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Erodoto. I persiani

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Erodoto. I persiani

Prologo

Questa è l'esposizione della ricerca di Erodoto di Alicarnasso affinché le imprese congiunte degli uomini non siano dimenticate dalla memoria umana con il passare del tempo, né le grandi e straordinarie imprese, alcune compiute dai greci, altri dai barbari, diventino oscure, e tra l'altro anche il motivo per cui combattevano gli uni contro gli altri.


So che i Persiani praticano questi costumi per una tradizione; non costruiscono statue, templi e altari, ma accusano di stoltezza chi lo fa, perchè non ritengono, come i greci, che gli dei siano a immagine dell'uomo. Sono soliti invece salire sui monti più alti per offrire sacrifici a Zeus, e chiamano Zeus tutta la volta del cielo. Fanno sacrifici al sole, alla luna, alla terra, al fuoco, all'acqua e ai venti. Solo a questi sacrificano fin dalle origini; hanno appreso anche a fare sacrifici a Urania dagli assiri e dagli arabi. Gli assiri chiamano Afrodite Mulitta, gli arabi Alilat, i persiani Mitra. Questo è il sacrificio in uso presso i persiani per gli dei menzionati. Quando vogliono sacrificare, non fanno altari nè accendono il fuoco; non usano libagioni, nè flauti nè bende sacre, né grani d'orzo salati. Quando qualcuno vuole sacrificare a uno di questi dei, porta l'animale in un luogo puro, quindi invoca il dio con la tiara coronata, per lo più di mirto. Al sacrificante non è consentito richiedere beni per sè solo, ma prega per la fortuna di tutti i persiani e del re: infatti fra tutti i persiani è compreso anche lui. Dopo aver smembrato la vittima cuoce le carni, sparge le erbe più tenere, soprattutto trifoglio, e su queste mette le carni. Quando le ha disposte così, un mago che gli sta vicino canta una teogonia che essi stessi dicono essere un canto sacro: infatti è uso presso di loro non compiere sacrifici senza mago. Dopo aver aspettato un pò di tempo, il sacrificante porta via la carne e se ne serve come preferisce.



Usano pochi cibi, molti contorni che chiudono il pasto e non tutti insieme: e per questo i persiani dicono che i greci smettono i mangiare di mangiare avendo ancora fame, poiché viene portato davanti a loro, dopo il pranzo, nulla che sia degno di considerazione, se invece venisse servito qualcosa non cesserebbero di mangiare. Sono molto dediti al vino. E di fronte a un altro non è permesso  rimettere o urinare. Anche ora rispettano queste abitudini. Quando sono ubriachi sono abituati a discutere gli affari più importanti.

Le decisioni eventualmente prese vengono riproposte il giorno seguente, da sobri, dal padrone della casa in cui si trovano a discutere: se le approvano anche da sobri le confermano altrimenti le lasciano cadere. Se la prima decisione avviene quando sono lucidi, la ridiscutono da ubriachi.

Incontrandosi gli uni con gli altri per strada, si può capire se sono di pari condizione: infatti, invece di salutarsi, si baciano sulla bocca reciprocamente; se uno dei due è inferiore di poco, si baciano sulle guance; se uno invece è inferiore di molto, si prosterna all'altro inchinandosi. Dopo se stessi stimano i loro vicini più prossimi, stimano meno di tutti quelli che abitano più lontano di loro, ritenendo se stessi i migliori fra gli uomini, mentre quelli che abitano più lontano sarebbero i peggiori. Sotto il comando dei Medi anche le stirpi comandano le une sulle altre, i Medi comandavano su turri e su quelli che abitavano molto vicino a loro, costoro a loro volta comandavano sui vicini e questi a loro volta sui vicini. I persiani accolgono usi stranieri più di tutti gli uomini. Portano infatti il costume dei medi, avendolo ritenuto più bello del proprio, e in guerra corazze egiziane. Quando li imparano, praticano ogni tipo di piaceri, e si congiungono ai ragazzi avendolo appreso dai greci. Ciascuno di loro sposa molte mogli legittime e possiede ancor più concubine.
Per loro è segno di virilità essere guerrieri valorosi e avere molti li: il re ogni anno manda doni a chi ne ha di più. A partire dai cinque e fino ai vent'anni, educano i li in tre sole cose: a cavalcare, a tirare con l'arco e a dire la verità. Educano i li partendo dal terzo anno fino al ventesimo su tre sole cose: andare a cavallo, tirare con l'arco e dire la verità. Prima dei cinque anni il bambino non giunge alla vista del padre, ma vive presso le donne, questo perchè, se muore mentre lo allevano, non dia al padre dolore alcuno.
Oltre alla precedente usanza anche quella che segue, il fatto che  il re non fa uccidere nessuno per una sola accusa, nè per una sola accusa nessuno degli altri persiani infligge una pena irreparabile ad alcuno di quelli della sua casa; ma se si dovesse scoprire che le ingiustizie sono non solo più numerose, ma anche più gravi dei servizi resi, sfoga la propria collera così. Dicono anche che nessuno ha mai ucciso il proprio padre e la madre; ma, secondo loro, ogni volta che è accaduto qualcosa di simile, è certissimo che si scoprirebbe indagando che si trattava di li spuri; infatti, dicono, non è possibile che un padre vero sia ucciso dal proprio lio.
Quello che a loro non è permesso fare, non è permesso neppure dirlo. Ritengono che dire menzogne sia la cosa più vergognosa; in secondo luogo fare debiti, perchè è inevitabile che chi ha debiti dice anche qualche menzogna. Uno dei cittadini che abbia la lebbra o la malattia bianca non torna in città né si va ad unire ad altri persiani; dicono che abbia questa malattia per aver commesso una colpa contro il Sole. Scacciano dal paese ogni straniero che sia colpito dalla lebbra, e scacciano anche le colombe bianche adducendo la stessa motivazione. Nei fiumi non orinano e non sputano, non vi si lavano le mani, nè tollerano che alcun altro lo faccia: i fiumi sono venerati moltissimo.




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