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Età umanistica - rinascimentale

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Età umanistica - rinascimentale


Umanesimo: Al centro dell'universo c'è l'uomo, e al centro della sua istruzione ci sono le opere dell'uomo stesso e non la Teologia.

Rinascimento:   Fa riferimento alla rinascita della civiltà classica.

Si vede il medioevo come un periodo di rozzezza e inciviltà in cui i valori classici sono stati corrotti.


Si può definire età umanistico - rinascimentale il periodo storico che comprende tutto il XV secolo e i primi tre decenni del XVI secolo.


Nonostante si sia soliti suddividere questo periodo in due diversi momenti, in realtà fanno entrambi parte di uno stesso processo iniziato all'inizio del '400 con l'elaborazione di determinati concetti e ideali, che trovarono poi la piena maturazione e la traduzione in opere di alto livello all'inizio del '500.


Dal punto di vista politico, in Italia vi fu la piena affermazione dei regimi signorili, con la ssa di quelli repubblicani.



A loro volta le Signorie lasciarono poi il posto ai principati quando i Signori riuscirono ad ottenere il riconoscimento ufficiale del proprio potere da parte di un'autorità superiore, cioè da parte dell'Imperatore o del Papa.

Uno di questi Signori, Lorenzo de Medici, promosse un tipo di politica che creò in Italia un periodo di pace, equilibrio e prosperità, che s'interruppe nel 1494 con la discesa nella nostra penisola delle truppe di Carlo VIII, infatti, le piccole, e per questo deboli, Signorie non seppero opporsi ai forti eserciti dei grandi stati europei.


Un esempio tipico può essere Firenze dove la Signoria fu affermata da Cosmo de Medici, ma che comunque, per ben due volte, vide la riaffermazione della repubblica: dal 1494 al 1512 con la Repubblica di Savonarola e dal 1527 al 1530 in seguito alla discesa dei Lanzichenecchi di Carlo V.


Il regime signorile vedeva al proprio centro la Corte, dove risiedevano il signore con la propria famiglia, tutto il personale politico dipendente dal Signore e una più o meno folta schiera di artisti, intellettuali e letterati.

Questa sorta di Mecenatismo rispecchiava sia il sincero interesse dei Signori per l'arte, il loro amore per la bellezza, ma celava anche necessità politiche, in particolar modo il bisogno di accrescere il proprio prestigio politico all'interno della Signoria e di affermare la propria potenza nei confronti degli altri signori, in una sorta di competizione artistica.


L'artista cortigiano viveva a corte e godeva di una discreta autonomia e libertà, ed era colui che elaborava e codificava i valori dominanti a corte.

Questi erano valori che derivavano dal mondo classico (Classicismo): raffinatezza spirituale, decoro, dignità, eleganza, misura, abilità ed eleganza nella conversazione, armonia nel relazionarsi con gli altri, ecc

Il pubblico di destinazione cui si rivolgevano questi artisti erano appunto i cortigiani, un pubblico colto e per questo selezionato; questa selezione però andò ad accentuare la separazione tra mondo del potere e resto della società.

Vi fu la cosiddetta "divisione tra palazzo e piazza".

Ciò avvenne anche perché i cittadini tornarono ad essere solo sudditi, e perciò, esclusi da ogni forma di coinvolgimento politico (solo a Firenze vi è ancora partecipazione politica da parte della gente comune).

Questo isolamento della cultura e degli artisti all'interno della corte, poteva comportare però anche altri rischi come, ad esempio, il distacco degli intellettuali dalla realtà e la loro subordinazione più o meno forzata al potere.


In questo periodo, nonostante la ura artistica dominante fosse quella dell'intellettuale cortigiano, sopravvissero anche altri due tipi di letterato:


L'Intellettuale cittadino (Machiavelli)

Il quale basava la propria sussistenza su altre professioni, e non sull'attività letteraria, e tendeva a partecipare alla vita politica e a immettere nelle sue opere ideali civili.


Il Chierico

Il quale basava la propria sussistenza su benefici ecclesiastici, o intraprendeva a questo scopo una vera e propria carriera ecclesiastica.

Questi erano comunque intellettuali liberi, non influenzati dalla loro posizione, infatti, trattavano liberamente ogni tipo di argomento.


In questo periodo si afferma una visione laica - antropocentrica della realtà, con la valorizzazione della vita terrena (senza comunque cancellare l'importanza della vita spirituale), della dignità dell'uomo, delle sue capacità, delle sue forze interiori, grazie alle quali è in grado di opporsi alla fortuna diventando artefice del proprio destino, e della ragione che gli permette di dominare i propri istinti e di raggiungere l'armonia e la bellezza interiore, la quale, di conseguenza, si traduce anche in bellezza esteriore (Kalokagathia).


Questa centralità della vita terrena comporta anche l'Edonismo, vale a dire la ricerca del piacere, del godimento di ciò che la vita può offrire, tutto ciò, ovviamente, con misura e decoro.

Un'altro principio che si afferma parallelamente è quello del Naturalismo, cioè l'avvicinarsi alla natura studiandola secondo i suoi principi immanenti.


