mancanti, completare la nomenclatura di tutte le parti, modificare il piano espositivo dell'opera. Quest'ultima è la novità più sostanziale: creando un'opera composta di diversi trattati, ognuno dei quali esponeva in ordine alfabetico i principali elementi di una particolare disciplina, si credeva di poter ovviare al principale difetto della vecchia Enciclopedia, la confusione degli oggetti, risultante dal voler " richiudere tutte le conoscenze umane in un solo dizionario". Fu certamente un'impresa culturale di grande importanza, superiore per molti aspetti particolari all'opera da cui derivava, ma ovviamente risentì non solo della mancanza di un'impronta unitaria e di quella passione e di quell'entusiasmo che Diderot e D'Alembert seppero profondere nella loro opera, ma anche e soprattutto di quella caratterizzazione che l'Enciclopedia venne a mano a mano assumendo, particolarmente per merito di Diderot, come punto di riferimento culturale di tutta un'epoca e come strumento di direzione politica efficacissimo.
Diderot non partecipò all'iniziativa di Panckoucke. Certo il philosophe nutrì l'invenzione di dedicarsi alla stesura della nuova edizione dell'Enciclopedia sotto gli auspici dell'imperatrice Caterina II cui egli aveva sottoposto il progetto; la cosa lo aveva entusiasmato avendo intravisto la possibilità di rifare l'opera conformandola al piano sul quale era stata progettata e di vendicarsi di tutti gli ostacoli e difficoltà che aveva dovuto superare.
Il progetto di Diderot però non potè realizzarsi e così il diretto proseguimento dell'Enciclopedia si realizzò senza il fattivo interessamento del vecchio Diderot e ancora sotto il pesante condizionamento di esigenze puramente commerciali.
L'intento commerciale di acquisire un mercato più vasto si rivela nella concezione stessa dell'Enciclopedia metodica che intendeva essere opera di consultazione e di studio; però l'ambizione di creare un sistema completo delle conoscenze umane mediante l'unione articolata delle singole sezioni si rivelò illusoria. Secondo il prospectus, infatti, doveva esserci all'inizio di ogni dizionario un discorso preliminare e una tavola analitica per indicare l'ordine in cui si dovevano leggere tutte le parole, in modo che ogni sezione poteva essere considerata come un trattato ed essere collegata con le altre.
Le sezioni in cui si divide l'opera sono 26; il numero dei volumi di ciascuna serie è variabile e le voci sono poco numerose ma molto ampie e analitiche (alcuni articoli sono dei veri e propri trattati a se stanti). Per quanto concerne il contenuto, un notevole interesse riveste la trattazione delle materie filosofiche innanzitutto perché la parte più propriamente storica è divisa da quella sistematica comprendente la metafisica, la logica e la morale, e poi perché la parte storica è opera di Naigeon, l'allievo e più diretto continuatore dell'opera di Diderot; vi viene trattata molto estesamente la filosofia antica e moderna.
Le sezioni scientifiche sono quasi tutte valide ed originali per diversi aspetti: si può dire che, nel complesso, la parte relativa alla scienza e alla tecnica è stata quella più curata di tutta l'Enciclopedia metodica. La sezione di matematica fu curata dall'abate Bossut, autore di un ampio excursus storico su tale disciplina posto all'inizio del trattato. La sezione di astronomia, non molto sviluppata nella vecchia Enciclopedia, è invece completamente rinnovata da parte di un astronomo di grande rilievo Lalande, il quale diede un quadro esauriente anche per quanto riguarda lo sviluppo storico fino alle più recenti scoperte. L'impostazione generale non sembra però mutata, mentre è ampliata e più curata la parte storica. Le scienze mediche sono raggruppate in tre trattati distinti dedicati uno alla chirurgia, uno alla medicina propriamente detta e l'altro alle discipline mediche di base, l'anatomia e la fisiologia.
Si può dire che nel complesso, la trattazione abbia accolto pienamente il senso che gli ultimi sviluppi di tale disciplina avevano avuto, e abbiano un'impronta chiaramente moderna. Le novità che l'Enciclopedia metodica introduce rispetto alla vecchia Enciclopedia sono, infatti, notevoli, ma si ha l'impressione che Roland de la Platiere, come già Diderot, non abbiano affatto coscienza della rivoluzione che stava svolgendosi nelle industrie proprio nel periodo della fine del XVIII secolo e l'inizio del XIX.