Gli intellettuali di età classica sono presi come modelli, e si afferma il principio dell'imitazione (letteratura, filosofia, diritto, costume, politica), non un'imitazione passiva, ma dinamica: si riprende il modello antico per esprimere la propria originalità individuale.

Nella seconda metà del '500 l'imitazione diventa però passiva senza apportare nulla di originale.

Attraverso il dialogo, la conversazione coi classici, vale a dire la loro lettura, studio e confronto, gli intellettuali giungono a concepire una propria concezione del mondo che si riconosce in parte in quella dei classici stessi, e allo stesso tempo a capire meglio se stessi e le regole che condizionano la vita propria e dell'uomo in generale.


Seguendo questi cambiamenti che furono introdotti già da Petrarca e Boccaccio, gli intellettuali umanisti e rinascimentali favoriscono anche un ampliamento della fruizione dei classici, in quanto non si accontentano più di riassunti, ma vogliono leggere le opere nella loro interezza, e per di più ampliano la gamma di autori da studiare ricercandoli nei codici custoditi nei monasteri.

"Liberazione dei padri dalle carceri in cui li avevano relegati"

Cambia anche l'approccio ai classici, infatti, si tenta di interpretarli contestualizzandoli nell'epoca storica e nella situazione socio - politica in cui furono scritti.

Si ritrova così il senso storico, cioè si comprende come ogni epoca sia caratterizzata da un determinato sistema culturale differente da quello di altre epoche, e che questa differenza influenza la produzione artistica ed è da considerare nella sua analisi.

Gli intellettuali cercano in ogni opera non più significati adattabili alla visione cristiana del mondo, ma valori validi per un determinato sistema culturale relativo ad una determinata epoca da ricostruire fedelmente per capire ciò che in quell'epoca è successo ed è stato prodotto a livello artistico.


Filologia - Scienza della parola:    cercare di avvicinarsi il più possibile al significato originale di un testo, ripulendolo dalle contaminazioni (correzioni, traduzioni errate, imprecise o di parte) accumulatesi nei secoli, attraverso la azione di diverse versioni di una stessa opera, e facendo riferimento alla lingua, al modo di vivere e pensare dell'epoca in cui un determinato testo è stato redatto, senza accettare nulla passivamente e sviluppando un forte senso critico.

Ciò attesta lo sviluppo di uno spirito critico e di un'audacia conoscitiva in forte contrasto con quella che era stata la mentalità medievale.


Es.: Lorenzo Valla dopo aver a lungo analizzato e studiato la "Donazione di Costantino", con la quale egli avrebbe donato al Papa il territorio di Roma, e della quale la Chiesa si era sempre servita per legittimare il proprio potere temporale, arrivò a contestarne l'autenticità, dimostrando che era stata redatta in epoca posteriore, basandosi sul tipo di latino utilizzato.


Al centro della formazione culturale vengono messi proprio gli studi letterari, e in particolare delle Humanae Litterae, cioè le lettere classiche (greche e latine); questo tipo di conoscenza viene definito Studia Humanitatis, in quanto è l'unico tipo di studio che permette di apprendere ciò che vale sempre, che garantisce una formazione completa dell'uomo e il pieno sviluppo delle sue facoltà intellettive, morali, spirituali e di tutte le capacità in lui insite, in quanto fa sì che ciò che di positivo c'è nell'uomo emerga.

Attraverso questo studio, l'uomo realizza tutte quelle particolarità che lo differenziano dalle altre creature: misura, dignità, giustizia, forza d'animo, patientia (capacità di sopportare le avversità), controllo e il rispetto basato sul riconoscimento in tutti gli uomini della ragione.

Questi sono gli ideali che fanno parte dell'Humanitas.


L'ammirazione per la classicità porta anche (inizio '400) al recupero del latino come lingua letteraria, che porta ad un nuovo restringimento del pubblico che può avvicinarsi alla cultura, che diventa un bene elitario.


I testi in volgare non scompaiono, ma quelli che continuano ad essere prodotti sono principalmente di tipo religioso o di valore letterario relativamente basso.


Il latino utilizzato è di tipo classico, ripulito da ogni contaminazione medievale; i modelli a cui ci si riferisce sono, per la prosa Cicerone, e per la poesia i poeti augustei come Virgilio e Orazio.


Verso la metà del secolo, c'è però un'inversione di tendenza che si afferma a partire da Firenze, cioè la rivalutazione del volgare come lingua letteraria.


Es.:  Nel 1441, Leon Battista Alberti organizza a Firenze un Certame Coronario (finanziato da Piero de Medici), ossia una gara di poesia in volgare sul tema dell'amicizia.

Anche se la corona d'alloro in argento fissata come premio non viene attribuita perché non viene riconosciuto nessuno abbastanza meritevole, questo è un segno della nuova tendenza letteraria.

Nel 1476 Lorenzo de Medici invia a Federico d'Aragona una raccolta di poesia toscana in volgare, preceduta da una lettera di Angelo Poliziano, la quale attesta la pari dignità letteraria tra latino e volgare.


Il volgare che si afferma come lingua letteraria, è un toscano esemplato su modelli come Dante, Petrarca e Boccaccio che però, in base a dove viene utilizzato, subisce contaminazioni in base al volgare locale.

Persiste perciò una notevole differenza tra lingua parlata e lingua d'uso.




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