La sezione è comunque molto aggiornata: vengono, infatti, descritti gli ultimi perfezionamenti della macchina a vapore come pure quelli dell'industria siderurgica e tessile. E' abbastanza indicativo il fatto che la parte dedicata alle industrie tessili, del cuoio, degli oli e dei saponi sia separata in un trattato autonomo rispetto a quello dedicato alla descrizione delle attività più propriamente artigianali.
Il contenuto effettivo dell'enciclopedia fa risaltare in modo macroscopico le deficienze della nozione teorica di enciclopedia del sapere, quale fu concepita da Diderot e d'Alambert, particolarmente l'insufficienza dell'astratto concetto di natura come elemento di mediazione tra le opposte esigenze della sistematicità e della concretezza. L'opera [?]
L'enciclopedia si caratterizza essenzialmente per la sua funzione sociale. Essa è un capolavoro pratico. "Per l'attrazione che esercitò sulle forze più vive della Francia di allora, per l'equilibrio che ha saputo dare a forme di cultura varie e complesse, per il fine comune verso cui ha saputo dirigerle, l'enciclopedia è una grande opera politica e sociale." Del resto l'opera ebbe origini pratiche e ciò fu, a giudizio dello stesso Diderot, uno degli elementi essenziali per la sua realizzazione. Egli, infatti, rileva a ragione che se si fosse dato ai collaboratori l'incarico di redigere ex novo le voci, essi si sarebbero spaventati per la complessità e l'impegno che esso avrebbe richiesto e l'Enciclopedia non si sarebbe fatta. Il semplice lavoro di revisione e arrangiamento di articoli già stesi, sembrava invece un compito più facile, per i collaboratori, anche se poi erano costretti, per le insufficienze e le lacune che presentava, a non servirsi affatto del materiale iniziale. A poco a poco, con l'aumentare della mole e dell'impegno, l'opera si venne delineando come un amalgama di idee correnti e di dati ormai acquisiti, sufficientemente ampio e analitico: come tale fu un efficacissimo strumento di diffusione sociale della cultura. In questa prospettiva fu di grande giovamento anche l'apparato teorico elaborato da Diderot e d'Alambert. Infatti, l'assetto programmatico, ambizioso e organico rese necessaria da un lato una stesura ampia, analitica e non dilettantesca delle singole voci (ponendo con ciò le basi per un'opera di divulgazione ad alto livello) e dall'altro l'integrazione dell'esposizione alfabetica con una serie di rinvii che resero articolata la trattazione e fornirono inoltre un efficace strumento politico (gli argomenti più scabrosi erano trattati spesso in voci apparentemente innocue a cui si arrivava appunto per mezzo di rinvii).
Per quanto riguarda le materie più scabrose, la teologia soprattutto, il compromesso fu abbastanza evidente. La collaborazione fu piuttosto difficile e travagliata per diversi motivi; fu affidata a dei religiosi come Mallet, Yvon, de Prades, Peste, Molleret, i quali cercarono in varia misura, ma con non molto successo, di conciliare esigenze e prospettive di rinnovamento con il più scrupoloso rispetto dell'ortodossia: i risultati non furono particolarmente vistosi.
Più intelligente, articolata e fatta in vista di una prospettiva precisa fu la conciliazione effettuata nelle discipline filosofiche e affini, opera principalmente di Diderot. Egli accentuò i motivi antireligiosi, cercando nel contempo di dar risalto a quegli elementi che potessero risultare idonei alla diffusione della sua dottrina materialistica, la quale appunto per i suoi caratteri di vaghezza, indeterminazione e non molto rigore, si prestava bene per una siffatta operazione polemico divulgativa.
Uno degli aspetti più positivi dell'enciclopedia fu la divulgazione della critica storica: si ha, infatti, un'esposizione generale dei criteri che devono guidare lo storico nella sua ricerca, dando rilievo all'importanza dello studio critico delle fonti, al loro ampliamento, allo scrupolo e alla cautela che occorre dimostrare nell'accertamento di fatti e dottrine.
La parte più originale dell'enciclopedia è quella relativa alle scienze e alle tecniche. La parte migliore è quella relativa alla matematica e alla fisica redatta quasi esclusivamente da d'Alambert. Per quanto concerne alla matematica la trattazione è semplice, chiara e pienamente adeguata allo stato delle conoscenze del tempo. Di notevole rilievo sono anche gli articoli relativi alla meccanica. Carente è invece la parte riguardante l'astronomia e soprattutto la chimica.
La parte più interessante è quella relativa alle arti, la più ampia e la più ambiziosa di tutta l'opera. L'eccezionale rilievo che viene dato in un'opera di cultura generale alla trattazione delle arti e dei mestieri viene infatti considerato come uno dei motivi più originali e moderni dell'Enciclopedia.
Gli enciclopedisti hanno spesso posto in risalto l'importanza della loro opera che auspicava una stretta unione della teoria con la pratica da realizzarsi proprio nelle arti, considerate lo strumento per un radicale rinnovamento.
Diderot pertanto perseguì l'idea di costruire un trattato generale delle arti meccaniche, ma soprattutto ripropone continuamente un'operazione di rivalutazione culturale primaria ed essenziale, cioè il definitivo riscatto delle arti meccaniche dall'avvilimento in cui erano state a lungo mantenute. Diderot cercò di realizzare il suo intento nel modo più proprio, cioè sulla base di informazioni dirette apprese nelle botteghe degli artigiani. "Ci siamo rivolti" egli afferma "ai più abili artigiani di Parigi e del regno. Ci siamo presi la pena di andare nei loro opifici, interrogarli, scrivere sotto loro dettatura, sviluppare i loro pensieri, trovare termini adatti ai loro mestieri, tracciare le relative tavole e definirle, parlare con coloro dai quali avevamo ottenuto memorie scritte, e rettificare in lunghi e ripetuti colloqui con alcuni, ciò che altri avevano spiegato insufficientemente, oscuramente, talvolta non fedelmente."
L'immagine di Diderot intento ad osservare nei laboratori artigiani è forse quella che meglio riassume l'attività stessa di tutta l'Enciclopedia.
Studi recenti hanno ridimensionato il significato dell'opera di Diderot e d'Alambert. È evidente che la preoccupazione di inserire l'attività degli artigiani in un'ampia prospettiva culturale, non era altro che l'accoglimento di un atteggiamento ormai definitivamente acquisito dalla grande cultura razionalistica del Seicento. Si può dire, anzi, che la concezione della tecnica che gli enciclopedisti divulgano è più vicina a quella rinascimentale: i vari mestieri sono posti tutti sullo stesso piano e sono visti con lo sguardo e la curiosità dell'amateur. Non a caso B.Gille, autore del miglior studio sull'enciclopedia come dizionario tecnico, ha scritto che "il programma redatto dai direttori dell'Enciclopedia costituiva un'eccellente ricerca folcloristica". In fondo gli enciclopedisti non avevano tratto alcun profitto dalla lezione di sectiunesio e dei meccanicisti secenteschi che avevano una visione selettiva delle tecniche incentrata sulla macchina; lo studio delle componenti teoriche delle macchine non subisce apprezzabili sviluppi da parte degli enciclopedisti. Come osserva ancora Gille, se nell'opera viene dato adeguato rilievo alla macchina per tessere le calze, primo esempio di automatismo in materia di tecnica, sono in verità "i mestieri tradizionali poco meccanizzati, quelli degli artigiani, che sembravano costituire per Diderot la vera tecnica: essi sono descritti in modo eccellente".
Un'ulteriore riprova della concezione antiquata che hanno delle tecniche gli enciclopedisti è data dalla scarsa considerazione che hanno per la macchina a vapore, sia dal punto di vista teorico che tecnico, che avrebbe cambiato radicalmente di lì a pochi decenni lo stato delle tecniche in generale e della società: nell'Enciclopedia se ne ha solo una descrizione minuta e per niente significativa.
L'inestimabile pregio e importanza dell'opera di Diderot non deve però ricercarsi nell'originalità dei presupposti teorici e nell'indicazione di svolte culturali decisive, bensì nel fatto che per la prima volta, superando i vincoli corporativi che tendevano a non divulgare eccessivamente i procedimenti di fabbricazione, una descrizione scrupolosa e dettagliata delle arti e dei mestieri viene effettivamente messa alla portata del grande pubblico.
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